Libano-Gaza, l’inferno dei bambini
L’Unicef: nella guerra uccisi 200 minorenni. Bimbi il 30% delle vittime anche nella Striscia
di Umberto De Giovannangeli
UNA TRAGEDIA nella tragedia. Libano. Palestina. Numeri agghiaccianti, testimonianze disperate, accorati appelli di aiuto. Una infanzia sotto le macerie. I bambini, innocenti tra gli innocenti, vittime inconsapevoli della follia della guerra. Afferma Ann M.Veneman,
direttore generale dell’Unicef, l’agenzia dell’Onu per l’infanzia: «L’attacco israeliano a Cana dimostra in modo drammatico che, ancora una volta, sono i bambini a pagare per la guerra. Richiamiamo tutte le parti a prestare ascolto all’appello del segretario generale dell’Onu Kofi Annan per una cessazione immediata delle ostilità. È urgentemente necessaria la definizione di chiari accordi per un pieno e sicuro accesso umanitario alle popolazioni civili, che permetta la conduzione delle operazioni di soccorso». Sono quasi 200 i bambini e ragazzi rimasti uccisi in Libano dall’inizio del conflitto con Israele, resoconta l’Unicef. Un quarto degli 820 morti e 3200 feriti sono bambini e adolescenti, sottolinea Dan Toole, responsabile del programma di aiuti urgenti dell’Unicef. Oltre 800mila persone risultano sfollate all’interno dei confini nazionali libanesi, con più di 119.600 accampate in scuole, edifici e giardini pubblici all’interno e fuori di Beirut. Si stima, secondo l’Unicef, che circa il 45% delle persone sfollate siano bambini. Altri 100mila libanesi si sono rifugiati nella confinante Siria. Il bilancio di tre settimane di guerra stilato dall’Unicef trova riscontro nelle cifre fornite dal portavoce della Commissione sugli aiuti del governo di Beirut, secondo cui «al ventunesimo giorno dell’offensiva israeliana il ministero della Sanità libanese ha contato 828 morti e 3.200 feriti». «Si tratta di vittime identificate, questo bilancio non tiene conto di quanti si trovano ancora sotto le macerie», aggiunge il portavoce. A causa delle tante infrastrutture distrutte, intere località sono completamente isolate. Mentre le organizzazioni umanitarie, per i loro trasporti, dipendono dall’appoggio dell’esercito israeliano. «La storia non raccontata di questa guerra è che il 30% delle vittime sono bambini, come lo sono il 45% degli sfollati. Questo dimostra quale sia l’impatto di questo conflitto sull’infanzia», rimarca Ann Veneman. «Coloro che hanno la fortuna di sopravvivere - le fa eco la vicedirettrice Unicef, Rima Salah - spesso devono assistere alla morte o al ferimento di persone care e alla devastazione dell’ambiente in cui sono cresciuti. Per loro questi avvenimenti sono fonte di costante terrore e ansietà. Le famiglie sfollate ora devono fare i conti con la paura di soffrire per carenza di assistenza medica, acqua pulita e medicine». Un cessate il fuoco immediato - ribadisce - Dan Toole - è estremamente necessario per consentire l’arrivo di aiuti alle popolazioni civili interessate dalle operazioni armate. Per questo, precisa, l’Unicef ha bisogno di circa 20 milioni di euro. Due convogli di aiuti nel Sud Libano sono stati costretti ieri a rinunciare a proseguire per via dei bombardamenti continui, con le truppe d’Israele che non hanno potuto garantire la sicurezza dei convogli. «La difesa dei bambini e dei civili è un obbligo internazionale in tutte le guerre», ricordano i dirigenti dell’Unicef. Ma quest’obbligo spesso, troppo spesso, viene inevaso. In Libano, e non solo.
