Mi colpisce sempre leggere "era malato da tempo"...
Posso immaginare il male,probabilmente il solito...
E a questo punto ammiro il coraggio di continuare a lavorare come se nulla fosse...
Ecco, si diceva che il calcio è tutto un magnamagna, che la Juve è solo una tra mille, che erano tutti uguali. Beh, che serva a tutti di memoria la sua carriera. La sua storia. Torna giusta anche per il discorso di poco fa sui figli di papà. Lui di famiglia povera, diventato un grande. Grande, Giacinto.
Fu la sua immagine, quando ero piccola, su un giornale con la maglia dell'inter, una delle prima a colori, che mi mostrò mio nonno, a farmi scegliere per quale squadra fare il tifo. Io guardai la maglia, ma mi piace pensare che quella faccia in qualche modo mi abbia influenzato.
Certo è che, al di là della retorica, l'Inter di oggi ha poco o niente a che fare quell'Inter.
Per noi interisti è un giorno triste.
Dispiace, anche perchè la notizia è inattesa.
Quanto al calcio onesto dei tempi andati, mah, avrei i miei dubbi. Si sapeva di meno, tutto qui.
La cosa ovviamente non riguarda facchetti, vero gentiluomo.
No, dedalus, non parlavo dei tempi andati. Parlavo di quelli attuali. In fin dei conti Facchetti fino a stamattina era il presidente dell'inter.
Moreno, sei pure interista. Sarà la friulanità.
Sull'inter attuale, mi riferisco invece alle "spese" per gli acquisti. E a questa sorta di Harlem Glob Trotters in stile Galacticos (alla quale mancava solo la cigliegina Ronaldo per essere perfetta) che hanno messo in piedi quest'anno. Come, capite, amici interisti, al di là dei prevedibili strombazzamenti morattiani, sono molto, molto scettico sull'inter del futuro.
Preferivo Simoni e Cuper.
Scusate: io non sono interista, non me ne frega nulla del calcio anzi mi sta parecchio sulle palle. Ma questo signore mi fece sognare da ragazzino e soprattutto ha saputo mantenere uno stile che è cosa rara oggi, nel calcio, a Milano, in Italia, nel mondo. Per favore, evitiamo di invadere questo piccolo omaggio con polemiche inutili, chi lo vuole ricordare lo ricordi, chi non vuole faccia altro.
ronaldo vista l'attuale silhouette, più che la ciliegina sarebbe stato la pesca noce... comunque condivido lo scetticismo di achab sulle stagioni a venire.
dedalus, giù le grinfie da questa pagina, non es dignus!
Se non ricordo male, l'album Panini lo dava alto 1,88. Io sono 1,85 e peso 90kg circa, ovvero non sono piccolo.
Una volta ho avuto la ventura di trovarmi faccia a faccia con lui: sembrava immenso. Non so se sbagliasse l'album Panini ma a me Facchetti sembrava molto, molto più alto. E largo, largo e dritto come un fusto d'albero.
Credevo fosse immortale... peccato che non lo fosse.
alberto, ricordarlo significa anche sottolineare la sua signorilità e intrinseca differenza rispetto all'inter attuale, sprecona, e presuntuosetta. Significa ricordare che gli scudetti veri si vincono sul campo. E che i campioni migliori sono gli onesti che hanno saputo vincere.
In effetti sembrava un gigante, forse perchè erano bassi gli altri.
Era l'avversario (vincente) della juve che tifavo da ragazzino, che interruppe un solo anno la serie di vittorie interiste, allenata da un herrera di seconda mano (heriberto).
Quanto all'inter, bah..secondo me si farà fregare dal milan (che mi è parso più squadra).
Non è mai diventato un mito, nel senso che non è mai stato idolatrato. E questo è dipeso da lui: perchè non ha mai fatto "il personaggio", non ricordo una sua dichiarazione "roboante", nè in quanto a polemica, nè in quanto a ruffianeria.
