Una testa, un voto per il Partito democratico
di Salvatore Vassallo
Il conto alla rovescia è iniziato. A Orvieto i leader dei Ds e della Margherita hanno preso, insieme con Romano Prodi, l'impegno di dar vita al Partito democratico, cominciando sin da subito a costituire gruppi consiliari comuni in tutte le regioni e presentandosi d'ora in poi agli elettori sempre e solo con il simbolo unitario dell'Ulivo. Si tratta di una innovazione straordinaria per la politica italiana.
Proprio perché il dado è stato tratto, a Orvieto si è aperto un confronto vero, destinato con tutta probabilità a durare anche oltre la fase transitoria, tra concezioni diverse del nuovo partito, le quali toccano, sotto tre profili fra loro collegati, le forme della democrazia interna.
Si è molto discusso, innanzitutto, del ruolo che nel nuovo partito dovranno avere, rispettivamente, gli aderenti e i quadri. Qui il nodo è se il Partito democratico debba aprirsi alla partecipazione di una larga platea di cittadini, rendendo facile l'adesione e attribuendo a chi aderisce la possibilità di influire direttamente sulle principali scelte riguardanti l'indirizzo politico e, dunque, la leadership. Oppure se questa prospettiva sia velleitaria, oltre che pericolosa, in quanto metterebbe a repentaglio le risorse organizzative e il patrimonio di relazioni intessute nel corpo degli attuali partiti. Se debba contare di più il consenso che i leader hanno presso il circuito più ampio dei sostenitori oppure tra i militanti e tra i quadri. Un secondo nodo riguarda il ruolo della leadership. Se, come nei grandi partiti europei, il leader del partito debba essere considerato anche il naturale candidato alla guida del governo o se, invece, come nell'Italia della Prima Repubblica, i ruoli di partito e quelli istituzionali debbano essere tenuti tendenzialmente distinti.
Un terzo nodo riguarda infine le modalità del processo costituente. Secondo alcuni, per dare vita al nuovo partito sarebbe sufficiente un patto privato tra i dirigenti di Ds e Margherita che, magari cooptando qualche «esterno», ne nominerebbero gli organismi direttivi. Secondo altri questo patto, pur necessario, dovrebbe essere sottoposto al consenso di una platea, sperabilmente vasta, di aderenti, chiamati anche a eleggere direttamente il primo presidente del Partito e i componenti dell'Assemblea costituente che dovrà redigere le regole della democrazia interna.
Personalmente ho dato voce alla posizione di chi crede a un partito aperto, che valorizzi il pluralismo culturale ma che sia anche in grado di esprimere un chiaro indirizzo politico e una solida leadership. Un partito che, come stanno facendo tutti i grandi partiti europei, attribuisca agli aderenti il potere di scegliere direttamente il leader. Un partito che nasca sulla base di adesioni individuali, non mediate dai partiti esistenti, e onori sin dall'inizio l'aureo principio «una testa, un voto».
Il documento di sintesi prodotto da un gruppo di lavoro molto partecipato, conclusosi alle prime ore di sabato 7, accoglie queste linee guida. Gli interventi di personalità autorevoli come Ciriaco De Mita e Pierluigi Castagnetti, ma soprattutto quello di Massimo D'Alema, che ha parlato nel pomeriggio dello stesso giorno, sono andati in direzione opposta.
Il bilancio complessivo è in ogni caso, a mio giudizio, molto positivo. Ci si poteva forse attendere che emergessero indicazioni più precise sul calendario dei prossimi passaggi, ma sono stati comunque presi impegni non revocabili e, con poche eccezioni, i presenti hanno di fatto appeso alla realizzazione del progetto la loro reputazione. I nodi cruciali riguardanti la forma del partito e il metodo della transizione non sono stati sciolti, ma sono stati quanto meno identificati. La discussione su questi aspetti è stata avviata e continuerà.
Ma che partito unico, che non ci sono due argomenti sui quali vanno d'accordo; a partire dalla laicità dello stato che è elemento fondante di tutte le sinistre democratiche europee.
"Un partito che, come stanno facendo tutti i grandi partiti europei, attribuisca agli aderenti il potere di scegliere direttamente il leader. Un partito che nasca sulla base di adesioni individuali, non mediate dai partiti esistenti, e onori sin dall'inizio l'aureo principio «una testa, un voto». "
E' quello che vado dicendo io nei commenti di questo blog da settimane.
Primarie per la costituente del PD con contestuale iscrizione al partito e poi votazione diretta da parte di tutti gli iscritti dei segretari a tutti i livelli.
I problemi del nostro sistema politico sono trasversalmente similari e complicati.
Nelle mie ricerche su Internet mi sono imbattutto su soluzioni di vario genere; quella, a parere mio, più semplice, più facile da applicare, più trasversale, più sentita dalle basi dei partiti è quella sintetizzata nel sito:
www.
legalizziamoipartiti
.com
Mi spiego meglio:
1) I partiti devono essere costretti a eleggere i propri organi almeno un volta ogni 2 anni
2) Le candidature di qualsivoglia organo o carica devono essere ufficializzate (depositate) e normate con meccanismi che consentano a chiunque di presentarsi.
3) Distribuzione delle responsabilità oggettive delle cariche. Si rende necessario perchè i partiti gestiscono denaro proveniente dal finanziamento pubblico e da altre fonti.
4) Presentazione annuale di bilanci COMPLESSIVI, ovvero comprendenti le attività accessorie.
In altre parole si tratta di rendere i partiti non più delle associazioni privatistiche ma delle associazioni regolamentate per legge!
Ci sono state molte proposte, dal 46 ad oggi, provenienti da tutto l'arco costituzionale.
Purtroppo sono rimaste tutte ferme in Parlamento.
Per non aver i cialtroni al potere è necessario il ricambio e la selezione naturale delle classi dirigenti dei partiti.
Se non vi è democrazia nei partiti, non vi potrà essere democrazia nel paese.
Questo vale per l'efficienza, la meritocrazie, il valore morale, il rispetto delle regole, ecc. ecc.
RIPETO: questo è il sistema più semplice ed indolore per superare la crisi politica di questo paese.
Ci sono altre strade ma sono più lunghe e laboriose. Sono strade che comunque porterebbero anche alla disgregazione per logoramento del tessuto sociale italiano!