Tutti i dubbi di Israele
Siegmund Ginzberg
Prima di questa «guerra dei trenta giorni», di certezze ce n´erano poche, ma si poteva almeno far conto su un paio di postulati: che alla lunga non ci sono soluzioni solamente militari, ma anche che, se si passava allo scontro armato - possibilità sempre in agguato - Israele era in grado di avere militarmente la meglio. Tutti gli altri cinque episodi principali di quella che è stata definita come la «guerra più lunga» - ben 58 anni, dal 1948 in poi - avevano rafforzato la seconda convinzione. Quest´ultimo sembra averla spazzata via.
«Abbiamo inferto un duro colpo a Hezbollah», ha detto ieri il premier israeliano Ehud Olmert. Ma è proprio lui il primo a non crederci. E a riconoscere che le cose non sono andate come si sperava dovessero andare, se subito dopo ha sentito il bisogno di annunciare l´apertura di una riflessione su cosa non ha funzionato, promettere che le «manchevolezze» non saranno «spazzate sotto il tappeto». La sostanza è che l´esercito che era riuscito in tutte le altre guerre a sconfiggere tutti gli eserciti arabi alleati non è riuscito ad avere ragione di 2.000 o 3.000 - non cambia fossero anche 8.000 - miliziani, per quanto potessero essere bene armati, organizzati e trincerati, in quella che era in fin dei conti una guerra convenzionale. Non li ha eliminati - cosa che forse era impossibile - ma non li ha nemmeno umiliati, isolati. Non sembra avergli tolto i mezzi più letali di cui disponevano (della dozzina di missili a lunga gittata di cui si diceva disponessero, uno ha colpito Haifa il giorno dopo il rapimento dei due soldati israeliani che aveva scatenato le ostilità lo scorso 12 luglio, degli altri non si sa; dei 12.000-15.000 missili a corta gittata ne hanno sparati circa 3.000, e gli altri?). Non ne ha decapitato la dirigenza («Continueremo a dargli la caccia dovunque e continuamente; non abbiamo intenzione di chiedere a nessuno il permesso», la dichiarazione di Olmert, che suona come la cosa più vicina ad una dichiarazione di fallimento che si possa immaginare). Lungi dal renderli inoffensivi, ha fatto sì che ora possano essere definiti «la migliore forza di guerriglia al mondo», come ha detto ieri al Washington Post uno specialista libanese che studia Hezbollah da vent´anni e sinora non aveva la minima simpatia per l´organizzazione sciita. Da masnada di terroristi che venivano considerati dalla maggioranza sunnita del mondo arabo, ha finito per legittimarli come «combattenti» di tutto rispetto.
C´è chi osserva che, se cade il postulato che Israele è in grado di difendersi da qualsiasi minaccia militare convenzionale - quella del terrorismo degli attentatori suicidi è un´altra cosa, non esistono difese impenetrabili - allora rischiano di cadere anche altri postulati che erano sembrati rassicuranti, e cioè che guerre "totali" per la distruzione di Israele, come quella del ‘48, o quella dei sei giorni del 1967, o quella dello Yom Kippur del 1973, non possano ripetersi. L´assunto della superiorità militare di Tsahal era stato l´elemento principale che le aveva sinora scoraggiate. Si poteva dare per scontato che Israele fosse il garante della sicurezza nazionale della Giordania. Si poteva considerare inimmaginabile, da Camp David in poi, una nuova guerra con l´Egitto. Si poteva contare sul fatto che l´Arabia Saudita, e il resto del mondo sunnita, teme l´Iran e un´ipoteca sciita anche più di quanto lo tema Israele. Ancora un mese fa il presidente egiziano Hosni Mubarak poteva sostenere che a quelli di Hezbollah doveva avergli dato di volta il cervello, indicarli come i responsabili della destabilizzazione nella regione. Ma ieri il suo ministro degli Esteri Ahmed Aboul Gheit ha avuto parole di elogio per quei "pazzi" di Hezbollah «che si sono comportati in modo da mostrare la loro capacità di resistere e hanno combattuto con onore...». È raggelante che Hezbollah sia riuscita a provocare a freddo, nei modi e nei tempi che si è scelta, una guerra, e uscirne non sconfitta, se non indenne. Molto più raggelante se ciò riuscisse a incoraggiare anche solo l´idea che, a differenza di quel che è avvenuto nel passato, quel che è riuscito ad un pugno di guerriglieri potrebbe riuscire a una nuova coalizione di eserciti islamici. È vero che a Israele resta a questo punto l´atomica, ma a parte che non è scontato che il monopolio duri a lungo, la cosa è tutt´altro che rassicurante.
