Diciamoci tutto
di Antonio Padellaro
Domenica scorsa sono stato inseguito da un nugolo di colleghi di altre testate (anche tv) desiderosi di conoscere le mie reazioni in merito al Beriatravaglio, la pagina satirica di Staino apparsa quella mattina sull’Unità ma già famosissima. Le domande si accavallavano drammatiche. Cosa intendevo fare? Avrei licenziato Staino? Avrei licenziato Travaglio? Avrei licenziato entrambi? Qualcuno si spingeva a chiedermi se, considerata la gravità dell’accaduto, non ritenessi opportuno rassegnare le dimissioni. L’indomani e nei giorni seguenti sono piovuti, sotto forma di sms e lettere, i fulmini di numerosi lettori. La maggior parte ce l’aveva con Staino. La minor parte con Travaglio. Ma tutti erano imbufaliti con il direttore dell’Unità in quanto, per l’appunto, diretto responsabile di quel finimondo. Non inganni il tono leggero di queste righe: da parte mia non c’è nessuna sottovalutazione dell’accaduto. Ma avendo il tutto avuto origine dalla satira, ed essendo come è noto la satira un genere che si occupa con ironia di cose serie, ho preferito cominciare dall’ironia. Per passare alle cose serie direi che alla luce di quanto ho letto e ascoltato in questa movimentata settimana il direttore dell’Unità ha (almeno) due problemi da affrontare. Con le firme dell’Unità. E con i lettori dell’Unità.
Cominciamo dalla parte, per così dire, più semplice: Staino e Travaglio. L’altro giorno, un maestro di giornalismo con cui ho lavorato a lungo, e a cui voglio bene, mi ha rimproverato (questa volta seriamente) di aver lasciato troppa briglia sciolta ai due e di non aver impedito che il giornale diventasse un’arena in cui tutti potevano dirsi di tutto. Insomma, cosa mi era saltato in mente? Nei giornali seri (di nuovo quell’aggettivo) i panni sporchi si lavano in famiglia (non ha detto proprio così ma avrei giurato che lo pensava). Avrei voluto replicare (ma temevo di offenderlo) che l’Unità, forse, non era quel giornale serio che lui intendeva; ma che era sicuramente un giornale libero che non censura idee e opinioni, anche quando fanno male.
Un’affermazione impegnativa questa che richiede una spiegazione.
Quando, quasi sei anni fa, Furio Colombo ed io entrammo nelle stanze di questa gloriosa testata ci demmo una sola semplice linea editoriale, condivisa con la proprietà e dai colleghi: tutte le notizie che è giusto pubblicare. Non era per scimmiottare il «New York Times» che quel principio ha inciso sotto la testata («All the News That’s Fit to Print»). Era per assoluta, indispensabile necessità. Dovevamo da un giorno all’altro rimettere in piedi un giornale rimasto chiuso per nove lunghi mesi (e che i più davano ormai per morto e sepolto). Avevamo bisogno del massimo di energia e di credibilità, per trovare (e ritrovare) i nostri lettori. Dovevamo tener fede alla nostre credenziali: un giornale di opposizione intransigente al governo Berlusconi che di lì a pochi giorni si sarebbe preso tutto il potere prendibile (non ripeterò quanto Furio ha scritto, ieri mattina, a proposito dell’attacco concentrico cui siamo stati sottoposti con il proposito di annientarci). Dato il clima intimidatorio che stava rapidamente avvolgendo il mondo dell’informazione, temevamo di dovere affrontare tutto questo in perfetta solitudine. E invece, con nostra sorpresa, fummo sommersi di affetto e di articoli. Le più prestigiose firme dell’opposizione correvano in soccorso del giornale fondato da Antonio Gramsci. In cambio, l’Unità s’impegnava a difendere, con essi, quel principio di cui sopra: tutte le notizie, e tutte le opinioni, che è giusto siano pubblicate. Così in questi anni è sempre stato.
Firme dell’opposizione ho scritto, e quindi non soltanto le firme del giornalismo di sinistra che avevano nell’Unità il loro naturale approdo. Sì perché il piccolo miracolo di questo giornale è stato quello di far convivere sulle stesse pagine, gli uni accanto agli altri, autori e talenti provenienti da culture politiche diverse (riformiste, postcomuniste, liberaldemocratiche), purché unite dalla stessa avversione verso quel regime e dagli stessi valori di pace, giustizia sociale, difesa della legalità. Senza fare torto ai tanti amici che tanto hanno dato al nostro giornale, Sergio e Marco rappresentano bene questa unità nella diversità (passatemi il politichese). Uno che per tutta la vita ha mangiato politica e passione alle feste dell’Unità. L’altro, cresciuto alla scuola di Indro Montanelli, grande giornalista anticomunista, liberale ma che a un certo punto della sua vita la sinistra si è ritrovata accanto in nome di quei comuni valori, senza chiedersi da dove veniva.
