Io io libro di pansa (la grande bugia l'ho letto).
Quello che non capisco -in tutta franchezza- è perchè ci sia tanta resistenza ad ammettere che, dopo la guerra, ci siano stati (e il fatto è dimostrato) dei veri e propri "squadroni della morte" che liquidavano fascisti, pseudo-fascisti e avversari personali. Non è che per questo il valore della resistenza cambi o si annulli.
Il problema è stato che dopo sono venute fuori complicità ed omertà..
Direi comunque che prima di essere assaliti dai conati di mal di pansa e di lesa resistenza uno i libri dovrebbe leggerli e cercare di verificare se sono credibili o no. Quest'ultimo di pansa, peraltro, è dedito più alle reazioni attuali (bocca, aniasi etc.) ai precedenti che ad un elenco di malefatte degli ex-partigiani.
a proposito, segnalo questo link:
http://www.gennarocarotenuto.it/dblog/articolo.asp?articolo=760
Ottimo wu ming. Strano che non si dedichi alla frignata del ceto medio come devono fare i veri sinistri cazzuti come aleph, quelli che sfileranno coi camerati pansa, storace, mussolini e fiore fra qualche settimana.
Pansa comunque arriva in ritardo, scopre l'acqua calda scambiandola per vin brulè. Gli avvenimenti da lui riportati sono già stati affrontati dalla storiografia seria, nel contesto giusto e con gli strumenti giusti. La storia ha bisogno di storici, non di giornalisti attempati nel frustrante periodo dell'andropausa galloppante, che cercano lo "sgoop" enfatizzando, decontestualizzando, stravolgendo.
Pansa è un giornalista che ha riscontrato per decenni la propria credibilità, ma rivelando cose che non fan comodo a una certa parte politica, si attira gli sputi.
E poi ovvio che siamo sempre lì, sullo stesso principio del "non la si pensa come me, si dicono falsità storiche ampiamente dimostrate".
Wu Ming chi è? Chi sono? Che han dimostrato oltre a parlar male del sistema e prendere i soldi da Berlusconi?
E non cominciamo col dire "sì, però" ecc.
Han preso i soldi da Berlusconi. Pubblicato per lui. Io guardo le cose pratiche.
Pansa non ha capito o fa finta di non capire che può scrivere tutti i libri che vuole sui crimini dei partigiani o degli antifascisti ma la sostanza storica non cambia.Chi ha cominciato?Chi ha instaurato la dittatutra in italia?Chi ha ucciso Matteotti? Chi ha ridotto al silenzio tanta gente con la violenza l'intimidazione,l'esilio?Chi ha mandato in guerra il paese?Se uno inizia la violenza è naturale che quella violenza alla fine gli si ritorce contro.Questo il signor Pansa non lo scrive.Se un capetto fascista avesse picchiato lui e la sua famiglia o ne avesse ucciso un membro lui che cosa avrebbe fatto?Può scrivere tutto quello che vuole ma io sputo su tutti quei coglioni che hanno aderito al fascismo e sono morti e sono morti DALLA PARTE SBAGLIATA non hanno scuse punto e basta.
Questa sera Pansa è stato anche intervistato dal TG5. Un grande.
Finalmente un uomo di sinistra che non ha paura ad ammettere le nefandezze e le bestialità compiute dai partigiani, che la sinisra radicale vorrebbe far passare come eroi senza macchia, invstiti da un' aurea quasi sacrale.
Finalmente una voce di protesta contro chi vorrebbe imporre l'assoluta bontà dei partigiani come un dogma religioso.
Un libro coraggioso il suo ultimo, come i precedenti.
E come sempre, come chi annuncia pubblicamente la verità storica dei fatti, andando finalmente controcorrente, contro la versione falsata imposta con la forza e l'intimidazione dai "vincitori" (si fa per dire), non può che beccarsi una caterva di critiche e insulti da chi vuole continuare a mascherare in eterno la vergognosa realtà di una parte della Resistenza.
Anche Napolitano, che pure dovrebbe fare ammenda a vita per il suo avallo della repressione sovietica del 1956, ha ammesso i lati oscuri della resistenza.
E ora che cominci a venire fuori la verità ; e il fatto che la stia portando avanti un uomo di sinsitra, fa ben sperare per il futuro.
