Il duello tra riformisti e sinistra radicale
SE FASSINO RESTA SOLO
di Ernesto Galli Della Loggia
Qual è il momento migliore per la sinistra riformista di muovere all'attacco della sinistra radicale? Che tra le due sinistre, infatti, in Italia come dappertutto, non possa esserci alla fine che uno stato di sostanziale ostilità è scritto nei loro rispettivi Dna, dal momento che la sinistra riformista (Diesse, Margherita, Rosa nel Pugno) ha come propria insegna la ragionevolezza empirica da un lato e il criterio di compatibilità dall'altro, mentre la sinistra radicale preferisce richiamarsi all'astrattezza ideologica e al criterio della coerenza («ciò che a noi sembra giusto deve prevalere ad ogni costo»).
Ogni vero accordo tra le due sinistre è dunque molto difficile. Lo dimostra l'accesa discussione di questi giorni a proposito della Finanziaria, così come del resto l'aveva già dimostrato, appena qualche settimana fa, il tema della politica estera. Con la differenza che mentre in politica estera con i giri di parole e le formule verbali (tipo «missione di pace») è abbastanza agevole manipolare la realtà, con le cifre non è possibile: o vincono i riformisti o vincono i radicali.
Ritornando alla domanda iniziale, è indubbio che il momento migliore che hanno i riformisti per dare battaglia è adesso, sono i primi mesi di governo. Quando si è all'opposizione o in vista delle elezioni, infatti, le due sinistre devono per forza stare insieme, allearsi, e perciò mettere la sordina ai contrasti. All' indomani della vittoria elettorale, invece, il peso del ricatto dell'ala radicale («se non fate come diciamo noi usciamo dalla maggioranza facendo cadere il governo») è assai minore: soprattutto se la fine della maggioranza elettorale volesse dire — come accadrebbe di sicuro con un presidente come Giorgio Napolitano — tornare subito alle urne. È immaginabile che Giordano, Diliberto e Pecoraro Scanio siano pronti ad assumersi una tale responsabilità?
Dunque è questo il momento più favorevole per «vedere» il bluff della sinistra radicale e metterla con le spalle al muro. È quanto ha capito meglio di ogni altro Piero Fassino, il quale con la sua intervista sulla Finanziaria dell'altro ieri è andato coraggiosamente all'attacco sostenendo la necessità del rigore (la «manovra» deve essere di 30 miliardi, ha detto) e in particolare l'opportunità di una riforma pensionistica e della spesa sanitaria che si muova in questa direzione. La presa di posizione del segretario dei diesse è caduta però praticamente nel vuoto. Tranne qualche sporadico consenso dalla Margherita, nessuna voce autorevole del campo riformista si è alzata a prendere le difese di Fassino. Né sembra molto probabile che qualcosa di simile avvenga nelle prossime ore. Eppure, se c'è un modo reale per cominciare a dare corpo al benedetto Partito democratico di cui a sinistra si parla ormai da anni, è proprio questo: provare a definirne l'identità non in astratto, girando attorno a vuote formule prive tra l'altro di qualsiasi capacità di mobilitazione, bensì costruendo una piattaforma fatta di battaglie concrete a favore e soprattutto contro.
In politica, infatti, poche cose conferiscono un' identità come gli avversari che ci si sceglie. Ora, che una formazione di sinistra come il futuro, eventuale, Partito democratico sia contro la destra, è scontato. Quel che conta è che esso sia in grado di capire che l'altro suo nemico per antonomasia è, deve essere, la sinistra radicale. Ma capirlo non basta, bisogna anche comunicarlo con chiarezza all'esterno, dirlo forte; e per farlo non c'è niente di meglio che la lotta e la polemica ideologico- culturale. Possibile che tra tanti intellettuali «democratici» non ci sia nessuno, per esempio, che voglia dare una mano a Fassino dicendo il fatto loro a Rifondazione e ai Comunisti italiani?
"gli unici", Al. anche quelli di sinistra laici e che se ne fottono della Chiesa se non al limite per invocare il Padreterno proprio solo quando sentono parlare del Partito democratico... Comunque, è meraviglioso so to say come Galli della Loggia riesca a non mettere in dubbio l'essere contro la destra della stessa formazione politica... della serie lui non abita a Milano...
Carolina
ernesto galli della loggia mescola nel torbido, è proprio quello che si vorrebbe che facessero i ds, escludere la sinistra radicale e volgere lo sguardo al centro, non è per essere ripetitiva, ma qui a moncalieri l'altro ieri si è detto esattamente il contrario, la sinistra è tutta, compresi rifondazione e i comunisti italiani.
ognuno con la propria storia, ognuno con la propria ideologia, qui nessuno deve rinnegare il proprio bagaglio di esperienze per entrare nel nuovo partito democratico ma puntare tutto su ciò che unisce e non sotttolineare solo e sempre le differenze passate ed attuali.
questo è lo sforzo da compiere per evitare la nascita di una nuova balena bianca.
maria
Maria, davvero, non voglio essere affatto polemica. Mi faccio anzi piccola piccola, come chi ha capito poco o nulla (che è vero... in effetti è talmente vero che non ho capito ancora il senso dell'appellativo "inadeguato" che i diessini di Milano hanno affibbiato a Bruno Ferrante). E ti faccio una domanda: che cos'è cambiato nel progetto del partito democratico, da quando David Bidussa temeva sarebbe stato un vuoto o deserto culturale a oggi? Non sai quanto mi abbiano impensierito quelle parole...