No, in quello che scrivo non c’è nessuna consolazione buonista ma solo del sano realismo. Non è certo la prima volta che sulle pagine dell’Unità si svolgono delle discussioni per così dire accese. Ci siamo già dimenticati dei duelli furiosi tra la cosiddetta sinistra riformista e la cosiddetta sinistra radicale in disaccordo su tutto, da Israele ai cortei sull’abolizione dell’articolo 18? E le accuse reciproche di tradimento? E le porte sbattute in faccia? Quante ne abbiamo viste: eppure siamo ancora qui ad accapigliarci sull’uccellaccio che importuna Bobo. Certo, anche altrove, sui giornali «seri», ben pettinati e ordinati che dovremmo prendere ad esempio di virtù, tutto questo succede eccome. Nelle redazioni dei giornali, che non sono conventi delle Orsoline (se lo fossero sarebbe un bel guaio), gli scazzi sono all’ordine del giorno. La differenza con noi è che ai loro lettori non glielo racconta nessuno.
Ammettiamolo però: ora che il collante di Berlusconi al governo non c’è più a tenere insieme l’opposizione, ora che l’opposizione è diventata governo, tutto può diventare più difficile. Il travaglio (interiore) di Bobo, l’angoscioso dubbio sul non sentirsi più di sinistra, preso com’è a sospettare inciuci dappertutto, ha un’altra faccia della medaglia. Quella dei lettori di sinistra scandalizzati dalla sinistra d’accordo con Forza Italia sull’indulto: quello dei poveri cristi e quello dei furbetti. Non illudiamoci: stare al governo comporta il rischio della disunione perché il decidere comporta sempre una quota d’impopolarità. Ma questo è un problema dei partiti dell’Unione. Noi come Unità abbiamo un altro compito: difendere il non piccolo spazio di libertà che ci siamo conquistati, giornalisti e lettori. Diciamoci tutto. Ma con rispetto. Senza questioni personali. Con un pizzico d’ironia (possibilmente) Sergio e Marco, io vorrei tenermeli tutti e due, ci ha scritto un lettore. Ecco.
posso dire "bello"?
posso dire "brutto"? :-)
battute a parte mi sembra che non colga nel segno. Che non assolva al compito che preannuncia con il titolo. Non tanto per l'eccesso di buonismo cerchiobottista che è ben riassunto dalla chiosa ("teniamoceli tutti e due") quanto perchè a mio avviso non coglie il cuore del problema: la reazione di travaglio e della maggioranza dei lettori dell'unità alla striscia di Staino è esattamente la conferma che Staino ha ragione.
Forse mi sbaglio io, ma non ho letto alcun "travaglio interiore" nella striscia. Vi ho letto "solo" la denuncia -con una forza inaudita, quella che solo la satira riesce ad avere- della deriva giustizialista di certa sinistra. Bobo non si domanda se per caso non è più di sinistra, ma afferma -senza alcun "angoscioso dubbio"- che quell'atteggiamento non è affatto di sinistra.
Se non vuole interrogarsi su questo Travaglio (che di sinistra non è) non me ne frega nulla. Che non vogliano interrogarsi su questo i lettori dell'Unità e il suo bravissimo direttore un po' mi dispiace e -perdonatemi la parola un po' forte- mi preoccupa.
perchè marco campione dici che non è di sinistra porsi i dubbi di travaglio?
io me li pongo, non solo dal punto di vista morale, assolvere con un colpo di spugna reati che minano le basi di convivenza e sicurezza civile di un popolo, chi ha investiyo risparmi e liquidazioni in azioni cirio, parmalat, ha visto in pochi minuti spazzare anni e anni di lavoro e fatica, intaccandogli la sicurezza nel sistema e nel suo futuro.
ma , dicevo, non solo dal punto di vista morale, ma anche dal punto di vista pragmatico.