Speriamo che Pansa continui così. A costo di riempire di ulcere gli infastiditi comunisti moderni, che si irritano (vedi this blog) alla minima critica che viene rivolta alla Resistenza. Che avrà fatto tanto, contribuito alla liberazione del paese, ma come si dice...non è tutto oro quello che luccica.
Per l'ottimo Trombetta: chi ha cominciato? Ma Adamo ed Eva, ovviamente. Facendo qualche piccolo salto logico/cronologico posso asserire inconfutabilmente che Hitler nacque per colpa loro...
Pansa fa un'operazione di VERITA', gli eccidi e gli stupri da parte di alcuni partigiani ci sono stati.
Un conto è stato l'anti-fascismo e la lotta di Liberazione, un conto gli errori ed orrori che qualcuno compiva durante la guerra pur combattendo dalla parte giusta.
Ammetterli è un atto di forza, non di debolezza.
Chi ha la coscenza sporca ha paura, tutto qua.
Vabbè, qui facciamo davvero a non capirci.
Certo che la guerra e la resistenza (o guerra civile) sono state provocate dal regime fascista e dai nazisti; come è certo che è un bene che abbiano perso. Pansa, che peraltro è uomo di sinistra, questo lo ripete e lo da' per scontato.
Quello che è vergognoso (e comincio davvero a pensare male, a partire dall'intervento di carotenuto; che non è quello di "febbre da cavallo") è il veleno, la stizza, il mal di "pansa", il tono da tabù violato di fronte all'elencazione di fatti che, come hanno detto alcuni (storici comunisti compresi) per molti versi erano già noti.
Ora è vero che bertinotti a dichiarato ieri a budapest che la verità era dalla parte degli insorti del '56 ed il papa precedente ha ammesso che forse galileo e copernico non avevano tutti i torti etc. etc. però sulla resistenza persiste una sorta d'indignazione preventiva su qualunque tentativo storiografico "non autorizzato".
Il motivo -una volta- era chiaro: la resistenza era il mito fondante che permetteva la legittimazione "democratica" del Pci; ma oggi, francamente, è solo pura stizza, mitologia, affetto per una visione delle cose tramontata (e che neanche tranfaglia, stamattina sulla 7, difendeva più di tanto).
Che altro può giustificare i "mal di pansa" di Wuming o carotenuto?
Aggiungo per i fasci (o i vinti).
La cattiveria dei vincitori -o almeno: della parte comunista- nulla leva alla carognaggine nazi-fascista. Quello che si è capito non è che i fascisti erano buoni, ma che molti comunisti erano cattivi come loro. Detta proprio in soldoni.
"Anche Napolitano, che pure dovrebbe fare ammenda a vita per il suo avallo della repressione sovietica del 1956:" L'ha già fatto, bestia! Ma cos'altro deve fare il "migliorista"? Mettersi una scopa nel culo e ramazzarvi la stanza? Se Napolitano fa ammenda o lo si ignora o si sghignazza, se Fini fa una sparata sul colonialismo ecco che le anime belle della "verità storica senza se e senza ma" si impegnano in 3pli salti mortali logici per difendere o almeno giustificare il conato neofascista dell'ex vicepremier.
"A costo di riempire di ulcere gli infastiditi comunisti moderni, che si irritano (vedi this blog) alla minima critica che viene rivolta alla Resistenza."
I fatti oscuri che avvennero durante la resistenza sono stati già affrontati dalla storiografia. Criminalizzare la resistenza per quegli accadimenti è quello che fanno Pansa e i pubblicisti o giornalisti della sua risma, incitati da bubbidoli, mastini, italici, dedali e da quant'altro appartiene alla colorita fauna neo-teo-ateo-masso-fascio-lego-mafio-cristo-con.
darth wanax, secondo me Pansa non sta "criminalizzando la Resistenza".
Che venga preso a pretesto da qualche facinoroso fascista, è un'altra storia.
Io dico solo che se ammettiamo i pochi crimini dei comunisti e chiediamo ai fascisti di ammettere tutti i loro, alla fine chi perde sono i revisionisti di Destra, visto che basta contare i morti nella campagna di Russia dell'ARMIR: 100.000.
Poi qualche revisionista fascista può metterci dentro le foibe o i 20 morti di Porzus.
Ma 100.000 morti dovuti a zio Benito sono 100.000.
