La non guerra
di Furio Colombo
Bisogna decidere che cosa fare di Israele. Lasciamo perdere? Alt, non dite che è una ossessione. Pensateci bene: ogni conflitto è preceduto da una ossessione, e se non si mobilitano tutte le ragioni per sgombrare l’orizzonte dall’ossessione, prima o poi accade. La teoria del domino (cade uno, cadono tutti) era stata l’ossessione che ha portato la guerra nel Vietnam. L’ossessione delle armi di distruzione di massa ha fatto esplodere l’Iraq.
E non buttate avanti la parola pace. La pace non viene da sola, arriva lungo un percorso difficilissimo nel quale si devono consegnare non solo le armi ma anche i giudizi e pregiudizi che fanno da sostegno al conflitto.
È vero che vi sono sentimenti diversi, parti diverse a cui facciamo riferimento, letture diverse della storia e persino cronache opposte dello stesso fatto nel momento in cui accade.
Ed è vero che l’Italia è un Paese molto più teso e diviso (non sempre lungo le stesse linee) di ogni altro Paese protagonista di questo difficile passaggio storico. Non c’è un altro Paese in cui la difesa di Israele sia una causa di destra come l’Iraq (tanto che scredita chi difende Israele da sinistra) e in cui Hezbollah è una organizzazione legittima, apprezzata, rispettata anche nei buoni comportamenti protocollari e persino a livello di governo.
Va bene, la situazione è strana ma la domanda resta. Che cosa facciamo di Israele, lasciamo perdere? Non rispondete che tanto ci pensano gli americani, argomento che è allo stesso tempo un alibi (per dire che Israele non corre veri pericoli) e una ulteriore ragione per essere ostili a Israele.
Gli americani sono apparsi immobilizzati dal conflitto in Iraq. Potevano dare più armi, se necessario, ma non mediare la pace. Il Segretario di Stato di quel Paese si è mostrata attivissima e creativa. Ma ha raggiunto, al massimo, un compromesso strano, elusivo, pericoloso, perché non è interpretabile. L’unico risultato, al momento, è che non si combatte. Ma quanto dura il momento, che possiamo chiamare «non guerra», e che non è pace?
Tutto il resto del mondo democratico, unito e legato insieme dalla lotta al terrorismo, a Israele dedica sì e no uno sguardo. È uno sguardo sdegnato per coloro che hanno giudicato reprensibile l’attacco al Libano. È uno sguardo deluso per coloro che avevano puntato sulla forza militare israeliana, seconda o terza nel mondo. È uno sguardo imbarazzato di chi non ha intenzione di farsi carico di questo strano, orgoglioso Paese che insiste ad esistere ma adesso sembra avere difficoltà a contare esclusivamente sulle proprie forze. Diciamo la verità, c’è qualcuno (governi, partiti, voci autorevoli, clero, intellighenzia) che si sia fatto avanti per dire «Israele non si tocca»? Non dite che sarebbe una dichiarazione di guerra. È il contrario. Se molti si fanno garanti, restano seri problemi da risolvere. Ma ce ne sarà uno in meno, che non richiederà più guerre. Sarà la garanzia collettiva della sopravvivenza di Israele. Ecco una buona ragione per non buttare via l’idea di Pannella come se fosse una stravaganza. Un legame Europa-Israele non renderebbe più lontana la guerra? Ma ogni volta che si pone il problema in questi termini qualcuno si alza subito per dire che «sono sessant’anni che la occupazione della Palestina da parte di Israele continua». Propone perciò all’istante una dichiarazione, almeno morale, di guerra, perché una occupazione, prima o poi, con le buone o con le cattive, deve finire.
* * *
Per Hezbollah è tutto diverso. Forse è gente più cordiale, compagnoni che quando non trasportano missili vi ricevono con bonarietà popolare, e sarà anche vero che usano armi sofisticate che si manovrano con i computer da appartamenti dentro palazzoni abitati da migliaia di famiglie. Ma una volta fatto il buon lavoro sulla tastiera, basta sgusciare via e poi tornare in tempo per mostrare alle televisioni del mondo la bambola della bambina morta nell’appartamento accanto. Fa il suo effetto, non come i mille missili lanciati su Haifa. Quei missili sono visti come normale e leale azione di guerra. La bambola mostra invece l’orrore disumano che intercetta sia l’immenso sentimento anti-guerra che giustamente attraversa il mondo, sia il sentimento anti-israeliano che, con vera bravura e qualche aiuto mediatico, si sta diffondendo.