Lui scelse una squadra, e non le giurò amore eterno parlando ai tifosi, non dichiarò in conferenza stampa che la tifava da quando era nato: lo dimostrò sul campo, lavorando. E' uno dei pochi calciatori parlando del quale l'accostamento della parola "lavorare" a "calciatore" non mi provoca l'orticaria: un'espulsione, una, in una carriera lunghissima, e dimostrazione statistica di un impegno sempre massimo sul campo.
Pulito.
Partito in silenzio.
Se ne è andato un grande campione e una persona onesta.
Sono 30 anni che il calcio mi ha stufato. Ma quando ho saputo la notizia, mi sono rattristato. Una delle poche (o tante? magari c'è ancora un calcio pulito) persone rispettabili dell'ambiente.
Cipe, non ci scorderemo mai di te.
Ma la sapete la storie del "Cipe"? Voglio dire perché è soprannominato così?
Herrera al primo allenamento sbagliò il nome e lo chiamò "Cipelletti", e tutti si misero a ridere come matti. Da allora, fu Cipe.
Leggete su Repubblica di oggi (oppure, se alberto riesca a metterla online, sono solo poche righe) le gaddiane parole di Gianni Brera su di lui.
Bella anche la lettera di Moratti, che non fa che confermare il mio parere: Facchetti era la "differenza" dell'inter rispetto a tutte le altre squadre, tutt'oggi. Cioè fino a ieri. Sta a noi, all'inter di oggi, saper dimostrare di esserlo ancora. Intanto vincendo sto benedetto scudetto sul campo.
Intanto vincendo sto benedetto scudetto sul campo.
aspettando godot..
di G. Mura da La repubblica on line
"Capitano di pulizia e di forza, capitano sempre a testa alta, capitano onesto e chiaro, capitano senza arroganza, voglio salutarti con un silenzio più lungo d'un minuto. E la promessa di tener conto (stavolta sì, prometto) del fatto che con gli innamorati del calcio in cui credevi ti piangeranno i coccodrilli, i topacci, i simulatori, gli imbroglioni, i trafficoni, gli squali, i camaleonti, i ladri, i bari, tutti quelli che hanno ridotto il calcio così com'è, quelli che ai nostri tempi si sarebbero vergognati a uscire di casa e adesso dettano legge e morale. Farò finta di non sentirli, capitano, è il solo regalo che ormai posso farti."
Dedalus riesci ad essere cretino anche in queste occasioni.
Ciao Cipe, saluta l'Armando per noi.
anche i francesi si sono inchinati...
Un sincero ringraziamento ad un grande avversario ... (detto da milanista). Quando un uomo è stato grande in tutti i sensi ... non esistono colori di maglia che tengano ... Grazie GIACINTO!!!
Eh, quando l'inter vinceva tutto...
http://espresso.repubblica.it/dettaglio-archivio/1212999
Vabbè, lo riporto io (x i + pigri)
Dal sito dell'espresso:
"Pasticca nerazzurra
di Alessandro Gilioli
Pillole nel caffè. Che Herrera dava ai giocatori. Molti dei quali sono morti. Un ex racconta il doping della Grande Inter. E chiama in aula tutti i campioni di allora colloquio con Ferruccio Mazzola
Sono campioni che hanno fatto la storia del calcio italiano quelli che passeranno, uno dopo l'altro, in un'aula del tribunale di Roma a parlare di doping. Come Giacinto Facchetti, splendido terzino sinistro e oggi presidente dell'Inter; o come Sandro Mazzola, Mariolino Corso, Luis Suarez. E ancora: Tarcisio Burnich, Gianfranco Bedin, Angelo Domenghini, Aristide Guarneri. Tutti chiamati a testimoniare da un loro compagno di squadra di allora, Ferruccio Mazzola, fratello minore di Sandro, che vuole sentire dalla loro voce - e sotto giuramento - la verità su quella Grande Inter che negli anni '60 vinse in Italia e nel mondo. «Non l'ho cercato io, questo processo: mi ci hanno tirato dentro. Ma adesso deve venire fuori tutto», dice Ferruccio.