I numeri contano!
Criminalizzare la resistenza per quegli accadimenti è quello che fanno Pansa e i pubblicisti o giornalisti della sua risma, incitati da bubbidoli, mastini, italici, dedali e da quant'altro appartiene alla colorita fauna neo-teo-ateo-masso-fascio-lego-mafio-cristo-con.
Beh, a parte lo stile colorito ed una certa vaghezza mentale, mi sembra la tipica difesa del sindaco di qualche piccolo borgo quando avviene un omicidio di rilevanza nazionale: non dobbiamo criminalizzare carugate di sotto!
Mi piacciono poi gli epiteti, gentaglia di una "risma" etc. etc. e qui viene da pensare a qualche vecchio preside di liceo.
Ma chi criminalizza? Cerca di capire la storia. Quella della resistenza, delle sue componenti, del partito comunista.
Poi, sono d'accordo, si fanno i mea culpa cinquantanni dopo (o secoli, come la chiesa). Ma è roba ridicola, tanto per mettere il naso al vento e mantenere qualche posizione di prestigio.
Era destino che questo post venisse monopolizzato dai neoliberisti "liberi pensatori" Dedalus e Moreno Puiatti.
achab perchè ti costa tanto che accanto a gente onesta (e ne ho conosciuti tanti, Mario Bettoli, ad esempio), qualcuno si sia fatto prendere la mano. La guerra tira fuori il peggio delle persone, giudicare col senno di poi è sempre difficile.
La Resistenza è stata importante, ma è assurdo mettere del fango per coprire una ferita aperta, meglio disinfettarla e curarla, altrimenti i bubboni scoppiano anche da piccole ferite.
Puiatti non entro nel merito, puoi anche avere ragione. Trovo solo divertente che vi siate trovati a parlarne tu e dedalus: non so perché, ma ci avrei scommesso.
Perchè altri non ne vogliono parlare affatto; anzi: si seccano se se ne parla. Curioso, no?
Curiosissimo.
C'è gente che sulla retorica della Resistenza e l'antifascismo ha costruito una "carriera politica" e magari manco l'ha fatta la Resistenza.
Da Togliatti che se ne stava col culo al caldo a Mosca a Oscar Luigi Scalfaro che a Novara per i partigiani chiedeva la condanna a morte come pubblico ministero della Repubblica Sociale.
C'è gente che dopo avere contribuito allo sterminio in massa degli ebrei, dall'Italia, si nascosta per beninio, fino ad arrivare ai giorni nostri. Magari facendo pure carriere.
Piantatela di vaneggiare baggianate da Giuliano Ferrara. Non è nemmeno più di moda.
Scusami achab, ma il culto della personalità di Togliatti non rientra nei miei schemi mentali.
Non sono dotato del microchip al cervello che impiantavano alle Frattocchie.
Ce ne sono ancora?
O c'è uno nuovo che prevede di non sapere un tubo della storia del PCI dal Congresso di Livorno al 1956, ma di incazzarsi tanto se se ne parla?
Sono entrambe vere, le cose che dite.
E non capisco perchè achab s'innervosisca.
Il problema vero è che la democrazia italiana deve essere fondata sugli ideali democratici, non sul culto della resistenza, che democratica fu solo parzialmente.
Tutto qui.
Già, infatti i valori democratici e la democrazia sono caduti come zucche dal cielo una mattina.
mentre in francia e in yugoslavia i fascisti e i collaborazionisti dopo la guerra furono messi al muro senza tante storie (e fucilati), qui in italia, purtroppo, continuarono a fare i giudici, i carabinieri e i funzionari di stato a tutti i livelli.
la sola colpa del picci' fu l'avallo togliattiano all'indulto e aver frenato le giuste esecuzioni popolari del 45, mettendo secchia in un angolo.
e delle blaterate del pansa di turno non me ne impippa na lippa
Puiatti, non ci capiamo. Io i crimini commessi da alcuni partigiani li conosco benissimo, sono anni che leggo tantissimo. Riconosco (perché le conosco) in questo senso anche le colpe del regime Jugoslavo nell'immediato dopoguerra, da Kočevski Rog a Goli Otok, dal massacro di Pliberk fino ai processi di "Dachau".