lavoro nei servizi sociali del comune di torino, ultimamente ci sono stati tagli ai fondi destinati agli utenti dei servizi, disabili, tossicodipendenti, minori, anziani e famiglie
a basso reddito, tagli enormi, ormai è difficilissimo erogare fondi a gavore degli svantaggiati, e ci vuole molto poco a diventarlo di questi tempi, basta una malattia cronica, un disabile o un anziano non autosufficiente, una mobilità, a portarti sul confine del baratro economico e d esistenziale.
dunque, dicevo, tagli ai fondi, e non solo a torino , ma in tutti i comuni di italia, nessun piano organizzativo è stato approntato per accogliere ben 12.000 detenuti in uscita, non ci è arrivata nessuna circolare, nessun sert è stato allertato per l'emergenze, è come rimettere in libertà un animale tenuto in cattività , finchè vuoi, ma nutrito e vestito, è destinato a brutta sorte nell'arco di poco tempo se non trova ideali condizioni di sopravvivenza.
ho visto foto sul sito di repubblica o stampa, non ricordo, di detenuti rilasciati in mutande e senza manco una valigia dignitosa, borse di palastica della spesa con 4 cose dentro.
è dignità dell'accoglienza questa?
maria
Due precisazioni: io ho scritto che è staino (e non io) a dire che non è di sinistra essere giustizialisti (e non porsi i dubbi di travaglio).
La critica di staino è (mi posso sbagliare, ovviamente) a travaglio "in se'": l'indulto è un pretesto.
scusami marco, ma non capivo quale fosse la tua opinione personale sulla legge dell'indulto, pensavo anche tu condividessi il pensiero di una nuova sinistra giustizialista e non invece ad una sinistra seriamente preoccupata della faciloneria con cui i nostri leader hanno messo mani ai fornelli.
maria
la mia opinione personale sull'indulto ha poco a che fare con l'oggetto di questo post. Biraghi ci direbbe che siamo Off Topic... :-)
Per completezza (sperando che Alberto non ci tiri le orecchie) ti dico che sono sostanzialmente favorevole al provvedimento pur criticando il fatto che abbia compreso alcuni reati finanziari. Siccome è evidente che la scelta era tra farlo così o non farlo (servono i 2/3 dei voti) io ho giudicato il farlo così il male minore.
Comprendo che si possano avere opinioni diverse, non tollero che si paragonino quelli che la pensano come me a Previti o -peggio- a dei mili-tonti come ha fatto Beria-Travaglio con Staino.
Secondo me, Marco, tu fai in buona fede l'errore che molti sedicenti giornalisti "allineati" fanno in malafede: cioè chiamare giustizialisti chi chiede semplicemente giustizia. E la giustizia deve essere uguale per tutti.
marco, però tu non mi hai risposto, se per fare un indulto è umano mettere fuori dalle carceri 12000 se non di più persone, senza che siano state approntate alcuna misura nè a loro beneficio nè a favore di chi li deve accogliere, parlo di lavoro, posti dove andare a dormire per coloro che non hanno una famiglia, servizi per i tossicodipendenti in astinenza, è stato fatto tutto in quattro e quattr'otto, questa non è umanità ma è menefreghismo, ecco perchè ci sono tutti questi dubbi sull'urgenza di fare l'indulto, gli addetti ai lavori che conoscono bene i meccanismi hanno immediatamente sollevato i dubbi, non per giustizialismo ma per umanità, naturalmente inascoltati.
maria
Diffondevo l'Unità da piccolo e sono cresciuto con Bobo per cui non mi meraviglia l'atteggiamento di Staino. Cioè una tendenza alla difesa "corporativa" che è giunta ormai allo stadio terminale. È l'età, non ci sarebbe niente di male se la cosa non assumesse una fisionomia inquietante di scomunica. Per un satiro riconosciuto come lui insinuare che Beriatravaglio "fa ridere" perchè dice cose come "Berlusconi scoreggia con le orecchie" è un volgare modo di... marcare il territorio. Perchè Travaglio, oltre ad essere uno dei pochi giornalisti VERI che ci sono rimasti, ha in più lo sfacciato dono di scrivere in maniera brillante e la rara capacità di scomparire di fronte alla forza delle sue argomentazioni. Lungi da lui cercare gratificazione personale, parlano gli atti (il tanto odiato archivio). Con marcio dispetto di Staino (e non solo) e nonostante gli sforzi negli anni di Michele Serra, Marco Travaglio è il vero e unico erede di Fortebraccio che l'Unità attendeva da decenni.
Ironia della sorte, doveva essere un liberale non di sinistra.
