Servizio navetta
di Marco Travaglio
Ora che Franco Pacenza, capogruppo Ds alla Regione Calabria, arrestato giorni fa per concussione in una presunta truffa da 8,2 milioni all’Ue, ha ottenuto i domiciliari, si può valutare più serenamente la reazione provocata dal suo caso. Poco dopo l’arresto, i nove parlamentari dell’Unione eletti in Calabria erano già in processione al carcere di Cosenza, per visitarlo in cella e poi, insieme a numerosi politici locali, per inscenare un sit-in di protesta. «Aspetteremo qui che Pacenza esca», ha spiegato l’on. Franco Bruno, che è pure segretario della Margherita.
Nessuno, a parte Di Pietro, ha trovato da ridire su queste parole e quella manifestazione, che ricordano da vicino le reazioni della Cdl in casi analoghi. Tant’è che al sit-in s’è unita la forzista Iole Santelli, già sottosegretario alla Giustizia di Berlusconi. Quando poi Pacenza è stato scarcerato, il sottosegretario Marco Minniti (Ds) ha dichiarato che l’arresto «è stato un errore giudiziario». Cosa glielo fa pensare?
Nessuno, per ora, conosce gli elementi raccolti dalla pubblica accusa: spetterà ai giudici, non ai colleghi o agli amici, stabilire se Pacenza sia colpevole o innocente. Colleghi e amici hanno il diritto di criticare un atto giudiziario. Ma la carovana unionista, con sit-in incorporato, è tutt’altro. I Parlamentari rappresentano un potere dello Stato, che fa le leggi e possibilmente le rispetta, senza prevaricare sugli altri. Gli arresti invece li decide la magistratura: il pm li chiede, il gip eventualmente li dispone, poi l’arrestato può ricorrere al Riesame e alla Cassazione. L’intervento del Parlamento non è previsto: né quando la maggioranza ce l’ha la Cdl, né quando ce l’ha l’Unione. E allora: che differenza c’è fra i pellegrinaggi dei forzisti nelle celle dei loro colleghi di partito e la processione di unionisti in quella di Pacenza?
Il malvezzo dei politici di visitare gli amici arrestati, per trasmettere loro la solidarietà del partito e della casta fu inaugurato da Bettino Craxi nel 1985, quando fu arrestato Antonio Natali, presidente della Metro milanese e collettore di mazzette per i partiti (maggioranza e opposizione). Se Natali avesse parlato, Tangentopoli sarebbe saltata 7 anni prima. Ma Craxi, da premier, chiese d’incontrarlo in cella. Così fu chiaro a tutti, e specialmente a Natali, con chi stava il governo: non con lo Stato rappresentato dai giudici che indagavano sulle tangenti, ma con lo Stato dei partiti corrotti. Craxi completò l’opera facendo eleggere Natali senatore, con relativa immunità. Borrelli chiese l’autorizzazione a procedere, il Senato la respinse a gran maggioranza. «Applausi da centro, destra e sinistra», recita il verbale della seduta.
Visitare un arrestato prima dell’interrogatorio è vietato dalla legge. Ma i parlamentari sanno come aggirarla: scoprono un improvviso interesse per la salute dei carcerati proprio nella prigione dov’è detenuto l’amico, e con la scusa di visitarli tutti vanno a incontrare lui. Poi escono, raccontano che è allo stremo, vittima sacrificale della malagiustizia.
Ora, visto che la legge è uguale per tutti, o almeno dovrebbe, i casi sono due: o si proibisce ai parlamentari di aggirare quel divieto, o si estende l’usanza del pellegrinaggio politico per tutti i detenuti. Ogni qual volta uno finisce dentro, accusato di spaccio o di concussione o di qualunque altro reato, dovrà essere obbligatoriamente visitato in cella da almeno nove parlamentari. Si potrebbe organizzare un apposito servizio-navetta, con carovane motorizzate bicamerali da Montecitorio e Palazzo Madama ai principali penitenziari della penisola, con tanto di turni e reperibilità 24 ore su 24, come per la guardia medica. Altrimenti qualcuno potrebbe pensare che i politici e i loro amici, come nella fattoria di Orwell, siano più uguali degli altri.