Ma attenzione: ogni accadimento bisogna contestualizzarlo, inquadrarlo, conoscerne i prodromi, gli antefatti, cercare di capire cos'è e perché è accaduto etc.
Tu citi Porzus: dovresti sapere che i fatti non si sono svolti così come li descrive la pubblicistica revisionista, che sorvola totalmente la connivenza (o se vuoi non belligeranza) degli osovani con i reparti fascisti in vista dell'istituzione di un fronte comune anticomunista e antijugoslavo, le ripetute denunce da fonti alleate riguardo la presenza di spie nel reparto in seguito sterminato (tutte probabili cause dell'esasperarsi dei rapporti coi garibaldini). Dall'altra parte a sinistra si assiste ad un pietoso scaricabarile, riportando la falsa notizia, che l'eccidio fu ordinato dall'esercito sloveno. La pubblicistica revisionista pone piuttosto l'accento sulla politica espansionista jugoslava come causa prima dell'eccidio, trascurando il fatto che a ridosso dei luoghi teatro degli scontri sta la Slavia Veneta, popolata -allora- da un 90% di Sloveni su 30.000 abitanti circa; dunque se "espansionismo" vi fu, sicuramente riguardava le terre, che i partigiani consideravano "irredente" e da redimere.
PS La storia diede ragione ai partigiani jugoslavi: subito dopo la guerra (fino a 10 anni fa, ma principalmente nel periodo '50-'60 principalmente)infatti la Gladio, composta da repubblichini e osovani (organizzazione "O") continuò e talvolta inasprì, appoggiata in pieno dallo stato italiano, le persecuzioni nei confronti degli Sloveni nella provincia di Udine, il cui numero, vuoi per l'emigraiozne "favorita", vuoi per l'assimilazione forzata (corredata da sporadici omicidi), vuoi per l'assimilazione "accettata", obtorto collo e non, si è ridotto al giorno d'oggi al lumicino.
Un eccidio in effetti vi fu, ma non si svolse con le modalità presentateci dalla pubblicistica: un gruppo di incolpevoli, nobili e di bianco vestiti patrioti massacrati da dei truci traditori al soldo di una delle peggiori gangs di assassini della storia.
E' compito della pubblicistica divulgativa semplificare i risultati delle ricerche storiche. E compito della pubblicistica di parte sdoganare la propaganda altrimenti non divulgabile.
E qui mi fermo. La conoscenza storica media in Italia è stata già compromessa da decenni di silenzi e da anni di revisionismo "interessato". Ho già cercato diverse volte, con Italiano e Kaiser mi pare, di apportare dei dati oggettivi alle mie asserzioni, guadagnando come ricompensa il titolo di "nazionalista slavocomunista" oppure "negazionista (delle cosiddette "foibe" ovviamente)".
Non interverrò più riguardo a questo post, dunque non chiamatemi in causa per eventuali repliche.
Diciamoci la verità: i crimini commessi dai partigiani dopo la fine della guerra non sono stati abbastanza.
I fascisti andavano sterminati ed avremmo un paese decente.
Punto e basta.
Se questo qua sopra è un diessino, stiamo a posto, non oso pensare a chi vota Fausto.
Per Darth Wanax: non era mia intenzione offenderti e non credevo di averlo fatto.
Condivido alcune affermazioni di darth wanax, conosco benissimo il Friuli e la giustificazione su base etnica dell'eccidio di Porzus è una stronzata: Mario Toffanin (Giacca) e gli altri della Garibaldi erano in gran parte Italiani.
L'eccidio avvenne per degli screzi su una fornitura d'armi che gli Inglesi avevano promesso anche alla Garibaldi e che erano stati invece dati completamente alla Osoppo.
Su dietrologie di accordi tra osovani e tedeschi, ci furono degli accordi di non belligeranza per evitare morti da entrambe le parti, non sicuramente delle alleanze anti-comunsite o anti-sovietiche, quello avvenne negli anni successivi.
Questa è la "giustificazione ufficiale" di parte, la realtà è che fu un semplice fatto limitato tra ragazzi in armi imbarbariti dal sangue che scorreva a fiumi in quegli anni.
L'emigrazione favorita dell'etnia slava invece è una palla clamorosa, in tutto il Friuli negli anni '50 ci fu una emigrazione "naturale", anche da parte italiana.
