La sfida di Hezbollah: «Le milizie sono affari interni libanesi»
Tornano i profughi, dal movimento sciita aiuti fino a 15.000 dollari a famiglia. Aerei israeliani sulla valle della Bekaa
di Umberto De Giovannangeli
L'ONU ACCELERA i tempi per la costituzione della forza multinazionale, e Hezbollah risponde dettando le sue condizioni. A farlo è una delle figure di primo piano della dirigenza politica del Partito di Dio, Hajj Hassan. Le armi di Hezbollah «fanno parte della strategia di difesa nazionale che deve esser ancora discussa», avverte Hassan. E per essere ancora più chiaro, aggiunge che la questione delle armi è «un affare interno che dovrebbe essere discusso tra libanesi… Noi (Hezbollah) abbiamo deciso che la questione della resistenza è una questione libanese, che deve essere affrontata nelle appropriate sedi politiche». Ma dopo la guerra e «la vittoria contro Israele», taglia corto il parlamentare sciita, «Hezbollah non ha tempo per le polemiche». Perché ora il Partito di Dio è impegnato in una nuova «battaglia»: quella della ricostruzione.
I «vincitori» hanno iniziato ieri a consegnare a coloro che hanno avuto la casa distrutta dai bombardamenti israeliani (15mila le abitazioni rase al suolo) somme di denaro sufficienti a pagare un anno di affitto e acquistare masserizie da usare mentre le loro abitazioni verranno ricostruite o riparate. È lo stesso parlamentare di Hezbollah a precisare che l'elargizione di tali somme viene decisa in base alle dimensioni dell'alloggio e per un massimo di 15mila dollari a famiglia. I giornali locali sono pieni di foto di militanti del Partito di Dio vestiti di nero con mitra a tracolla e radio walkie-talkie che coordinano i bulldozer al lavoro tra le macerie, o di altri che su tavoli improvvisati nelle strade o nelle scuole riempiono i moduli di sfollati che fanno richiesta di risarcimenti. L'emittente televisiva Lbc mostra anche una famiglia di Beirut sud, roccaforte sciita, che incassa una corposa mazzetta di dollari in contanti. Secondo quanto riferito dal quotidiano internazionale arabo Asharq al Awsat, l'Iran ha già fatto avere 150 milioni di dollari a Hezbollah come primo contributo a favore degli sfollati.
Mentre Hezbollah apre i cordoni della (ricca) borsa - «abbiamo un budget aperto» sostiene Hajj Hassan - l'esercito libanese prosegue il suo dispiegamento nel Sud. I primi reparti di una forza complessiva di 15mila soldati, sono arrivati ieri a Khiam, 7 chilometri dal confine con Israele, dove il mese scorso quattro caschi blu dell'Unifil morirono nei bombardamenti israeliani. L'esercito regolare si dispiega all'ombra di Hezbollah. Un'ombra invadente.
I soldati pattugliano, gli uomini del Partito di Dio «ricostruiscono». «Gli incaricati di Hezbollah sono già venuti per fare il calcolo dei danni, e ci hanno garantito che presto saremo risarciti anche per le nostre attività commerciali oltre che per le nostre case», dice Yussuf Kassem, 43 anni. Yussuf vive a Marjayun, dove l'esercito libanese ha appena stabilito il suo nuovo comando nel Sud Libano, ed è proprietario con i due fratelli di una stazione di rifornimento con annessa autofficina che i caccia con la Stella di David hanno ridotto ad un cumulo di macerie 48 ore prima che la guerra cessasse. Lui pure non ha dubbi: «Hezbollah mantiene sempre le promesse», afferma deciso. Assieme ai giovani in divisa, c'è un altro «esercito» che ha cominciato a far ritorno nel Sud Libano: è l'«esercito» degli sfollati. «Duecentomila persone sfollate sono rientrate nel Sud Libano ed altre 200mila sono tornate nelle periferie di Beirut», precisa Christiane Berthiaume, portavoce del Programma alimentare mondiale (Pam). L'Alto commissariato dell'Onu per i rifugiati (Unhcr) ha indicato dal canto suo che 107mila rifugiati (su 180mila) fuggiti in Siria sono già rientrati in Libano attraverso i punti di passaggio ufficiali, mentre altri hanno attraversato la frontiera in altri luoghi. «Il ritorno dei libanesi sfollati ha assunto una dimensione fenomenale», rileva una portavoce dell'Unhcr, Jennifer Pagonis. I rifugi dove sono ospitati gli sfollati «sono quasi vuoti», aggiunge.
Ma in serata l'aviazione israeliana ha attaccato a quattro riprese obiettivi «non identificati» in una zona disabitata a nord-est di Baalbek, nella valle della Bekaa. Elicotteri e aerei senza pilota hanno sorvolato più volte a bassa quota la regione di Yammune, a 22 chilometri da Baalbek, ed hanno aperto il fuoco in quattro riprese. Secondo la polizia libanese, colpi d'arma da fuoco sono poi stati sparati contro i velivoli. Israele smentisce di aver mai aperto il fuoco.