Per Hezbollah è tutto diverso. Sentite la voce, una voce alta e autorevole, quella di Massimo Cacciari, filosofo e sindaco, che torna dalla Siria: «Basta con il pacifismo di accatto. In Libano bisogna andare ed essere pronti a sparare, sparare, sparare. Ho visto case di gente del popolo con appesi ai muri i volti dei capi Hezbollah, nuovi eroi che nessuno può nemmeno criticare o osteggiare. Ho sentito vicinanza con quello che era l’avversario iraniano. Ho sentito un mare di odio contro gli americani e gli israeliani che forse sarà superato tra dieci generazioni. Ho sentito sulla pelle la simpatia, il calore per noi italiani. Per questo dopo la sciagurata politica degli Usa e di Israele, oggi solo l’Europa è considerata un interlocutore credibile, e l’Italia più di tutti». (Il Corriere della Sera, 15 agosto).
Purtroppo sono parole che descrivono bene la situazione. L’Europa piace perché è lontana da Israele. Sono parole irrealistiche solo nella frase finale. Dice Cacciari: «Se Hezbollah tira missili va contrastato con tutti i mezzi e disarmato». Purtroppo, con tutto quell’amore del popolo per Hezbollah, sarà difficile fare la parte di chi tiene a bada i ragazzacci carichi di missili. Dopotutto, a Londra erano in 100mila (10 agosto) a proclamare con cartelli e striscioni «Siamo tutti Hezbollah».
* * *
Ma le parole di Cacciari spiegano molto dell’Italia. Legare insieme «la sciagurata politica degli Usa e di Israele», libera tutti con una doppia mossa abile, di ogni responsabilità verso Israele. Infatti - ti dicono - Israele è legata all’America, dunque fa causa comune nella disgraziata guerra all’Iraq (non è vero, Israele non ha avuto alcun ruolo in quella guerra né alcun vantaggio - se mai danni immensi - dal fare esplodere quella polveriera islamica, prima rigorosamente controllata e impegnata contro l’Iran. Non è vero, ma è una bella ragione di antipatia). E anche: Israele ha scelto il legame con l’America, dunque perché l’Europa dovrebbe immischiarsi? E questo lascia libera l’Europa, dalla Finlandia all’Inghilterra, a buona parte dell’Italia, di dire: «Siamo tutti Hezbollah».
Non è esattamente un gesto di amicizia, come non lo sono tutte le cose dette e fatte finora dal governo italiano: amichevole cordialità verso il lato Hezbollah, severità rigorosa nei confronti di Israele.
Israele sarà anche l’avamposto di tutta la ricchezza, le banche, l’oro e i media del mondo, come vogliono gli antichi cliché neanche tanto scoloriti dal «Giorno della Memoria». Resta il fatto che «già prima della fine dei bombardamenti, uomini di Hezbollah dotati di carte dettagliate, radio a due vie sempre aperte e navigatori elettronici, hanno cominciato a presentarsi nei quartieri colpiti delle città e nei villaggi distrutti con due annunci. Primo: ogni capofamiglia riceverà subito 10mila dollari, e per tutti saranno messe a disposizione appena possibile nuove abitazioni, compresi mobili e stoviglie. Secondo: il deputato Nehme Tohme, già leader democratico della Rivoluzione dei Cedri, è stato assicurato dagli uomini di Nasrallah che il fondo Hezbollah per la ricostruzione è inesauribile» (New York Times, 16 agosto).
Le stesse notizie, il 17 agosto, compaiono con molti particolari (nomi, luoghi, immense cifre messe a disposizione) su Usa Today con l’avvertimento che «la divisione civile di Hezbollah è rigorosamente segreta come la divisione militare di quella organizzazione, ma il lavoro è capillare e intenso in modo che tutti capiscano e tanti si arruolino». E racconta le storie di madri libanesi che, per sicurezza, spingono i giovani figli a diventare soldati di Nasrallah.