E se c'è una regione in cui le minoranze vennero tutelate con leggi speciali (autonomia, etc.) fu proprio il Friuli.
Già, infatti i valori democratici e la democrazia sono caduti come zucche dal cielo una mattina.
Beh, sicuramente non li hanno portati i partigiani comunisti (che democratici, ad essere gentili, lo sono diventati negli settanta).
Tanto per cominciare prima del fascismo esisteva già una democrazia, che era figlia del risorgimento, che era figlio dell'arrivo in italia di napoleone, che era figlio della rivoluzione francese e del secolo dei lumi.
La democrazia, comunque, era già nota dai tempi dell'antica grecia.
Comunque non vi siete mai chiesti perchè tutte le pagine peggiori della resistenza vedono sempre protagonisti i partigiani comunisti e mai quelli bianchi, gli azionisti e i cosiddetti badogliani?
mentre in francia e in yugoslavia i fascisti e i collaborazionisti dopo la guerra furono messi al muro senza tante storie (e fucilati), qui in italia, purtroppo, continuarono a fare i giudici, i carabinieri e i funzionari di stato a tutti i livelli.
Un esempio classico di repubblichino di sinistra; ha gli stessi valori di quelli di salò.
Bastava solamente che agli ex gerarchi Fascisti fosse impedito di prendere posto in istituzioni importanti quali le forze armate, era una questione di buon senso. Non avremmo avuto collusioni eversive così forti negli anni seguenti, capaci di destabilizzare lo stato fino al punto di pagare le conseguenze fino ad oggi passando dagli anni 60, 70 e 80. Questo lo ritengo il peccato originale della Repubblica Italiana, un errore grave che altre nazioni ben più lungimiranti non hanno commesso.
Pansa dice cose vere, sacrosante sia dal punto di vista dei vincitori che dei vinti ma per una persona che abbia conoscenza di cos'è stata la storia dell'Italia del dopo guerra, il giudizio storico di certi atteggiamenti non cambia molto.
Ripeto, le merde che mandavano gli ebrei ed i soldati italiani nei forni dovevano essere torturate e sterminate.
Pensare che in TV per dire queste ovvietà si deve essere Sgarbi a puppe e secchioni.
La differenza tra una persona civile e un nazi-fascio-comunista è che le persone civili non torturano nessuno, ne' hanno la voglia, il piacere o l'istinto di farlo. Gli altri sì e per questo, secondo me, stanno nello stesso secchio della spazzatura storica. La cacca del novecento.
"Bastava solamente che agli ex gerarchi Fascisti fosse impedito di prendere posto in istituzioni importanti quali le forze armate, era una questione di buon senso."
Tatranky ha detto una verità a metà, ma pur sempre una verità, confondendo i semplici conniventi con i gerarchi.
Dei gerarchi veri, dopo il '45 con gente come De Gasperi, Nenni, Pertini e Longo vennero spediti a casa.
Discorso diverso sui conniventi.
Avremmo dovuto allora licenziare tutti i docenti universitari, che per insegnare durante il ventennio avevano dovuto giurare solennemente fedeltà al regime.
I mitici ferrovieri (categoria di Sinistra) anche'essi avrebbero dovuto essere licenziati tutti per lo stesso motivo.
All'EIAR, divenuta poi RAI i giornalisti e radiocronisti che scrivevano e leggevano i resoconti retorici (avete presente Fascisti su Marte?) mantennero il posto, compreso un certo Veltroni (papà di Walter) autore di una telecronaca trionfale della visita di Hitler a Roma.
