Complesso normativo inaccettabile
Chi ricorda
Fabio De Sisti, il PM milanese che si dimise perché non poteva accettare l'obbrobrio della riforma della giustizia di castelli & C?
«Sono nipote di partigiano. Io la Costituzione ce l'ho dentro. Queste nuove norme sono incostituzionali e mi viene un subbuglio allo stomaco pensandoci» fu la motivazione con cui spiegò il suo gesto (certo incomprensibile al cosiddetto ministro Castelli e alla banda di incompetenti o peggio che scrisse
la riforma). A distanza di un anno dalle sue dimissioni, De Sisti ha scritto a OneMoreBlog. Pubblicare il suo intervento è un piacere e un onore.
Fabio De Sisti ha scritto a OneMoreBlog:
A distanza di quasi un anno dalle mie dimissioni, approfitto della opportunità di inserirmi in questo interessante scambio di vedute suscitato dalla mia decisione, per fornirne la interpretazione autentica, cosi' da fugare ogni dubbio sulle sue reali motivazioni, ma anche da garantire la difesa della mia identità personale che certi toni, inesattezze e coloriture non hanno contribuito a delineare ed anzi piuttosto a distorcere, non rendendo fra l'altro adeguato servizio alla piena comprensione di quanto era ed é tuttora in giuoco.
Auspico vivamente pertanto che questo mio personale, diretto e non filtrato intervento voglia essere integralmente inserito a seguire fra quelli che precedono
Cosi' innanzitutto mi preme di chiarire che le mie dimissioni dalla magistratura non sono state affatto motivate dal timore di non riuscire a continuare a fronteggiare le responsabilità connesse all'incarico per difetto di preparazione o di temperamento personale.
Della mia preparazione e idoneità, oltre che in una vita di studio, sacrificio e di lealtà costose, costosissime in ogni senso, ai principi della rettitudine, è fra l'altro prova nel superamento del concorso e nell'attività professionale (non studentesca, per intendersi) successivamente svolta e quale emerge dai miei provvedimenti, dai miei atti e dal ricordo di tutti coloro che hanno con me interagito.
Le ragioni della mia decisione sono pertanto, tenuto conto del prestigio per tradizione annesso al ruolo, esclusivamente da addebitarsi ad una situazione e ad un complesso normativo inaccettabili.
Ambiguità, dilazioni, alterazioni e silenzi non sono difatti mio costume.
Si é trattato dunque di compiere una scelta di civile profondo legittimo dissenso nei confronti di iniziative che violano i diritti degli individui. Riguardo alla lotta, ammetto di non amare il vocabolo. Continuo a rilevare nondimeno, e con estremo disappunto, che a distanza di un anno ed anche con un nuovo governo alla guida del Paese, nulla è davvero cambiato, salva, in nome di un libero mercato assai vicino allo stato di natura, la liberalizzazione delle licenze pei taxi e la privazione del consiglio dei farmacisti al momento dell'acquisto dei medicinali.
Mi spiace ancora, ed enormemente, che di una questione tanto seria si possa esser da qualcuno ritenuto il caso di fornire anche una descrizione in tono di peculiarità da commedia dell'arte.
Sono certo infine di non avere un cugino pubblico ministero.
Cordialità,
Fabio De Siati