«È come un colpo di Stato in Libano» ha detto al New York Times (16 agosto) Jad Al-Akaoui, altro esponente del blocco democratico dei Cedri. «Hezbollah ha preso il controllo di tutto e non sembra avere limiti nelle risorse finanziarie».
Quanto ai media, ormai tutto il mondo è informato. Israele ha distrutto case e persone, e tutti abbiamo visto tutto, fino all’ultima vittima dell’ultima bomba. Ha perso la guerra, non ha mai identificato (e neanche noi spettatori abbiamo mai visto) l’armata invisibile, prima formazione araba capace di fermare l’esercito di Israele. Il mondo ha ripetutamente guardato l’immagine di immensi carri armati con la stella di Davide fermi nella polvere e ha immaginato eroici ragazzi con la bandana che li spingono indietro come in una Tien An Men riuscita.
Quanto al governo di Beirut, interpreta due parti a cui i media non hanno nulla da obiettare. È un Paese innocente, estraneo, democratico, improvvisamente assalito, vittima della cattiveria di Israele. È un Paese completamente dominato, sul versante militare e su quello civile, da Hezbollah o armata di Dio. Si tratta di una organizzazione a quanto pare molto potente, che ha anche molta simpatia per gli italiani e per la nostra Coppa del mondo, come racconta Cacciari. Ma non ha mai nascosto il suo unico progetto, la sua ragione di esistere. Non la difesa del territorio nel quale si è temporaneamente insediata. Ma, per dirla con le parole del grande sponsor iraniano, con il solo fine della «cancellazione di Israele, che è il cancro del Medio Oriente».
Giustamente l’esercito libanese, spinto alla frontiera in attesa dell’Onu fa sapere: non disarmeremo i nostri fratelli Hezbollah. Intanto, a uno a uno, ogni Paese che dovrebbe inviare soldati per la forza di interposizione fra Libano e Israele comunica: «disarmare Hezbollah è un compito che non ci riguarda».
Sempre meglio della guerra, direte. È giusto. Ma se qualcuno si azzarderà a eseguire l’ordine di Cacciari («sparare, sparare, sparare») c’è il pericolo che i ragazzi di Hezbollah, benché buoni e cari, si irritino e la prendano male.
Sempre meglio della guerra, direte. È giusto. Ma in questa “non guerra” almeno a una domanda devono rispondere i governi d’Europa: «Che cosa facciamo con Israele? Lasciamo perdere»?
Che pena quest'articolo.
Per quanto riguarda questo passaggio: "Ma non ha mai nascosto il suo unico progetto, la sua ragione di esistere. Non la difesa del territorio nel quale si è temporaneamente insediata. Ma, per dirla con le parole del grande sponsor iraniano, con il solo fine della «cancellazione di Israele, che è il cancro del Medio Oriente".
Rapporto Unifil periodo 21 luglio 2001/16 gennaio 2002:
«Le violazioni aeree israeliane della linea blu sono continuate su base quasi quotidiana, con penetrazione in profondità nello spazio aereo libanese. Queste incursioni non sono giustificate e causano grande preoccupazione alla popolazione civile, specie i voli a bassa quota che rompono la barriera del suono sopra gli abitati. Queste violazioni aeree proseguono, nonostante rimostranze alle autorità israeliane siano state presentate più volte da me, da altri alti funzionari delle Nazioni Unite e da alcuni governi interessati».
Rapporto Unifil periodo 17 gennaio 2002/12 luglio 2002:
«Incursioni ingiustificate israeliane dal cielo nello spazio sovrano del Libano sono continuate quasi ogni giorno per la maggior parte del periodo, spesso generando il boom sonico. Nella seconda metà di aprile, è emersa una tendenza per cui gli aerei sorvolavano il mare e penetravano nello spazio aereo libanese a nord dell’area di operazioni Unifil, evitando così osservazioni e verifiche diretta da parte dell’Unifil. In gennaio Hezbollah ha cominciato a rispondere ai sorvoli con fuoco anti-aereo. Questa attività continua ancor oggi. In diverse occasioni i proiettili hanno superato la linea blu».