Voglio soltanto dire grazie a Pansa perche' e' grazie a libri del genere che forse si fara' luce definitivamente sulle vicende della guerra civile e non solo.Forse fra venti anni anche mio figlio a scuola potra' sentirsi raccontare cosa e' veramente accaduto in quel periodo,sapra' quale era il vero fine della dirigenza comunista sapra' quindi che se un comunista dice che la sua parte ha combattuto per la liberta',quel comunista probabilmente mente perche' la liberta' che ci volevan donare era quella che per 50 anni c'e' stata in Unione Sovietica.Sapra' che le foibe non sono soltanto cavita' carsiche ma conoscera' la storia del comandante del P.C.I,un tale che spedi' partigiani delle brigate garibaldi nell'Istria sotto il comando del partigiano,se non erro,Bianco per poi farli collaborare con Tito ad uno sterminio di migliaia Italiani di ogni credo politico e molte volte partigiani di quel C.L.N.A.I da cui si eran distaccati per diversita' di fini.Sapra' che lo stesso Togliatti ha poi minacciato in un secondo momento,e lo potete trovare in una lettera dell'archivio di stato,anche il governo Italiano di una rivolta se questo avesse contrastato l'annessione da parte di Tito dei territori del nord est Italiano.Come e' giusto che sia conoscera' come e' sempre accaduto anche i crimini orrendi dei nazisti e dei fascisti e odiera' i loro simboli pero' si chiedera',conosciuta la verita',quanto sia giusto che circolino ancora falci e martelli.Poi conoscera'l'eroismo dei veri partigiani che contribuiron alla liberta' e verra' a sapere cosa e' che spingeva un givane a divenire repubblichino.FORSE QUEL GIORNO SPERO LA GENTE SCOPRIRA' IL SENSO DEL 25APRILE.
"Ripeto, le merde che mandavano gli ebrei ed i soldati italiani nei forni dovevano essere torturate e sterminate. "
Eccolo qua, esempio di moderazione e pietà. Scusa, Mascalzone, ma come si fa a prenderti sul serio? Come puoi osare attribuire il massimo della violenza ai fascisti, se poi vorresti perpetrare la stessa cosa?
Secondo, allora andavano sterminati anche tutti i partigiani titini che hanno mandato a morire italiani e slavi non-comunisti nelle foibe. Purtroppo, c'è gente che queste cose le ha perfino eroicizzate, guarda un pò come stanno messi...fortuna che c'è Pansa, sennò qua stavamo ancora coi cartelli e su scritto "Viva Tito Liberatore dei Popoli Oppressi", come se ne videro alla fine della guerra.
"Gli altri sì e per questo, secondo me, stanno nello stesso secchio della spazzatura storica. La cacca del novecento."
Pienamente d'accordo con Dedalus e Von Mastinen. Grande Pansa...prima o poi c'è la faremo ad uscire dal dogma religioso sull'infallibilità della Resistenza.
Occhio, Kaiser, rompere il tabù della resistenza non significa rivalutare i repubblichini e salò. Che cattivi erano e cattivi restano. Ovviamente non tutti (i motivi per cui le persone aderiscono ad una parte in guerra con l'altra sono i più vari; un amico di mio padre tirò una moneta in aria per scegliere se andare a salò o con la resistenza; gli andò bene e ora è un famoso architetto di sinistra).
Quello che non va bene (e questo è il cuore della questione) è l'idea che l'antifascismo sia il mito fondante, il collante, il cuore stesso della sinistra democratica.
L'antifascismo, invece, è solo una conseguenza dell'essere democratici; così come lo è l'anticomunismo (quello di regime) o l'avversione per ogni regime totalitario.
Le vestali della resistenza, tipo i vecchietti stalinisti dell'anpi, sempre pronti a tuonare al revisionismo (anche nel caso del timidissimo Pavone) sono ormai folklore; tipo il nonnetto garibaldino delle vecchie vignette.
Sperando non arrivi una mazzata dalla legge sul copyright (sinistra illiberale).
Berselli su l'Espresso:
"Perché la qualità del nucleo storico, politico e polemico del nuovo libro di Pansa si può ridurre a un solo aggettivo: micidiale. E non soltanto nel ridefinire la guerra di liberazione; ma soprattutto, ed è il tratto politicamente bruciante del libro, nel mettere a fuoco l'identità e il ruolo del Partito comunista nella storia italiana. Facendola a pezzi.
Proviamo a riassumere: secondo Pansa, la storia della Resistenza è stata stravolta «da un diluvio di faziosità, di ipocrisie, di opportu nismi partitici e ideologici, di retorica, di falsità». È un «lavoro truccato». È la grande sofisticazione della «vulgata» antifascista, come la chiamava Renzo De Felice, che intacca anche la verità vera, l'autenticità fenogliana della lotta di liberazione con i suoi chiaroscuri e i suoi contrasti interni. Una leggenda storica che ha sostituito alla realtà fattuale una leggenda politica. Ancora più esplicitamente: una sola grande bugia composta da una costellazione di sette bugie.