Bambini segnati dalla guerra. In Libano. In Palestina. L’altro fronte dell’emergenza umanitaria. I dati forniti sempre dall’Unicef sollecitano l’attenzione e l’impegno della comunità internazionale anche sulla situazione disperante della popolazione civile della Striscia di Gaza. Drammatico è il numero di vittime tra i bambini palestinesi a causa degli scontri: sono 63, dal gennaio 2006, i minori uccisi nei Territori palestinesi: 37 nel solo mese di luglio, 3 dei quali in Cisgiordania e 34 nella Striscia di Gaza, dove i bambini feriti sono oltre 100. Il numero dei morti finora registrato tra i bambini ha già superato del 30% quello totale del 2005. Nella Striscia, dove continuano gli scontri e i raid aerei israeliani, servizi pubblici di base, attività commerciali e la vita stessa delle famiglie palestinesi sono al collasso, sconvolte - denuncia un comunicato dell’agenzia dell’Onu per l’infanzia, dalle incursioni militari, dalla chiusura dei valichi di confine e dalla mancanza di elettricità e carburante: il bombardamento dell’unica centrale elettrica di Gaza, il 28 giugno, e il blocco dei rifornimenti di carburante da Nahal Oz, la sola fonte di combustibile per la Striscia, causano ripetute interruzioni nell’erogazione di energia e carburante, la cui fornitura è indispensabile per la conservazione di vaccini e medicinali e per il funzionamento di strutture sanitarie, impianti idrici e fognari.
«Dell’emergenza umanitaria a Gaza e della necessità di un intervento straordinario dell’Europa abbiamo parlato nell’incontro avuto a Gerusalemme con il ministro degli Esteri italiano, ricevendo da D’Alema l’assicurazione di una forte iniziativa italiana in ambito Ue», dice a l’Unità Saeb Erekat, capo negoziatore dell’Anp, tra i più stretti collaboratori del presidente dell’Anp Mahmoud Abbas (Abu Mazen). I centri sanitari funzionano solo grazie ai generatori di riserva, le forniture idriche sono state ridotte in tutta Gaza; l’acqua corrente non raggiunge i piani più alti degli edifici, con gravi problemi per le famiglie con anziani, disabili e bambini piccoli; 33 impianti fognari sono mantenuti in funzione 6 ore al giorno e 3 centrali di depurazione hanno interrotto le attività per mancanza di carburante, riversando in mare acqua contaminata, con gravi rischi per la salute della popolazione. Crescono inoltre i pericoli di contaminazione del cibo, poichè le interruzioni di elettricità potrebbero impedirne la corretta conservazione. «L’aumentato livello di violenza costringe i bambini a vivere in una situazione di paura ed insicurezza costante», racconta Monica Awad, responsabile alla comunicazione dell’Unicef nei Territori palestinesi. Gravi, inoltre, i traumi psicologici a loro provocati, per la perdita di familiari e amici, lo shock dei bombardamenti e delle operazioni militari, ma anche per i cosiddetti «sonic booms», il frastuono prodotto dagli aerei a reazione che, generalmente di notte, rompono la barriera del suono a bassa quota: da quando sono ripresi, il 28 giugno, ne sono stati contati oltre 25.
Domanda: quando tra una decina di anni alcuni di questi bambini si faranno saltare in aria in qualche supermercato israeliano, quanti si meraviglieranno e condanneranno?
Israele oggi sta seminando odio e, si sa, si finisce sempre per raccogliere i frutti di quello che si semina.
Nel villaggio evangelico nel quale duemila anni fa Gesù Cristo realizzò il suo primo miracolo trasformando l'acqua in vino nelle celeberrime "Nozze di Qana", si verifica qualcosa di tremendamente simile. Stavolta, però, qualcuno ha voluto trasformare l'acqua dei rigagnoli in sangue.
A Qana Israele ha commesso l'ennesimo suo crimine.
Da quella palazzina e da quelle vicine non venivano lanciati missili, né c'erano esplosivi o altre armi, né vi abitavano miliziani di Hezbollah. E anche se l'intelligence di Tel Aviv non fosse al corrente che i due piani di quell'edificio fossero pieni di bambini e disabili, molti, alloggiati sotto le scale, chi ha deciso di sparare su quell'obiettivo sapeva che là vi erano civili.
