Caro Prodi, sulle intercettazioni sbagli
di Oreste Flamminii Minuto
Caro Professor Prodi,
dopo aver letto il programma dell'Unione ho votato per la coalizione di centrosinistra pur avendo serie perplessità sulla scelta dei nomi dei candidati delle varie liste. Nella mia decisione grande peso ha avuto la bontà del programma nelle sue affermazioni di principio, che ho ritenuto fossero condivise da tutti i partecipanti alla coalizione, e ritenevo che eventuali tendenze centrifughe (o centripete) sarebbero state frenate dalla lealtà morale (patrimonio di una seria coalizione che si ispira ai principi liberali e illuministi) e dalla personalità del suo capo.
Poiché da sempre mi occupo della difesa del diritto di informare ed essere informati, ho riscontrato nel programma dell'Unione una sorta di svolta epocale laddove a pagina 261 del programma, sotto il titolo «Più informazione più libertà. Il diritto a comunicare e ad essere informati», è testualmente scritto: «Abbiamo il diritto a comunicare il proprio pensiero e i propri valori, il diritto a informare e ad essere informati, come diritti fondamentali ed opereremo perché essi trovino piena attuazione. Vogliamo che la comunicazione e l'informazione siano spazio di interesse pubblico, libero, aperto, accessibile a tutti. Vogliamo che questo spazio sia mosso da una concorrenza guidata dalla forza delle idee...». Vogliamo... Vogliamo...
Facendo affidamento su queste solenni promesse ho pensato che all'indomani della vittoria, nel «programma dei cento giorni» trovasse spazio l'abolizione di alcune norme reazionarie, veri e propri residui del regime fascista, che hanno per anni impedito all'Informazione (quella con la I maiuscola) di essere degna di uno stato democratico e pluralista. Mi riferisco a titolo di esempio a quelle norme che puniscono i giornalisti per la violazione del segreto di indagine, dei vari segreti (d'ufficio, di Stato e di ogni altro genere) essendo chiaro che i segreti debbano essere tutelati da chi è affidatario degli stessi e che, al contrario, i giornalisti debbano, conseguentemente, essere considerati «violatori istituzionali» di quei segreti, proprio per il ruolo di controllo di tutti i poteri che essi sono chiamati a svolgere.
Invece, già la scelta dei sottosegretari e dei collaboratori dei vari ministeri mi ha lasciato perplesso sulla possibilità di attuazione di questa parte del programma. Poi, le affermazioni di alcuni ministri del suo governo che, pur essendo iscritti all'Albo dei Giornalisti, non solo non si sono affrettati a far riconoscere il ruolo dell'Informazione, ma addirittura si sono lanciati in auspici di aumento delle pene per chi avesse osato pubblicare atti processuali fino ad oggi considerati esenti da ogni divieto, mi hanno addirittura sconcertato. Infine, nei cento giorni ecco il ddl Mastella che lascia addirittura di stucco. Signor Professore, è irriguardoso chiederle: cosa c'entra il ministro della Giustizia con l'Informazione? Cosa ne pensa del ddl il timido e unico titolato a parlare ministro delle Comunicazioni che pure mi risulta essere stato giornalista? Cosa pensa Lei, non tanto dei giornalisti, ma dei cittadini ai quali viene tolto il primo e fondamentale diritto garantito dalle costituzioni democratiche di tutto il mondo? Mi permetta, infine di darle un consiglio interessato (come cittadino e come elettore del centro sinistra): approfitti delle ferie e trovi un po’ di tempo per visionare tre film: «L'ultima minaccia» di Richard Brooks (1952), «Pentagon papers» di Rod Holcomb (2003) e «Good night and good luck» di Gorge Clooney (2005). Sono certo che comprenderà ancora meglio cos'è l'Informazione.
In fondo non le chiedo molto. Vorrei solo che rispettasse e facesse rispettare il programma sul quale milioni di italiani, me compreso, le hanno dato il voto.
Centra come i cavoli a merenda, come le cozze nella marmellata, come le vongole nello shampoo per i capelli, come la merda nel piatto di portata