I girotondi «signorsì» della destra
di Francesco Pardi
Girotondi di centrodestra li aveva già proposti qualche tempo fa Guzzanti su Il Giornale. Ma in realtà li aveva chiesti a Berlusconi, perché si decidesse a scatenare la piazza contro il governo dell'Unione. E l'idea di una mobilitazione eterodiretta già mostrava tutta la sua debolezza. Ora anche il Secolo d'Italia mette la sua voglia di girotondi di destra in prima e terza pagina. Marcello De Angelis lamenta che l'opposizione si comporti ancora come fosse al governo: smussa gli angoli, cerca la conciliazione e la trattativa. Dovrebbe invece liberare le energie di una piazza fremente: «una piazza acerba, inconsapevole ma pronta a esplodere». E nelle stesse pagine An promette girotondi contro il fisco telematico.
Già nelle intenzioni di chi li propone questi pseudo-girotondi mancano di personalità propria. Capi e partiti devono dar loro il via, altrimenti non si muovono. Ciò fa un'enorme differenza con il modello originale: il movimento era nato dalla cittadinanza e camminava sulle sue gambe. Ma c'è una contraddizione nell'interesse odierno del centrodestra per la mobilitazione popolare. Quando era al governo aveva rispolverato un'obiezione scolastica contro i movimenti: espressione di minoranze tumultuose che con la loro capacità di monopolizzare la piazza riducevano a un timoroso silenzio la maggioranza effettiva, orientata a esprimersi solo attraverso i mezzi democratici della delega ai propri rappresentanti eletti. Questo argomento tradizionale della critica liberale ai movimenti - che ha una sua dignità ma anche una sua discutibilità accademica - fu usato con gli effetti distorsivi tipici che discendevano dal possesso monopolistico dei mezzi d'informazione. Di più: con gli stessi mezzi il centrodestra provò a inscenare una rappresentazione edificante del suo movimento riempiendo più di bandiere che di persone Piazza del Popolo a Roma a sostegno della guerra preventiva in Iraq. Nello stesso giorno reti pubbliche e private oscurarono una manifestazione alternativa, confinata dal prefetto in periferia, che aveva raccolto con le motivazioni opposte il triplo dei partecipanti alla messa in scena filogovernativa.
E se si va molto indietro nel tempo, non si può fare a meno di ricordare che anche la marcia su Roma non avrebbe colto il suo tragico successo senza la colpevole benevolenza del re che ordinò al suo esercito di far passare quella banda di sovversivi foraggiati dai proprietari terrieri: espressione insomma di qualcosa di molto diverso dalla società civile, per di più sotto la protezione del potere.
Ma, tornando a oggi, non c'è ragione di preoccuparsi se una società civile di centrodestra vuole fare i suoi girotondi, purché sia civile davvero. Semmai colpisce il ricorso all'imitazione dopo tanti sghignazzi di scherno. Ma non ci sono diritti d'autore e non c'è pericolo che i loro e i nostri si somiglino. Con una riserva: per rispettare il modello dovrebbero essere del tutto pacifici ed evitare toni razzisti e guerrafondai. In ogni caso ciò che si è visto finora sembra piuttosto distante dal genuino carattere popolare che si vorrebbe evocare. La corporazione dei tassisti ha bloccato il traffico romano del tutto indifferente al disagio dei viaggiatori, che il centrodestra lamenta solo quando scioperano i ferrotranviari; in più, qualche scalmanato non ha resistito alla tentazione di picchiare i giornalisti.
Ma la caricatura più forzata è la recente manifestazione per il ponte sullo stretto, cantata ieri dal Secolo, dove la presenza dei cittadini (ma c'erano davvero?) costituiva il piedistallo su cui poggiava la piccola folla del vertice politico-amministrativo siciliano intento a travestire con motivazioni di portata mediterranea ed europea la sua avidità di commesse e appalti.
Si può confondere i girotondi di centro destra con il bisogno (fremente direbbe De Angelis) del sottogoverno? Sembra di sì. Anche perché il centrodestra sembra incapace di nutrire un autentico protagonismo civile. La sua platea sociale si muove, quando si muove, agli ordini dei rispettivi partiti (e allora genera farse infantili come quelle dei cortei fluviali dietro l'ampolla con il Dio Po) oppure risponde al comando del padrone, che in questo caso è uno solo, microfono in mano su sfondo azzurro.
In realtà c'è un ceto medio riflessivo di centrodestra. Le elezioni politiche non l'hanno rivelato perché - forse orientato questa volta a non votare - è stato spaventato dalla prospettiva di un centrosinistra rivolto solo a tassare tutto e tutti: certezza imposta dal monopolio televisivo, che l'Unione non ha saputo dissipare. Ma questa è una congettura interpretativa che può restare nel limbo. Infatti, che un ceto medio riflessivo di centrodestra esista è dimostrato dal voto referendario. Il superamento del 54% tra gli aventi diritto al voto, e il 64% dei no alla riforma non sarebbero stati possibili se una porzione, non vasta ma significativa, dell'elettorato di centrodestra non avesse votato seccamente contro la volontà dei propri partiti. Ha saputo distinguere tra il voto di schieramento politico e il giudizio sul quadro costituzionale. Né si è fatto incantare dal miraggio del premierato forte. È un fatto di grande rilievo, confortante per la democrazia.
Non sappiamo se quegli elettori di centrodestra faranno girotondi. Forse mai, ma non c'è bisogno che si facciano vedere in piazza per farci capire che il loro girotondo alla rovescia l'hanno fatto nell'urna quando, piccola minoranza nella nostra grande maggioranza, hanno incenerito insieme a noi la distorsione della Costituzione.
Di solito i girotondi -intorno alla rai- li fanno i perdenti che devono sbaraccare, guidati magari dai papponi uscenti. Lo ha fatto la sinistra (ex a.d. e presidente rai in prima fila) lo farà la destra ora.
E' una farsa ignobile, come, peraltro, quasi tutto quello che accade in questo paese.
Sei bello tu