Null’altro che l’appartenenza alla «casta» dei politici, infatti, distingue Pacenza dalle centinaia di cittadini arrestati ogni giorno in Italia. Un tempo c’era almeno una modulazione di toni a seconda dell’appartenenza politica. Ora, in omaggio al totem «bipartisan», è caduta anche quella barriera. Da destra e da sinistra è tutto uno strillare alla «giustizia a orologeria», all’«accanimento giudiziario», alle «manette facili». Con alcune variazioni sul tema, nel caso Calabria, davvero avvincenti.
1) Il governatore Loiero critica giustamente il sit-in, ma poi rovina tutto contestando i giudici per aver arrestato Pacenza «a Ferragosto, mentre era in ferie con la famiglia». E il ministro Bianchi prima denuncia coraggiosamente la malagestione dei fondi europei, ma poi critica «l’arresto a Ferragosto, mentre Pacenza stava in vacanza con la famiglia». Dunque, oltreché nei periodi elettorali, i politici non vanno disturbati neppure nei mesi estivi, men che meno se son in ferie con pinne, fucile e occhiali. Per analogia, si suppongono off-limits anche le ferie natalizie e pasquali, per non parlare delle domeniche e altre feste comandate. In quale periodo dell’anno, di grazia, un magistrato può agire a carico di un politico senza che lorsignori s’inalberino? Il Parlamento potrebbe stilare un’agenda planning con evidenziate le rare finestre temporali in cui è consentita (ancorché sconsigliata) l’azione penale sui politici.
2) Alle critiche di Di Pietro, i nove pellegrini di Cosenza hanno replicato invitandolo a tacere e a dimettersi da ministro perché °© testualmente °© «Di Pietro ha candidato alle elezioni comunali il fratello del gip che ha arrestato Pacenza, poi risultato il primo dei non eletti. E ci fermiamo qui». Se ne deduce che candidare un giudice è già una discreta schifezza. Ma candidare addirittura il fratello di un giudice è una doppia porcheria: è noto, infatti, che il virus dei magistrati si trasmette rapidamente ai consanguinei di primo, secondo e fors’anche terzo grado. E ci fermiamo qui.
Siamo alle solite, la casta è compatta quando un compare viene messo al gabbio.In italia siamo governati da una lobby di potere che interpreta dei ruoli fingendo di essere diversi ma uguali nello spartirsi il potere.Ma facciamola una rivoluzione e mandiamoli a cagare tutti quanti.
Ma deve venire giù il diluvio universale per ottere uno stato appena decente? Questi fatti sono un'istigazione al qualunquismo!
caso pacenza vedi il link
http://calabria.blogosfere.it/
no comment!
E se avesse ragione Ichino?
La cosa più incredibile è che nessuno ci abbia pensato.
Dopo l'illuminato intervento del giuslavorista Pietro Ichino sulle colonne del Corriere della sera, c'era almeno da chiedersi: ma è vero che i pubblici dipendenti fannulloni dichiarati - vedi quelli incapaci e però assunti per smaccata raccomandazione politica, piuttosto che quelli imboscati, come si diceva un tempo - possono, anzi: devono essere monitorati attentamente e poi, se del caso, licenziati come avviene (e non sempre a ragione) nel settore privato? Applicato alle cose nostre di cui sempre scriviamo, ecco il corollario: è applicabile il teorema-Ichino ai dipendenti pubblici calabresi e, in particolare, della Regione Calabria?
Risultato: silenzio assoluto. Qualcosa di sconfortante, considerato che da lungo tempo si vuole che la Calabria sia piagata da una burocratizzazione selvaggia e, d'altro canto, da un numero eccessivo e defatigante d'impiegati regionali.
Cari presidenti di Giunta e Consiglio regionale, solerti a intervenire a tutela di questo o quell'interesse (possibilmente, quando c'è da rivendicare meriti magari nemmeno legati a questa consiliatura), perché non prendete la parola su questo serissimo tema e non dite con chiarezza ai calabresi cosa ne pensate? Tra l'altro, questo non dovrebbe essere un discorso da rivolgere ai soli calabresi: ma a tutti gli italiani. Perché da molti anni ormai, ma dopo il delitto Fortugno in particolare, l'Italia ci guarda. Sgomenta. Possiamo fare qualcosa per sovvertire l'idea malsana che la Calabria intenda restare nelle sue attuali, pessime condizioni?
http://calabria.blogosfere.it/2006/08/e_se_avesse_ragione_ichino.html#more