Il magnate dei media che volle farsi premier
di Danilo Taino
A fine agosto, la polizia thailandese arresta un ufficiale dell'esercito che se ne sta su un'automobile piena di esplosivo in un parcheggio non lontano dall'abitazione del primo ministro, Thaksin Shinawatra. L'opposizione denuncia il fatto come una messa in scena. Il premier accusa invece una serie di ufficiali di volerlo uccidere. Nei giorni successivi, quattro alti ufficiali — di esercito, aeronautica e marina — si appellano al generale Prem Tinsulanonda, potente presidente del Consiglio Privato del re, per protestare contro le supposte manovre di Thaksin in fatto di nomine dei vertici militari. È il segno che la situazione sta scivolando verso esiti pericolosi. Lunedì notte, voci da Bangkok parlano di movimenti nelle caserme. Ieri, il colpo di Stato e i carri armati in città.
Al centro del golpe, Thaksin, capo di un governo risultato da un voto elettorale annullato ma, dal 2001, vincitore di tre consultazioni consecutive, le prime due regolari. Un uomo che prende i voti, tanti, soprattutto nelle campagne. Ma probabilmente il thailandese meno adatto per accompagnare nella transizione verso la piena democrazia un Paese che ha vissuto 23 colpi di Stato negli ultimi decenni.
Nato nel 1949 da una famiglia cinese di mercanti di seta, Thaksin ha una lunga storia prima di arrivare alla politica. Nel 1973 entra in polizia, poi vince una borsa di studio per un'università del Kentucky. Diventa colonnello. Nell'87 si dimette per darsi agli affari: vende computer alla polizia, dove ha buoni contatti. Costruisce un impero nelle telecomunicazioni, diventa uno degli uomini più ricchi di Thailandia. Nel 1998, fonda il suo partito - Thai Rak Thai, I thailandesi amano i thailandesi. Nel 2001 vince le elezioni promettendo servizi sociali e salari migliori ai poveri. Nel 2005, vince di nuovo e il suo partito è il primo a conquistare una maggioranza assoluta in Parlamento. Stringe il controllo sulla tv di Stato, cancella programmi che ritiene «irresponsabili».
Nel frattempo, l'opposizione si organizza, accusa il governo di essere corrotto, autoritario e di governare con un conflitto di interessi gigantesco: Thaksin, di fatto, guida ancora il suo impero, oltre al governo. Nel gennaio di quest'anno, la famiglia vende il controllo della Shin Corp, telecomunicazioni, alla società di investimenti statale di Singapore, Temasek Holdings, per 1,9 miliardi di dollari tra accuse di insider trading e di non avere pagato le tasse. In febbraio, grandi manifestazioni anti- Thaksin attraversano le maggiori città. Il primo ministro scioglie il Parlamento e va alle elezioni anticipate, tra proteste e manifestazioni continue. L'opposizione alza il livello dello scontro, sceglie di non partecipare. Ma in aprile la consultazione si tiene e Thai Rak Thai sostiene di avere il 57% dei voti.
Crisi istituzionale: Thaksin promette al re Bhumibol di dimettersi alla fine delle proteste, si prende un break di sette settimane e torna come primo ministro incaricato degli affari correnti, in attesa di nuove elezioni. Le relazioni con il re si raffreddano. Il voto è fissato per il 15 ottobre ma, nei giorni scorsi, viene non ufficialmente rinviato di un mese o più. In tutto il periodo, l'insurrezione delle province del Sud, lanciata da forze musulmane radicali, cresce, semina morti (1.700 in due anni) e richiede una presenza sempre più massiccia dell'esercito. Troppo, per i militari, vecchio bastione del potere thailandese. Ieri, il colpo di Stato mentre Thaksin era a New York, al Palazzo di Vetro, in attesa di parlare da capo del governo.
Ovviamente preferite i militari golpisti e le forze mussulmane radicali del sud al cainano dagli occhi a mandorla..
