Mamma li turchi!
I ragazzi del secondo anno all'età di sedici anni hanno iniziato a studiare il primo capitolo del romanzo più bello di Niccolò Ammaniti, uno che la fine dell'infanzia, la paura e la preadolescenza le descrive proprio bene. Pietro ha paura, è l'ultimo giorno di scuola, aspetta di vedere i cartelloni con i risultati, sa che l'ha combinata grossa però razionalmente si dice che ce la farà e che almeno un adulto lo aiuterà, che è tutto a posto. Una vocina però lo tormenta, gli fa capire che ha tutte le ragioni del mondo di avere paura e che dovrà ripetere l'anno; la scuola lo rifiuterà con quella penna rossa che grida “non ammesso”, tutti lo leggeranno, oddio, la pancia fa troppo male, il panico non lascia tregua.
I ragazzi sorridono e soffrono con Pietro, però poi non sanno, non vogliono parlare delle loro reazioni di fronte alla paura. Tutti in silenzio, dimenticavo che a sedici anni non si ha paura, o meglio, è bene che gli altri non lo sappiano; allora racconto di come mi senta io. “Ma, come, Lei?” “Perché a 30 anni non si può avere paura, secondo voi?
Figuriamoci, le paure esistono sempre, spesso le chiamiamo in un altro modo però le situazioni difficili, quelle in cui vorremmo chiudere gli occhi e dire io sono altrove, su un altro pianeta, ci sono eccome!” Bene, allora tutti a raccontare di come si soffra, ma nessuno vuole sapere il perché. Ed è giusto così, siamo in classe non dal medico né fra amici. E siamo tutti grandi.
Nell'armadietto, tre minuti dopo, c'è di tutto: e iscriviti a tal sindacato che ti proteggerà e si batterà per i tuoi diritti; e iscriviti al corso anti-stress ché si sa che la vita è dura; e i colleghi che si preoccupano perché se porti i ragazzi a Roma per una settimana a inizio novembre perderanno una settimana di lezione, che ne sarà dell'esame di fine anno, dobbiamo correre ai ripari; chi scambia l'aula A210 con me il venerdì alle 15,30 ché mi ricorda brutti momenti? (è vero, è qui che è stata aggredita), e via dicendo. E poi vedo lui, il volantino dell'assicurazione degli insegnanti, un'assicurazione che esce dai canoni tradizionali e copre gli insegnanti, soprattutto nei loro momenti di debolezza, e cioè quando perdono le staffe, dicono e fanno cose che proprio non si dovrebbero fare. Una parola di troppo, uno schiaffo, una scena di stress allo stato puro (le situazioni di cui sopra, quelle in cui si vorrebbe essere altrove…). Tutte cose che vengono qui definite “i rischi del mestiere”. Quest'anno, ci mette in guardia dai ragazzi che stanno diventando sempre più pericolosi. L'immagine è un professore circondato dai suoi studenti tutti molto sorridenti e sereni, ma lo slogan ci preannuncia che potrebbe cambiare, anzi sicuramente cambierà…
Rassicurata, prendo il treno per tornare a Parigi e cosa trovo su tutti i sedili? Centinaia di volantini di Jean-Marie Le Pen che si prepara alla corsa all'Eliseo. Foglio A4 piegato in due. C'è lui, sorridente, vestito con i colori del tricolore francese (anche se a me ricorda un po' i piloti di Air-France), lui che è la speranza per la Francia. Tutti gli slogan riguardano Sarkozy che è un pericolo per questo Paese. Sulla base, siamo d'accordo, però detto da Le Pen… Sarko è colpevole di aver attuato la discriminazione positiva che aiuta gli immigrati (dimentico che per Le Pen andrebbero tutti espulsi, non solo alcune migliaia); di non aver portato l'ordine in Corsica, nonostante le 19 gite che ha fatto in questi anni; di aver messo in pericolo la laicità del Paese, con l'istituzionalizzazione dell'Islam che permette la costruzione di moschee con le nostre tasse e la formazione di Imam grazie allo Stato francese...
Studenti, immigrati, spesso studenti immigrati, musulmani o, ancora meglio, non-cattolici, lezioni che saltano perché i ragazzi saranno a Roma a perdere tempo… ma chi dice che dopo i vent'anni non si ha più paura? A me sembra che si peggiori sempre di più. Ed è proprio vero che quando si tocca il fondo non è finita, si può sempre cominciare a scavare.