Beh caro Staino, la sinistra "sezione e salsicce" di cui hai tanta nostalgia è -ahimè- morta e sepolta come tu stesso notavi anni addietro, ma non è stata certo "la banda di Micromega" a ucciderla.
Essere di sinistra, ho imparato da mio padre, comporta un'onestà quasi autolesionista. Metà dei lettori riderà lo so, sono fisime da piemontesi. Come Travaglio, guarda caso. Solo che vedo molto più di sinistra la sua ricerca di verità e di giustizia piuttosto che l'appartenenza a un'etichetta sempre più infangata e screditata ANCHE dalle barche e dal cachemire, che ti piaccia o no. Per tacere delle banche e dalle coop. "rosse" che non vedono l'ora di mettere le mani sulla torTav.
È molto indicativo il fatto che la bontà che dispiegavi su tutti nella prima mezza pagina si trasformi poi in livore. Pietà per tutti fuorchè per chi osa toccare le vacche sacre, la famegghia, vero? Eredità ancestrale del Partito, mi rendo conto, la scomunica, la denuncia ai probiviri -ci fossero ancora. E non posso non unirmi a chi ha fatto notare l'inquietante assonanza della scomunica da te indirizzata all'uccellaccio e i pezzi che Sofri scriveva su Calabresi... Associazione di idee volgare? Beh, hai cominciato tu.
Io sto con Staino sempre e per sempre. Come mi riconosco alla grande in Cipputi di Altan. ci hanno accompagnato criticamente negli anni belli (pochi) e nei tanti lunghi periodi neri. Questo non vuole dire accettare acriticamente le posizioni espresse , ma coglierne l'ironia, l'onestà culturale e la voglia di vittoria (rivincita?) del movimento dei lavoratori.
Non è una contrapposizione radicale con Travaglio, ma un invito a sorridere anche delle nostre cazzate. I Robespierre non sono mai serviti alla classe operaia (parole desueta, ma che comprende anche i CO.PRO ed i contratti di formazione). La mia posizione personale è contro l'indulto, ma è la cronaca spicciola di questi giorni che già dimostra quanto il governo ha cannato.
Non mi serve un indignato censore, ma uno che sorridendo ci aiuti a ricominciare, ad impegnarci di nuovo, come sempre per sempre.
il punto a mio (al solito immodesto) parere è che il "teniamoceli tutti e due" ha proprio il senso che dice Padellaro: noi (l'Unità) dobbiamo dare al lettore tutto e lasciare che sia lui a pensare con la sua testa.
La cosa preoccupante (per l'Unità, sempre) è al limite un altro: com'è che i lettori sembra che ce l'abbiano più contro Staino che è di sinistra rispetto a Travaglio che è di destra.
Chi legge OMB sa che io sono un travaglista travagliato. Non riescoa considerarmi "giustizialista" solo perché spero che ogni furbetto paghi per i suoi misfatti. In realtà - come ho scritto altrove - credo che oggi chi tollera e giustifica i Fiorani-Ricucci-previti-Consorte sia più peroicoloso di un assassino. Perché mina dalle fondamenta la società, i suoi principi, le basi della democrazia che si fondano anche sul rispetto delle regole. Con tutta la solidarietà del mondo per i poveri cristi, credo che lo scambio di mille di loro per un previti sia cosa buona per i mille, ma pessima per la società. Non riesco a capire perché questo debba essere etichettato coem "giustizialismo". E' solo voglia di rispetto delle regole della convivenza civile. Oggi anche Enrico Berlinguer, un calvinista delle regole, sarebbe definito giustizialista.
>uno che sorridendo ci aiuti a ricominciare
Penso che ci sia ben poco da sorridere, io sorrido quando sono con una donna, vado in bicicletta, ascolto musica o sono sufficientemente ubriaco, ma parlando di politica, nazionale o internazionale, l'austerita' e la serieta' sono d'obbligo; anche negli ambienti tradizionalmente di sinistra si sentono evocare forche ed ergastoli per zingari, ladruncoli, smazzatori di fumo, scippatori et similia, mentre si viene tacciati di giustizialismo se si invoca la giusta punizione per faccendieri, corrotti e corruttori. Chi ruba sulla sanita' pubblica e' piu' assassino degli assassini, ed il fatto che conduca una vita agiata e borghese non e' un attenuante, anzi.
Chi ha paura della satira ?
Certamente non un giornalista come Travaglio.
Chi ha paura di un giornalista come Travaglio ?
Chi vorrebbe, una volta al potere, fare quallo che gli pare.