Il pastone immortale
«La cronaca non ha uno spazio esagerato, il tono è asciutto e misurato. Solo che a un certo punto lo spavento è arrivato. Quando è partito il pastone. Non più il panino classico, inventato per dare l'ultima parola alla maggioranza di governo. Ma il pastone: una sorta di ecumenico passa-parola parlamentare dove si commenta una notizia da parte di tutte le forze politiche. Due minuti e qualche secondo di pastone sulle intercettazioni. Che inizia con Antonio Di Pietro, e va avanti con tutti gli altri. Fino a Lusetti, Cicchitto, Gasparri e il presidente del Senato Franco Marini. Quello classico, quello tipico del Tg1, quello che dura da ben più tempo dei dodici anni dell'era Mimun, ma sta lì eterno, inamovibile, come una malattia inestirpabile e noiosa, un nocciolo duro e sacro del doroteismo silente e sommerso. Possibile che Riotta, l'americano, ha deciso di soccombere al curiale e sempiterno pastone? Se un telespettatore si fosse collegato al tg in quel momento non avrebbe colto una differenza con i dodici anni precedenti». Cotroneo commenta il primo tiggì dell'epoca Riotta. Il tempo passa, ma l'indigeribile pastone politico rimane.
da l'Unità del 26 settembre 2006
Riotta il nuovo non avanza
di Roberto Cotroneo
Dodici anni non sono uno scherzo. Sono tre campionati mondiali di calcio, il tempo per un bimbo di passare dai pannolini alla seconda media, il tempo del pianeta Giove di fare una rivoluzione completa attorno al Sole. Dodici sono i segni dello zodiaco. Dodici erano gli apostoli.
Dodici gli anni di Mimun alla direzione di un Tg: il Tg2 e il Tg1. Al Tg1 dal 2002, dunque da quattro anni. Ma da ieri, Gianni Riotta ha aperto il nuovo ciclo al Tg1 e ha firmato il suo primo Tg da direttore.
Diciamo che la giornata di ieri ha avuto due fasi. Un primo tempo e un secondo tempo. Il Tg1 delle 13.30 si è aperto con l'incontro del Papa con gli ambasciatori dei paesi islamici. Seconda notizia le intercettazioni e il caso Telecom. Con un servizio dedicato a Guido Rossi. Terzo tema, la guerra in Iraq.
Dove si metteva in evidenza che la guerra a Saddam Hussein ha alimentato il terrorismo internazionale. Quarta notizia il tema dell'eutanasia. E a seguire la cronaca, con la storia di Maria, la bambina bielorussa, con una statistica sugli incidenti stradali, con un servizio su due omicidi, quello della ragazza di Torino, e del portiere di notte di Bologna, con un rapido accenno al caso Cogne, con il processo rinviato. Un'intervista a Luca Zingaretti su un film che sta girando. E due servizi su programmi di Rai Uno, in coda al Tg. Il ritorno di "Porta a Porta" di Bruno Vespa, i buoni ascolti di "Affari Tuoi" e infine i dati auditel della fiction su Joe Petrosino. Ho omesso un servizio sull'Inter e il campionato e poco d'altro. Detta così, la scansione significa e non significa. Nel senso che c'è un'attenzione maggiore alla politica internazionale, ma per ora sono cose di cui si accorgono solo gli addetti ai lavori. Tutto il Tg mostra un interessa alla politica non ossessivo. Prodi, per fare un esempio, non viene mai nominato per tutto il telegiornale, a parte una sola volta dove chiamato "il presidente del Consiglio". La cronaca non ha uno spazio esagerato, il tono è asciutto e misurato. Solo che a un certo punto lo spavento è arrivato. Quando è partito il pastone. Non più il panino classico, inventato per dare l'ultima parola alla maggioranza di governo. Ma il pastone: una sorta di ecumenico passa-parola parlamentare dove si commenta una notizia da parte di tutte le forze politiche. Due minuti e qualche secondo di pastone sulle intercettazioni. Che inizia con Antonio Di Pietro, e va avanti con tutti gli altri. Fino a Lusetti, Cicchitto, Gasparri e il presidente del Senato Franco Marini. Quello classico, quello tipico del Tg1, quello che dura da ben più tempo dei dodici anni dell'era Mimun, ma sta lì eterno, inamovibile, come una malattia inestirpabile e noiosa, un nocciolo duro e sacro del doroteismo silente e sommerso. Possibile che Riotta, l'americano, ha deciso di soccombere al curiale e sempiterno pastone? Se un telespettatore si fosse collegato al tg in quel momento non avrebbe colto una differenza con i dodici anni precedenti.
Per capire se il pastone reggerà per tutto il giorno bisogna aspettare il telegiornale delle 20.00, e da quello delle 20.00, quello canonico e istituzionale, ci si possono aspettare due cose. Un editoriale del direttore, visto che erano quattro anni che non ne arrivava uno nuovo (e visto che l'editoriale di addio Mimun lo aveva fatto ieri sera), e l'affondamento dei politici che commentano da un versante all'altro del transatlantico tutte le notizie possibili.
Alle 20.00 il Tg1 accentua il taglio sugli esteri. C'è un'intervista a Henry Kissinger, c'è un servizio sulla tragedia del Darfour, c'è la vicenda Telecom e le intercettazioni. Ma il pastone rimane ancora. Spezzato in due servizi, anziché in uno solo e un po' asciugato rispetto a quelle delle 13 e 30. Ma rimane quella sfilata di volti, spesso quasi sconosciuti anche agli addetti ai lavori. È chiaro che le resistenze della politica sono fortissime e le pressioni ancora resistono. È chiaro che bisogna avere pazienza, che forse non si cambia una macchina pesante come il Tg1 in un solo giorno. Tra un'immagine scioccante dei seviziati nel Darfour, il malato di sclerosi laterale che può solo muovere gli occhi, e le notizie di cronaca nera, il viso che appare di più è ancora quello di Mastella (4 volte), Bonelli (2 volte), Bartolini (2 volte). E mentre le immagini scorrono verso i temi più leggeri ci si rende conto che l'editoriale del nuovo direttore non ci sarà.
Ora sono due le domande. Perché ha rinunciato all'editoriale, e perché non ci ha tolto il pastone dal primo numero del Tg1 firmato Riotta? Logica vuole che l'editoriale mancato sia un suo modo per sottolineare una sorta di low profile, di una direzione all'americana dove il direttore non si mostra in video, ma si tiene un passo indietro. E possiamo anche comprendere che l'assenza di editoriale d'ingresso voglia suonare come una nota di polemica implicita con il suo predecessore, ingombrante anche nel suo modo di uscire. E vogliamo pensare che il pastone verrà tolto con calma, per non entrare nei perversi e complicati equilibri del Tg1 come un elefante in un negozio di cristalli. Riotta, dal canto suo, assicura che lo abolirà. E prima di quanto si creda. E sarebbe bello non vedere più quelle immagini di segretari di partiti, deputati, senatori e capigruppo, di tutti i tipi e di tutte le percentuali che non sempre hanno da dire qualcosa che giustifichi la loro presenza alle 20.00 ogni santo giorno e che non sopportiamo più.
Certo, nessuno può giudicare il lavoro di una persona dal primo giorno, sarebbe affrettato e ingiusto. Però, pazienza per l'editoriale, ma il pastone doroteo Riotta ce lo deve togliere, sennò ci rimarrà la sensazione che non sia cambiato ancora nulla.