Carolina
carolina , la realtà milanese è molto diversa da quella torinese per tanti motivi.
1) a milano siamo all'opposizione da 10 anni
2) la classe dirigente di forza italia ha le mani ben strette sulla città, provenendo silvio berlusconi proprio da milano, dopo l'era craxi,
3) attraverso formigoni governatore della lombardia, tale potere si è allargato a tutta la regione, con forti alleanze leghiste, su temi come assegno per le scuole private, sanità pubblica ridotta all'osso, xenofobia, e prebende multiple alla chiesa a danno dei servizi pubblici.
4) dopo mani pulite, c'è stato un terremoto istituzionale e politico, la gente si è rifuggiata nell'associazionismo, nel volontariato, nel privato, la vita di partito spaventava e noi siamo stati miopi a chiuderci nelle nostre sedi pensando di salvare il salvabile, in più il partito ex pci si è spaccato in ben tre tronconi, impoverendo la rete su cui si era retto da almeno 70 anni.
quando affermo che il partito ha avuto paura del confronto con nuovi volti, ferrante uno di questi, corritore, o altri , non lo faccio a caso , anzi!
è stato il nostro neo, non so quanto condiviso,
ma la mia convinzione è che c'è stato un enorme ritardo a riconoscere i nuovi umori dell'elettorato.
se non ci credessi e non conoscessi il grande sforzo con cui molti fanno fatica ad ammettere che bisogna avere più coraggio e rischiare un po' di più , non sarei qui a scriverci e a leggerci non ti pare?
maria
sì, ti ringrazio moltissimo! quanto a Milano, ha una situazione proprio diversa dal resto dell'Italia direi. e gli stessi che si erano intimoriti adesso han trovato il coraggio? come, perché, quando? di fare cosa esattamente?
secondo me l'errore che la sinistra non deve rifare è di comportarsi da monopolista. qui è in minoranza, in Italia è in maggioranza risicatissima, labile. quindi è lei "strana", non gli altri. e deve avvicinare l'elettore, non fargli l'esame politico o attitudinale. se capisce questo, già meglio. viceversa ha ragione Alberto: Milano sarà "di destra" per i prossimi dieci anni come minimo, di che cosa ci si lamenta e perché si salta di palo in frasca inventandosi nuovi partiti? poi che cos'ha di male il volontariato? non vuol dire proprio farsi solo i propri fatti privati, e per come la vedo io spesso ha tenuto insieme il tessuto sociale milanese mentre la politica conosceva le sue "alterne vicende".
Carolina
il volontariato non ha nulla di male, anzi!
solo che ho notato una cosa purtroppo, ma è proprio nella gran parte dei loro statuti, sono apolitici e apartitici, perciò , neutrali, per mantenere inalterata questa loro veste e quindi generalmente non si espongono quando ci sono temi che possono lacerare al loro interno, poi magari alcune associazioni invece sotto sotto appoggiano questo o quel candidato, vedi che so l'associazione per la vita, contro l'aborto e la fecondazione assistita, o quella per gli emigrati dove qualcuno pensava di fare bottino, o altre simili, o quella delle casalinghe che come banderuole si spostano mò di qua mò di là.
però , poichè lo statuto prevede neutralità, apparentemente non si sbilanciano mai , e apparentemente, non cresce in parte degli iscritti vololontari, ignavi di questi giochetti sottorranei, nessuna coscienza politica nè ideologica.
maria
a volte è verissimo!!! però ci son quelli che la "neutralità" la tengono essenzialmente perché sono associazioni d'aiuto, e che sanno mettersi la mano sulla coscienza ed esporsi per contrastare cose gravi come il rischio che abbiam corso del "tutti contro tutti", le derive di autoritarismo e di razzismo e di estrema destra.
anche fra i volontari. e i giochini sotterranei e l'ignavia esistono anche fra i politici... es. con il mentire sulle "missioni di pace" o con la mancata legislazione anti conflitto d'interessi... adesso secondo me l'unica cosa che non deve accadere per alcun motivo è che qualche sciagurato della folgore torca malauguratamente un capello a un libanese... se accadesse quello infatti, mi sa che potremmo considerare di riaggiornare i nostri dibattiti fra 20 anni :-(.. ma speriamo di no insomma..
così sul pd che posso pensare? tutto l'ambaradan da Diliberto all'Udeur sta già al governo più smandruppato della storia della repubblica e, mettiamola così, io fra l'altro sono per i pacs.. :-)))
cmq, tu sei forte...
Carolina