Vediamolo, allora, il catalogo delle sette bugie, o leggende. In primo luogo, secondo Pansa non è vero che per i comunisti la Resistenza sia stata una lotta di liberazione dal fascismo e dai nazismo, «senza altri propositi nascosti». Per molti dirigenti e militanti, la guerra in montagna e la vittoria contro i nazifascisti era il passaggio naturale e obbligato per giungere alla conquista del potere, ossia alla formazione di « una democrazia popolare comunista, dominata da un partito unico e subalterna al totalitarismo sovietico». Un destino praghese, o ungherese, dominato dalle figure tragiche di SLnsky e Masaryk era dunque nei piani di un partito internazionalista, legato alla potenza dell'Urss, che «si reggeva su un regime totalitario, non diverso da quello nazista e fascista»
La seconda "leggenda" che regge il castello della mitologia resistenziale è che gli italiani fossero contrari al regime di Mussolini: il consenso alla dittatura, descritto da De Felice, si protrasse anche all'epoca della Rsi, con un'Italia profonda che non era e non si sentiva estranea alla storia del fascismo. La terza Leggenda racconta che la Resistenza è stata
- una guerra di popolo una gloriosa esperienza di massa: cioè la visione ideologica lanciata da Luigi Longo nel 1947 con "Un popolo alla macchia": «un libro bugiardo», che argomentava come «tutti gli italiani delle regioni occupate dai tedeschi si fossero epicamente sollevati contro i nazisti e i loro alleati fascisti, Ma non è andata così. La nostra guerra interna è stata combattuta soltanto da due minoranze: quella antifascista e quella legata alla Repubblica sociale. E quest'ultima, soprattutto nelle grandi città dell'Italia settentrionale, era più robusta della prima». Quarta leggenda: la cosiddetta "zona grigia" (il copyright è ancora una volta di De Felice, per definire gli italiani che si mantennero estranei alla guerra civile) era molto più estesa di quanto non voglia l'agio- grafia. E ancora: è un mito, il quinto della lista, l'idea che la grande maggioranza della popolazione, soprattutto quella contadina, fosse schierata tutta con i partigiani. Nella realtà, i piccoli proprietari erano diffidenti, e non di rado la diffidenza diventava rancore: « Quelli fanno i loro comodi, ammazzano un fascista o un tedesco, e poi scappano, lasciandoci nella bagna». E poi, perché aiutare i partigiani? «La guerra finirà non per merito loro, ma quando arriveranno gli americani e gli inglesi».
La sesta leggenda, una delle più scottanti, concerne « i numeri dell'esercito partigiano». Esistono soltanto i dati della «burocrazia partigiana e della vulgata, la versione più diffusa della storia resistenziale», sostiene Pansa, raccolti «con lo scopo di accreditare l'esistenza di una forza davvero imponente», mentre le cifre andrebbero sostanzialmente ridimensionate.
L'ultima finzione, la settima, investe un altro tema cruciale, l'unità politica della Resistenza: «Al contrario di quel che sostiene l'agiografia resistenziale, è sempre stata più formale che sostanziale». Non c'è solo la tragedia di Porzùs, massacro comunista di partigiani non comunisti. Sono infatti innumerevoli i casi di scontri intestini, delazioni, «giochi sporchi e rese dei conti brutali». E secondo Pansa «fa parte di questa storia negata un'altra pagina quasi sconosciuta: il lavorio continuo dei comunisti per garantirsi il massimo controllo possibile del movimento partigiano». Ci avviciniamo al clou: perché la tesi dell'autore è che questo controllo totale i comunisti «lo volevano in vista del secondo tempo del film: la conquista del potere in Italia con le armi e non con le elezioni».
Ecco il punto. Perché è vero che i dirigenti politici e militari del Pci rappresentavano «il nerbo della Resistenza» e «senza di loro non ci sarebbe stata nessuna guerra di liberazione». Ma «i dirigenti comunisti guardavano al di là del 25 aprile. Pensavano al dopo. E si preparavano».Il fatto è che se si accetta il punto di vista secondo cui «per molti quadri del Pci la guerra di liberazione era soltanto un capitolo di una grande guerra europea prossima ventura», e che essi si consideravano «comunisti staliniani prima che comunisti italiani», c'è una conseguenza politicamente ingombrante. Vale a dire che sul terreno minato della Resistenza, e dietro gli eccidi post liberazione, rimane sul terreno anche l'immagine mitologica del Pci, l'autorappresentazione "gramsciana" di un processo continuo nella sua specificità di esperienza nazionale irriducibile all'internazionalismo e alla subalternità staliniana.
