Magistretti, l'addio di Milano «Firmò il design del boom»
di Pierluigi Panza
Quando, nel 1948, Vico Magistretti partecipò alla sua prima Triennale (il grande designer si è spento ieri, a Milano, a quasi 86 anni), sotto la Madonnina stava iniziando una «rivoluzione industriale». Gli architetti della rivoluzione erano Gio Ponti, i BBPR, i Castiglioni, gli artisti Guttuso e Fontana. Fontana erano anche le sorelle della moda, e ingegneri dai nomi meno noti realizzavano gli oggetti del boom: la Fiat 500, la Vespa, le macchine da scrivere per le segretarie e la motrice del treno Settebello che portava a Roma.
Magistretti bisogna piazzarlo qui, in questo punto della storia, per capire la sua fedeltà all'idea che l'arte dovesse servire l'industria per la produzione in massa di oggetti con valenza sociale. «Il design italiano è nato nel Sessanta per un impegno comune di progettisti e produzione. La produzione era in Brianza e aveva capito che non poteva più copiare le sedie del Settecento», ricordava ancora in quello che fu uno dei suoi ultimi incontri pubblici, lo scorso anno, alla mostra «Anni Cinquanta» (curata da Guido Vergani). Da qui il suo rifiuto verso il design del «pezzo unico» che sta tornando di moda in Usa e tra i giovani della generazione Erasmus («Le rotaie del tram sono design», diceva con piglio milanese, quasi in dialetto) e una certa avversità per una sola «cosa» sorta negli anni Cinquanta: la televisione.
Nato il 6 ottobre del 1920 a Milano, nel 1945 si laureò in architettura al Politecnico ed entrò nello studio del padre. «Studio piccolo — ricorda oggi il collega Mario Bellini —, perché tutto in lui era lieve, leggero. Anche quando presentava un oggetto a Cassina o ad Artemide si presentava più con idee che con disegni». Lo ricordava spesso anche lo stesso Magistretti: «Mi piaceva discutere con loro, insieme nascevano le idee».
Medaglia d'Oro alla IX Triennale nel '51, nel '56 fonda l'Associazione per il Disegno Industriale. Compasso d'oro nel 1967 per la lampada Eclisse (il suo best seller), e poi di nuovo nel '79 con la lampada Atollo, e poi di nuovo alla carriera nel '95. La sua sedia Carimate, in produzione dal 1960, è diventata il simbolo della Swinging London edei Beatles, e ha riempito pub e golf club. Ottocento i prodotti realizzati, con l'80 per cento ancora in produzione. Una dozzina i suoi oggetti esposti permanentemente al Moma di New York.
L'impressionante serie di riconoscimenti lasciò questo borghese milanese che ha reso nota Milano nel mondo sempre un «gioviale gran signore», come tutti lo ricordano, molto british,
tanto che finì al College of Art di Londra a insegnare. «Aveva davvero una grande e gioiosa eleganza e una straordinaria curiosità — ricorda il presidente della Triennale, Davide Rampello —. Lo vidi un'ultima volta per una cena a casa mia e si interessò anche delle ricette. Poi si ammalò. Aveva intuizioni geniali, come quelle della lampada Eclisse, un prodotto di massa e, al tempo stesso, un oggetto capace di un gioco artistico di luci e ombre».
«È stato il più asciutto, il più sobrio e il più severo dei designer milanesi — ricorda l'assessore alla Cultura Vittorio Sgarbi —. Ha fatto coincidere l'utile con il bello». «Per noi — ricorda ancora il designer Mario Bellini — era un modello anche come architetto. La sua casa rossa in via Solferino-San Marco resta un modello di inserimento del nuovo in un contesto urbano. Con Gio Ponti tramutò l'età del mobile d'autore in quella del disegno industriale e, più di recente, reinventò l'immagine di De Padova come ora la vediamo negli showroom del centro». Ma con malinconia Carlo Forcolini, presidente di Adi, afferma anche che era «il rappresentante di un mondo che non c'è più». A Milano Magistretti ha lasciato anche un messaggio: «Penso che anche qui vada fatto un museo del design purché sia vivo e faccia accordi con il Vitra, il Moma e tutti i grandi musei di design del mondo».
I funerali si svolgeranno domani, alle 10, presso la chiesa di Santa Maria della Passione.
Grande design degli anni '50 - '70....artisti così non ne nasceranno più. Forse adesso ci sono dei talenti in Nord Europa (vedi i disegnatori dell'Ikea), ma in Italia.....
Beh, direi che quella lampada fa parte del nostro immaginario. E spiace quando muoiono persone che hanno contribuito a migliorare i nostri gusti. Credo che i designers bravi abbiano con il tempo questa funzione: alzare il livello del gusto della gente. Ricordo De Pas, e la sua straordinaria intuizione del guantone da baseball. Immaginare una cosa così fa bene al gusto, all'estetica, fa bene a tutti.
Per chi vuole vederla, insieme ad altre belle cose, credo che ci sia ancora in Triennale il museo del design italiano. L'unico forse, e anche piccolo. Triste in un paese che ha avuto (hai ragione doctorpappina), così tanti talenti.
Vico Magistretti è morto. Giancarlo De Carlo è morto un anno fa. Potrei continuare coi nomi dei maestri che hanno segnato il design e l'architettura del secolo scorso in italia.
Hanno vissuto, insegnato a Milano. Ma questo è ininfluente. Non solo Milano è decaduta. Milano ne è il termometro per quello che ha rappresentato. Ma il declino è evidente. Ovunque. Il design, negli anni 60 era riuscito a segnare un epoca, un immaginario. Te ne accorgi trovando a volte certi film, con le loro scenografie,inquadrature, gli oggetti d'uso utilizzati, i movimenti di scena, i paesaggi urbani, i paesaggi domestici.
Anche oggi, capita di vedere la tv. Ma, trovi ciò che una volta erano sceneggiati e oggi fiction. Programmi di larghissima diffusione, che utilizzano scenografie, interni, oggetti d'uso, arredi (non mi sento di chiamarli di design), mediocri, banali, produzione industriale di massa e di bassa qualità progettuale. Interni senza spazialità, ne qualità architettonica. E diventano, modelli di riferimento per la cultura dell'abitare. Una cultura di bassa mediocrità di cui le nostre case, con i loro arredi e oggetti d'uso si stanno riempiendo (prodotti Ikea compresi). Complici anche architetti (non tutti) che scambiano l'architettura, ovvero la costruzione di uno spazio, per un assemblaggio di prodotti industriali più o meno di moda. E, destino beffardo, questa mediocrità culturale viene trasmessa, tramite ripetitori, proprio dalla città che del design mondiale ne fu la capitale. Milano.
Io ho studiato per anni la comunicazione pubblicitaria degli anni '60 ed il design relativo a quell'epoca. La nota particolare è che il design anni '60 voleva anticipare il futuro, guardava già al 2000 creando oggetti avveniristici che però oggi ci sembrano superati, ma che sono e rimangono meravigliosi prodotti dell'immaginario umano.
Cercavo notizie sulla morte di Vico Magistretti. Un amico. Un grande. Un signore. Mi piacerebbe inviarvi una mia foto con lui; una foto degli ultimi tempi, prima che si ammalasse.