Rapporto Unifil periodo 13 luglio 2002/14 gennaio 2003:
«Sporadiche violazioni israeliane dello spazio aereo libanese, con periodiche interruzioni di attività seguiti da improvvisi crescendo per diversi giorni. In due casi a novembre i sorvoli israeliani hanno superato per quantità ogni precedente registrazione dal ritiro di Israele dal Libano meridionale nel maggio 2000. Molte di queste violazioni sono penetrate in profondità nel Libano, spesso generando boom sonici sopra gli abitati. Il modus operandi segnalato nel mio precedente rapporto è continuato, con gli aerei che volano sul mare e penetrano nello spazio libanese a nord dell’area operativa Unifil, così evitando l’osservazione diretta».
Rapporto Unifil periodo 24 luglio 2003/19 gennaio 2004:
«Sono continuate le ricorrenti incursioni aeree israeliane nel Libano. Il numero si è ridotto a tratti, ma periodi di attività scarsa o nulla sono stati invariabilmente seguiti da una intensificazione dei voli. […] Hezbollah ha continuato a reagire».
Rapporto Unifil periodo 21 gennaio 2004/21 luglio 2004:
«Un ciclo di scambi di tiri attraverso la linea blu è cominciato il 5 maggio. Israele ha compiuto oltre venti missioni aeree sul Libano, molte delle quali hanno prodotto boom sonico. Hezbollah perciò ha risposto con varie raffiche di anti-aerea». «Le incursioni israeliane sono state nel complesso meno frequenti che in passato, ma notevoli per l’intensità e il gran numero di apparecchi impiegati. Gli ufficiali israeliani sostengono che sorvoleranno ogni volta che Israele lo riterrà necessario. Come in passato, gli aerei israeliani sono penetrati in profondità […] boom sonici su aree popolate […] voli dal mare […] evitando l’osservazione diretta […].»
Rapporto Unifil periodo gennaio 2005/luglio 2005:
«La violazione della linea blu è continuata negli ultimi sei mesi, per lo più sotto forma di violazioni ricorrenti dello spazio aereo libanese da parte di caccia, elicotteri e droni israeliani […] boom sonici […] in profondità […] ogni volta ritenuto necessario […].»
Rapporto Unifil periodo 22 luglio 2005/20 gennaio 2006:
«La forza aerea israeliana ha violato lo spazio aereo libanese in varie occasioni nel periodo […] a novembre i sorvoli con caccia, elicotteri e veicoli senza pilota o droni sono stati numerosi e particolarmente intrusivi e provocatori […] nessun caso di fuoco anti-aereo Hezbollah che abbia attraversato la linea blu».
Rapporto Unifil periodo 21 gennaio 2006/18 luglio 2006:
«Incursioni aeree israeliane persistenti e provocatorie […] grave preoccupazione […] una riduzione nel numero delle incursioni ad aprile ha portato a un’atmosfera di relativa calma, ma la tendenza si è rovesciata in maggio»
http://www.un.org/Depts/dpko/missions/unifil/unifilDrp.htm
Furio Colombo mi dovrebbe spiegare come sia possibile che una semplice scaramuccia di confine abbia legittimato Israele a bombardare un intero stato sovrano. Pensate a cosa succederebbe se fossero tutti così: proprio l'altro giorno i russi hanno affondato un battello giapponese per motivi non così dissimili, eppure non mi pare che ora i due stati si stiano lanciando missili a vicenda. Il tema della "reazione sproporzionata", che ha tenuto banco nei primi giorni di guerra, sembra ormai scomparso. Ormai si discute solo di Hezbollah, di disarmare Hezbollah, di chi finanzia Hezbollah, di come il governo libanese si comporti nei confronti di Hezbollah, e così via. Gli israeliani si sono trasformati agli occhi dell'opinione pubblica in una sorta di vittima innocente che ha reagito, che ha invaso il territorio di un altro stato, ammazzato bambini inermi e violato il cessate il fuoco quasi per caso, per sbaglio, e comunque solo per difendersi dai nemici cattivi e xenofobi che vogliono debellare l'ebraismo.