Gli storici bollati come «guardiani del faro resistenziale» (riutilizzando la definizione di un antirevisionista come Sergio Luzzatto) obietteranno che le valutazioni di Pansa sono il frutto di una visione da cronista, che legge episodi frammentari e li irradia come prove coerenti verso una tesi in realtà non dimostrabile. Vale a dire che anche la sua è una tesi soggettiva. Pansa risponderà rivendicando la verità empirica delle storie da lui ricostruite, e la loro forza sovrana rispetto alle mitologie politiche. Di sicuro sarà difficile eludere l' "hic Rhodus, hic salta" dell'autore, il suo imporre nel dibattito un argomento da cui non sarebbe serio svicolare ricorrendo ai manierismi di una storia addomesticata dalla politica.
Libro dalle molte sfaccettature, ora sgradevoli, ora scettiche, ora sconsolate, ma sempre con l'intenzione esplicita di connettere il passato storico a un presente politico, di riscontrare le implicazioni di allora sulla sinistra di oggi, alla fine "La grande bugia" può essere letto come un esorcismo per riportare la nostra storia nel solco della verificabilità storica, ossia, come dice Pansa, «per ridare alla Resistenza vera e agli uomini che la fecero ciò che è stato loro sottratto dalla inautenticità del costrutto ideologico».
In questo senso occorre davvero fare i conti con il puntiglio da cronista dell'autore, con il suo scetticismo pragmatico, anche quando sembra infierire provocatoriamente: «La vulgata resistenziale ha sempre sostenuto che le città dell'Italia del nord insorsero contro i tedeschi e i fascisti. E si liberarono da sole, combattendo, prima dell'arrivo degli Alleati. Anche se qualcuno cercherà di smentirmi, sono convinto che non ci sia stata nessuna vera insurrezione». Oppure si può leggere questo libro come un complemento ai volumi precedenti di Pansa, un'altra raccolta di storie tremende dopo il 25 aprile: la più esemplare e simbolicamente efficace potrebbe essere la "guerra dei morti", lo scontro fisico fra madri di partigiani e madri di repubblichini nel cimitero di Casale Monferrato, un 2 novembre del 1945 che nella memoria appare quasi più luttuoso della guerra stessa: «Un parapiglia orribile, generato da dolori troppo recenti per essere sopiti. Lumini distrutti. Crisantemi spezzati. Tombe calpestate. Mia madre tornò a casa sconvolta».
Ma se si prende sul serio la stringente logica interna della ricostruzione di Pansa, altro che libro "scomodo" o "revisionista": «E stata la sinistra a capire subito l'importanza della storia come arma politica per l'egemonia». E dentro l'egemonia culturale c'era il racconto della vicenda comunista come una storia di italianità antifascista, codificata da Gramsci e realizzata da Togliatti, mai messa in discussione dalla leadership comunista e postcomunista.
La "versione di Pansa" incenerisce quest'ultima leggenda. Almeno fino al 1948 il Pci è stato un partito orientato al sovvertimento della democrazia. Il suo cambiamento avviene con la catastrofica sconfitta alle elezioni del 18 aprile, davanti a quella Dc in cui si era rimescolata la storia dell'Italia, con tutte le sue pieghe: «Fascismo, antifascismo, qualunquismo, voglia di democrazia, assenteismo politico, moderatismo, pulsioni egualitarie. E, durante la guerra civile, anche partigiani e fascisti della Repub- blica sociale». Niente manicheismi, nella Dc, niente divisione netta fra «angeli di qua e diavoli di là». De Gasperi vince nel 1948 perché il suo partito ha capito che le demo- crazie moderne non si prestano alla divisio- ne moralistica o ideologica fra il Bene e il Male. Adesso l'hanno capito anche comunisti ed ex comunisti. Si tratta di vedere se '! saranno anche capaci di rinunciare alla mi- tologia e fissare con occhi spregiudicati la realtà della loro storia.."
Il mal di pancia viene a leggere quello che esce su Indymedia.