A che cosa si riferisce, Mazzola?
«Sono stato in quell'Inter anch'io, anche se ho giocato poco come titolare. Ho vissuto in prima persona le pratiche a cui erano sottoposti i calciatori. Ho visto l'allenatore, Helenio Herrera, che dava le pasticche da mettere sotto la lingua. Le sperimentava sulle riserve (io ero spesso tra quelle) e poi le dava anche ai titolari. Qualcuno le prendeva, qualcuno le sputava di nascosto. Fu mio fratello Sandro a dirmi: se non vuoi mandarla giù, vai in bagno e buttala via. Così facevano in molti. Poi però un giorno Herrera si accorse che le sputavamo, allora si mise a scioglierle nel caffè. Da quel giorno "il caffè" di Herrera divenne una prassi all'Inter».
Cosa c'era in quelle pasticche?
«Con certezza non lo so, ma credo fossero anfetamine. Una volta dopo quel caffè, era un Como-Inter del 1967, sono stato tre giorni e tre notti in uno stato di allucinazione totale, come un epilettico. Oggi tutti negano, incredibilmente. Perfino Sandro...».
Suo fratello?
«Sì. Sandro e io, da quando ho deciso di tirare fuori questa storia, non ci parliamo più. Lui dice che i panni sporchi si lavano in famiglia. Io invece credo che sia giusto dirle queste cose, anche per i miei compagni di allora che si sono ammalati e magari ci hanno lasciato la pelle. Tanti, troppi...».
A chi si riferisce?
«Il primo è stato Armando Picchi, il capitano di quella squadra, morto a 36 anni di tumore alla colonna vertebrale. Poi è stato il turno di Marcello Giusti, che giocava nelle riserve, ucciso da un cancro al cervello alla fine degli anni '90. Carlo Tagnin, uno che le pasticche non le rifiutava mai perché non era un fuoriclasse e voleva allungarsi la carriera correndo come un ragazzino, è morto di osteosarcoma nel 2000. Mauro Bicicli se n'è andato nel 2001 per un tumore al fegato. Ferdinando Miniussi, il portiere di riserva, è morto nel 2002 per una cirrosi epatica evoluta da epatite C. Enea Masiero, all'Inter tra il '55 e il '64, sta facendo la chemioterapia. Pino Longoni, che è passato per le giovanili dell'Inter prima di andare alla Fiorentina, ha una vasculopatia ed è su una sedia a rotelle, senza speranze di guarigione...».
A parte Picchi e forse Tagnin, gli altri sono nomi meno noti rispetto ai grandi campioni.
«Perché le riserve ne prendevano di più, di quelle pasticchette bianche. Gliel'ho detto, noi panchinari facevamo da cavie. Ne ho parlato per la prima volta qualche mese fa nella mia autobiografia ("Il terzo incomodo", scritto con Fabrizio Càlzia, Bradipolibri 2004, ndr), che ha portato al processo di Roma».
Perché?
«Perché dopo la pubblicazione di quel libro mi è arrivata la querela per diffamazione firmata da Facchetti, nella sua qualità di presidente dell'Inter. Vogliono andare davanti al giudice? Benissimo: il 19 novembre ci sarà la seconda udienza e chiederemo che tutti i giocatori della squadra di allora, intendo dire quelli che sono ancora vivi, vengano in tribunale a testimoniare. Voglio vedere se sotto giuramento avranno il coraggio di non dire la verità».
Ma lei di Facchetti non era amico?
«Sì, ma lasciamo perdere Facchetti, non voglio dire niente su di lui. Sarebbero cose troppo pesanti». Pensa che dal dibattimento uscirà un'immagine diversa dell'Inter vincente di quegli anni? «Non lo so, non mi interessa. Se avessi voluto davvero fare del male all'Inter, in quel libro avrei scritto anche tante altre cose. Avrei parlato delle partite truccate e degli arbitri comprati, specie nelle coppe. Invece ho lasciato perdere...».