Pure la thailandia è più furba di noi.Se lo sono tolto dalle palle noi lo teniamo alla cosiddetta opposizione.
meno male che ci sono i colpi di stato. perchè non ci avete pensato prima? vabbè che abbiamo un esercito da operetta, però assediare palazzo chigi con carri e camionette in pieno dominio berlusconiano vi avrebbe fatto venire orgasmi multipli, assolutamente democratici, ovviamente...
Ricordiamoci del gattopardo "cambiare tutto affinchè niente cambi".Se non ci si muove dal basso questa casta che ci governa rimarrà ancora a mangiare a spese nostre.
Stiamo ai fatti: se quello rimandava le elezioni sine die, persino un golpe chirurgico può essere l'unico modo per restaurare una democrazia. Quanto alla guerriglia del sud (che è accidentalmente anche mussulmana) meriterebbe un approccio meno grossolano, caro Dedalus.
Ma mi pare che il tema più serio sia un altro: per una combinazione di fattori, è possibile che attraverso metodi democratici, giungano al potere uomini o movimenti intrinsecamente non democratici. Con quali ricette affrontare questi casi? Cosa ha da dire il pensiero liberaldemocratico in merito? Per esempio, sotto quali condizioni consideriamo il "golpe chirurgico" una liberazione e non una oscena violenza? Fra i regimi nati dalle elezioni, ci sarà pure un punto di svolta, che sta in qualche punto fra le piccole prepotenze del sig. B. (che ovviamente non lo giustificano) e gli squadroni della morte del tardo peronismo (che ovviamente lo avrebbero giustificato, se non altro per la tutela fisica personale degli oppositori). Se l'Internazionale Socialista oggi volesse lasciare il quieto vivere e fare onore al suo nome, di questo dovrebbe ragionare.
mah... le rivoluzioni (piccole o grandi che siano) mi sa che sono la cura che fa piu' male della malattia.
Per esempio, sotto quali condizioni consideriamo il "golpe chirurgico" una liberazione e non una oscena violenza?
Vedremo presto se era un golpe "chirurgico" o un golpe tout court..
ritenere che un governo democraticamente eletto sia in realtà un tassello di un'involuzione autoritaria , e vada fermato prima che l'involuzione si compia definitivamente, è un giudizio ed un'azione che spetta agli elettori, gli unici legittimati ad intervenire con l'arma del voto.
Io ritengo che Berlusconi abbia rappresentato un rischio democratico e continui a rappresentarlo. Ma solo l'elettore è legittimato ad esiliarlo ad Arcore.
Putroppo un gran numero di elettori - la metà del paese- vuole tenersi ben stretto il grande Bellachioma. Posso capire ricchi e ricchissimi e coloro che hanno goduto delle sue infamie e che pensano ne potranno godere ancora, ma proprio non riesco a comprendere che cosa abbia in testa l'enorme numero di pensionati e lavoratori a reddito fisso che ancora lo vota e lo acclama e che sta sostenendo da sempre - ed oggi ancor di più - tutto il paese
Mah, non capisco la tua logica, @minimamoralia!
Stiamo discutendo di governi che "potrebbero" non lasciarsi più giudicare dagli elettori. Se, arrivati al giorno delle elezioni, poi le elezioni ci sono davvero, vuol dire che era doveroso non rovesciare quel governo, è ovvio. Ma se quel giorno non arivasse più? (Ad es., Taksim aveva rinviato le elezioni a data ignota).Cioè, purtroppo il giudizio deve essere emesso PRIMA che ci siano le elezioni stesse. Quindi, ci vuole una capacità di giudizio: ovvio che il sig B. non dovesse essere rovesciato (l'ho già detto), ovvio anche che esistano dei casi in cui ci si deve augurare che si intervenga prima che sia troppo tardi.
@dedalus: è stato rovesciato un governo pericoloso. Potrebbe benissimo essere che, come credi tu, sia stato sostituito da uno peggiore. Ma ciò non assolve ugualmente il governo di Taksin.
Possibile che tu veda soltanto quel che sta ad un palmo davanti a te?