Non finirò mai di soprendermi per la collusa morbidezza con la quale l'Occidente *tutto* tratta Israele, non per motivi religiosi quanto per semplice convenienza, perché sotto sotto non credono che gli eventi prima o poi degeneranno oltre a qualunque soglia reparabile. Quando infine Israele farà un atto talmente ignobile da scatenarsi sul serio contro tutto il mondo arabo (e visto l'impegno profuso non credo che siano molto lontani), e rischierà *davvero* di scomparire dalle cartine, allora vedremo dove si schiereranno USA ed Europa.
I casi sono due, o Furio Colombo al contrario di quello che crede il padrone di casa ha una disonestà intellettuale assolutamente mostruosa oppure ha infilato la testa sotto la sabbia per non vedere quello che accade nel mondo reale. Proprio oggi leggevo questo:
http://lawrenceofcyberia.blogs.com/news/2006/08/20_august_2006.html
quella società ha generato un mostro che va assolutamente fermato prima che sia troppo tardi. La gente come Furio Colombo invece non sta facendo altro che consolidare il senso di impunità di cui gode Israele e con esso incoraggiando il mostro verso la sua discesa nell'orrore (e quindi l'inevitabile tragedia e distruzione).
Carlo Fusco
Another damming comment from Furio Colombo. I wonder whether our Furio is really capable of articulate thinking when it comes to Israel. Describing Condoleeza Rice as creative and very active is just ludicrous. Creative? She’s been the usual mouthpiece of the warmongering ideology of the Bush administration. The birth pains of a new Middle East indeed!!!! What a cruel, cold, inhumane statement to make, while hundreds of people were dying It was like thinking of all those human beings as guinea pigs. And the American did send arms to Israel, as usual. And the American can convince Israel to change its policy. The only way Israel can survive in this state of endless warfare is thanks to the unqualified American financial and military help.
And what about the cry” Diciamo la verità, c’è qualcuno (governi, partiti, voci autorevoli, clero, intellighenzia) che si sia fatto avanti per dire «Israele non si tocca»? This statement defies belief. What other country on hearth could do what Israel has been doing at least since 1967, let’s not touch the years 1948-1967. As some, very few, journalists noted Blair was ready to justify the apocalyptic reaction to the kidnapping of two soldiers by Hezbollah, but Great Britain never thought of invading Ireland, or carpet bombing Irish villages and town, even at the height of IRA attacks. Spain has never thought of building a wall around the Basque country to defend itself against terrorism.
The situation in the occupied Palestinian Lands is appalling, and getting worse. Mr Colombo had better having a serious look at reports from Gaza and the West Bank. There’s always a lot of talk about Israel security, but what about Palestinian security? And all this is possible because the Americans keep on supporting Israel regardless.
“Perché una occupazione, prima o poi, con le buone o con le cattive, deve finire”, yes Mr
Colombo, the occupation of Palestinian land must end, and the world can’t just ask the Palestinians to compromise. If we compel Israel to take responsibility for its action it may even end ‘con le buone’.
Pensavo che nessuno avesse veramente voglia di commentare e mi sbagliavo. Carlo grazie del link, gli articoli di Tony Judt non li conoscevo.
Antonio, anch'io non lo conoscevo e sono molto contento ora di aver colmato la lacuna.
A proposito di Tony Judt, non sarebbe male se OneMoreBlog ripublicasse qui il suo articolo "The Country That Wouldn't Grow Up", magari dedicandolo proprio a Furio Colombo (uno può solo sperare che un giorno possa tornargli utile).
«Che cosa facciamo con Israele? Lasciamo perdere»?
e con hezbollah che cosa ha fatto israele, a parte rafforzarne l'identita' e la popolarita'?
Consiglio a tutti di leggere "La Cura Schopenhauer", di Irvin D. Yalom. E' un romanzo, ma alcuni dei personaggi possono anche essere interpretati quali metafore o allegorie della comunità internazionale. Per l'Italia, in particolare, Julius Hertzfeld. Era da una vita che non mi capitava una possibile interpretazione "dal profondo" del comportamento dell'Italia così limpida, sotto la specie di un atteggiamento che in ebraico si chiama "chutzpah" e che... beh, siete curiosi? di sapere che cos'è? leggete, leggete. sono 495 pagine che scorrono.
Carolina
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