Ma era solo nell'Inter che ci si dopava in quegli anni?
«Certo che no. Io sono stato anche nella Fiorentina e nella Lazio, quindi posso parlare direttamente anche di quelle esperienze. A Firenze, il sabato mattina, passavano o il massaggiatore o il medico sociale e ci facevano fare delle flebo, le stesse di cui parlava Bruno Beatrice a sua moglie. Io ero in camera con Giancarlo De Sisti e le prendevamo insieme. Non che fossero obbligatorie, ma chi non le prendeva poi difficilmente giocava. Di quella squadra, ormai si sa, oltre a Bruno Beatrice sono morti Ugo Ferrante (arresto cardiaco nel 2003) e Nello Saltutti (carcinoma nel 2004). Altri hanno avuto malattie gravissime, come Mimmo Caso, Massimo Mattolini, lo stesso De Sisti...».
De Sisti smentisce di essersi dopato.
«"Picchio" in televisione dice una cosa, quando siamo fuori insieme a fumare una sigaretta ne dice un'altra...».
E alla Lazio?
«Lì ci davano il Villescon, un farmaco che non faceva sentire la fatica. Arrivava direttamente dalla farmacia. Roba che ti faceva andare come un treno».
Altre squadre?
«Quando Herrera passò alla Roma, portò gli stessi metodi che aveva usato all'Inter. Di che cosa pensa che sia morto il centravanti giallorosso Giuliano Taccola, a 26 anni, durante una trasferta a Cagliari, nel '69?».
Ma secondo lei perché ancora adesso nessuno parlerebbe? Ormai sono - siete - tutti uomini di sessant'anni...
«Quelli che stanno ancora nel calcio non vogliono esporsi, hanno paura di rimanere tagliati fuori dal giro. Sono tutti legati a un sistema, non vogliono perdere i loro privilegi, andare in tv, e così via. Prenda mio fratello: è stato trattato malissimo dall'Inter, l'hanno cacciato via in una maniera orrenda e gli hanno perfino tolto la tessera onoraria per entrare a San Siro, ma lui ha lo stesso paura di inimicarsi i dirigenti nerazzurri e ne parla sempre benissimo in tv. Mariolino Corso, uno che pure ha avuto gravi problemi cardiaci proprio per quelle pasticchette, va in giro a dire che non mi conosce nemmeno. Anche Angelillo, che è stato malissimo al cuore, non vuole dire niente: sa, lui lavora ancora come osservatore per l'Inter. A parlare di quegli anni sono solo i parenti di chi se n'è andato, come Gabriella Beatrice o Alessio Saltutti, il figlio di Nello. È con loro che, grazie all'avvocato della signora Beatrice, Odo Lombardo, ora sta nascendo un'associazione di vittime del doping nel calcio».
Certo, se un grande campione come suo fratello fosse dalla vostra parte, la vostra battaglia avrebbe un testimonial straordinario...
«Per dirla chiaramente, Sandro non ha le palle per fare una cosa così».
E oggi secondo lei il doping c'è ancora?
«Sì, soprattutto nei campionati dilettanti, dove non esistono controlli: lì si bombano come bestie. Quello che più mi fa male però sono i ragazzini...».
I ragazzini?
«Ormai iniziano a dare pillole e beveroni a partire dai 14-15 anni. Io lavoro con la squadra della Borghesiana, a Roma, dove gioca anche mio figlio Michele, e dico sempre ai ragazzi di stare attenti anche al tè caldo, se non sanno cosa c'è dentro. Ho fatto anche una deposizione per il tribunale dei minori di Milano: stanno arrivando decine di denunce di padri e madri i cui figli prendono roba strana, magari corrono come dei matti in campo e poi si addormentano sul banco il giorno dopo, a scuola. Ecco, è per loro che io sto tirando fuori tutto».
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