L´altra certezza che questa guerra ha fatto vacillare, accanto all´assunto della superiorità militare incontrastata di Israele, è il sostegno di quello che per decenni era stato il suo principale alleato. George W. Bush sembrava inizialmente non più preoccupato di tanto. «Gli israeliani ci avevano detto che si sarebbe trattato di una guerra "in economia", con molti vantaggi. Perché fermarli? Sarebbero stati in grado di individuare e bombardare dall'aria missili, tunnel e bunker. Sarebbe stata una esibizione dimostrativa (a demo) per l´Iran... era nostro interesse indebolire Hezbollah, perché non approfittare che fosse qualcun altro a fare il lavoro?», è il modo in cui la mette un consulente del governo di Washington nell´articolo di Seymour Hersh pubblicato sul New Yorker di questa settimana. Pare ci fossero cascati tutti, all´inizio anche Condoleezza Rice, oltre a Cheney, con la sola eccezione del vecchio Rumsfeld che temeva ripercussioni negative in Iraq. Ma poi, visto come stavano invece parando le cose, la Casa Bianca ha dovuto fare una virata di 180 gradi e sostenere la risoluzione per il cessate il fuoco e l´invio di una forza multinazionale da parte dell´Onu. Anziché una dimostrazione per scoraggiare l´Iran di Ahmadinejad, si stava trasformando nell´opposto. «Se la forza militare dominante nella regione non riesce a pacificare un Paese come il Libano, con solo quattro milioni di abitanti, la conclusione è che bisognerà pensarci due volte prima di applicare un analogo "modello" all´Iran. La sola cosa che hanno ottenuto coi bombardamenti è stato unire la popolazione nell'avversione agli israeliani», il giudizio di un altro esperto, Richard Armitage, che era stato vice segretario di Stato nel primo governo Bush.
Un giornale Usa che in questi anni ha entusiasticamente appoggiato tutte le guerre di Bush, il Wall Street Journal, ieri ironizzava nel suo editoriale sulle dichiarazioni iniziali di Washington circa il fatto che non avrebbero tollerato in alcun modo un ritorno allo «status quo ante» in cui Hezbollah imperversava a suo piacimento. La loro valutazione è che si è esattamente allo status quo ante, cioè al punto di partenza. Il guaio è che probabilmente sbagliano, perché non si è affatto solo al punto di partenza, ma molto peggio. Il "demo" è stato fallimentare. Israele si trova meno sicura di prima. Il governo di coalizione di centrosinistra di Olmert, sotto tiro, potrebbe essere costretto a dimettersi per fare spazio ad un governo molto più di destra, con prevalenza di quelli che si erano opposti al ritiro dal Libano e da Gaza. Col risultato che, per liberare il Libano da Hezbollah, rischiano di imprigionare Israele, negli anni a venire, in una politica senza vie d´uscita, se non raccapriccianti. A meno che alle certezze venute meno - la superiorità militare, l´appoggio Usa - si riesca a sostituire qualcosa di più valido, una garanzia di sicurezza tipo quella sperimentata in embrione col dispiegamento Onu.
L'esercito israeliano era a meno di 100 kilometri da Il Cairo, ma Sadat andava blaterando di vittoria militare egiziana. A chi gli faceva notare l'incongruenza, lui rispondeva: Guardate a Tel Aviv come stanno dibattendo i sionisti e guardate come gli ebrei sono preoccupati in Europa. Essendo a capo di una dittatura, poteva permettersi di queste uscite. Ginzberg invece può permettersi le sue uscite perché siamo in democrazia.
si' si' ma intanto sadat e' stato eliminato dai fratelli mussulmani e non dal mossad, hariri e' stato ammazzato dai siriani e israele ha fatto in libano grande rumore senza aver ottenuto vittorie ma solo un maggiore isolamento.
bella vittoria, la prossima quale sara'? vincere la guerra a distanza in iran mentre gerusalemme brucia?
ps: che in democrazia tutti sono legittimati a dire le loro cazzate lo diceva anche mishima, sei in ottima compagnia quindi.
Nissim c'è chi ha fatto notare che in questa guerra il vizio dei governanti arabi di gonfiare i propri successo, inventarsi di sana pianta vittorie sul campo per salvare la faccia, infarcire le dichiarazioni di ridicole bugie, tacere sul reale andamento degli scontri abbia cambiato di campo. E l'opinione pubblica araba che ha l'occhio allenato non se l'è certo lasciato sfuggire.
A proposito tutti i Nasrallah catturati solo perché omonimi del leader hezbollah saranno poi rilasciati?