«Alla domanda se esista Dio, il signor Keuner risponde: "Ti consiglio di chiederti se il tuo comportamento muterebbe in rapporto alla risposta a tale domanda. Nel caso in cui esso non muti, allora possiamo lasciar cadere la domanda. Nel caso esso muti, io posso esserti d'aiuto perlomeno tanto da dirti: tu necessiti di un Dio"»
Una bella sorpresa questa
messa in scena dei racconti brevi del signor K. di Bertolt Brecht. Moni Ovadia e Roberto Andò hanno allestito uno spettacolo brillante, meno di due ore di teatro geniale che avvince lo spettatore e lo appaga. Il testo - a tratti spinoso, è sempre Brecht in fondo - viene porto allo spettatore in un taglio cabarettistico di respiro europeo, con un miscuglio di lingue diverse, coreografie e multimedialità del tutto inconsueto per il teatro italiano, che tende troppo spesso a restare nella tradizione scenica. Il signor K. parla da uno schermo appeso sopra il palcoscenico, impersonato da nomi noti (Alessandro Bergonzoni, Massimo Cacciari, Gherardo Colombo, Philippe Daverio, Daniele Del Giudice, Oliviero Diliberto, Dario Fo, Arnoldo Foà, Don Gallo, Claudio Magris, Michele Michelino, Milva, Eva Robin's, Sergio Romano, Carlo Rivetti, Sabina Rivetti, Roberto Scarpinato, Gino Strada) che gli prestano volto e voce. Le loro letture sono accompagnate da accostamenti provocatori di immagini, Moro e Cristo, il nazismo e Totò Riina, Falcone, Borsellino, Che Guevara e Andreotti.
L'alter ego esule Bertolt Brecht, attraverso l'immagine del suo esilio, mette in discussione la propria fede nell'utopia a cui è intimamente ed emotivamente legato. In qualche modo la rinnega, eppure riesce a non cadere nella trappola del pessimismo assoluto. Il signor K. tiene sempre saldi i suoi valori, conserva un sottile distacco, insomma, resta a galla.
Non è però del testo che si vuole dir bene, che sarebbe anche banale visto l'autore, quanto della sua trasposizione sul palcoscenico, in uno spettacolo perfettamente riuscito nei tempi, nei ritmi e nell'impianto. Recitato in varie lingue (oltre all'italiano si parla inglese, tedesco, yiddish, spagnolo, francese russo), intriso di delicata ironia (i musicisti della Stage Orchestra suonano, cantano e ballano vestiti da donna), sottotitolato in modo efficiente, lo spettacolo incalza con un ritmo da musical grazie ai continui cambiamenti del fronte recitativo. Gli artisti scendono in platea, a tratti Moni Ovadia si siede tra il pubblico per assistere (l'autore che osserva il proprio alter ego?), i frequenti filmati danno un ritmo incalzante senza cadere nella frenesia.
La voce di Lee Colbert incanta e stupisce come sempre. Straordinario anche Maxim Shamkov, che volteggia sul palco con una grazia del tutto impensabile vista la stazza. In sintesi, uno dei migliori spettacoli visti negli ultimi anni sul palcoscenico del Piccolo.
PS confessiamo di aver trattenuto a stento le lacrime quando il signor K. grida infuriato "politici, non abbiamo più bisogno di voi, restituiteci il nostro stato!" Brecht sapeva vedere molto lontano.