Imbarazzati, i vertici israeliani hanno spiegato lunedì che il palazzo non è crollato immediatamente e che per sei ore, dall'una fino all'arrivo dei soccorsi, quei civili avrebbero potuto scappare prima che il soffitto cadesse loro in testa. I civili libanesi del sud, oltre ad esser colpevoli perché sostengono il Partito di Dio, sono anche stupidi quindi, preferiscono rimanere sei ore in un edificio pericolante in attesa della morte.
Siamo abituati ad ascoltare criminali recidivi e impuniti recitare la parte di chi non può negare l'evidenza ma cerca di ridurre l'evidente responsabilità. E non servono editoriali arrabbiati per sbugiardare Olmert e i suoi generali. Secondo i soccorritori e gli undici sopravvissuti da me interpellati a Tiro, invece, lo scenario di sabato notte è diverso: all'una il primo attacco sulla palazzina. Il missile arriva di lato e danneggia l'edificio inclinandolo su un lato. Le persone che dormivano su quel lato vengono investite dall'esplosione e muoiono sul colpo per lo più soffocate dai calcinacci. Le altre, al buio cercano di salvarsi, ma il raid continua. Questo impedisce anche ai vicini delle altre case, già danneggiate, di correre in soccorso a chi è nel palazzo. Passa una mezz'ora sotto la pioggia delle bombe e un altro ordigno colpisce l'edificio. Questo crolla, accasciandosi su un lato (il tetto scivola a terra e non crolla). Ad uccidere le sessanta persone ci pensa il crollo delle pareti. Cadono poi altre bombe ma nessuna esplosione rivela la presenza di armi o missili di Hezbollah.
Nessun responsabile del Partito rimane sotto le macerie. Nessuno di Hezbollah abitava l'area. Disperati, alcuni vicini riescono a trarre in salvo qualcuno vivo rimasto sotto le macerie, ma è buio e non si può fare altro che aspettare la fine dei raid. Questi continuano fino alle sette della mattina. Solo allora, così, la Croce Rossa di Tiro riesce ad arrivare con le ambulanze: ma anche queste sono colpite. Più volte, raccontano i soccorritori, il convoglio è stato fermato perché i caccia israeliani sparavano a poche centinaia di metri dalla prima ambulanza. La Croce Rossa arriva e si trova di fronte il massacro: alcuni feriti a terra e gli altri morti. Ma la maggior parte sono sotto le macerie: accasciati ancora nella posizione del sonno. Poche ferite, sono morti soffocati, con i calcinacci in bocca e negli occhi. Sedie a rotelle, stampelle, tra i sassi e la polvere.
mm: scusa da dove stai citando? ciao
anche in Costa d'Avorio, in Sierra Leone o nel Darfur. la guerra è sempre orrenda. visto che nessuno lo fa, posto io le ultime gnius sulle recenti vicende del Darfur: http://unimondo.oneworld.net/article/view/136845/1/
Carolina
Brava Carolina! Per alcuni (pochi a dire il vero ma che sembrano molti) la guerra esiste solo se sono coinvolti Israele o gli Stati Uniti.
Piu' che vicinanza alle vittime è un'utilizzo delle stesse per riproporre il solito polpettone sull'Imperialismo; altrimenti non si spiegerebbe l'assoluto disinteresse per le guerre "non imperialiste".
Troppe volte gli arabi si fanno scudo dei bambini per creare discredito a Israele. Non dimenticatelo. Oltretutto gli Hezbollah hanno più armi che cibo e hanno anche più armi che giocattoli per bambini. Per loro la guerra santa e il martirio all'insegna del fanatismo e dell'odio è un credo religioso. Per gli Hezbollah la vita di un bambino non vale nulla, ma solo un pretesto per combattere la guerra santa. Per gli Hezbollah la guerra e il progetto per distruggere Israele è il solo loro ideale. Sono documentato. Fatelo anche.