Il ghetto della seconda D
Se il numero di alunni per classe aumenta di anno in anno, di conseguenza diminuiscono il numero di classi e il numero di insegnanti. Lapalissiano. Per cui, gli insegnanti, per fare le benedette ore per cui sono pagati, se non ci sono più alunni nella loro scuola, sono obbligati ad andare a fare lezione anche altrove. Questo è successo a molti quest'anno, e anche alla sottoscritta che il 30 agosto ha saputo che il 4 settembre avrebbe insegnato anche in una scuola media, 20 km più in là, per sole 3 ore ma in quale classe non si sapeva. Un mio amico è stato assegnato a una seconda scuola, ben più lontana e poco tranquilla, ad anno scolastico già iniziato, quindi orari stravolti per lui e per i ragazzi, ma va bene così.
Per me le medie sono una prima volta, e il 4 settembre mi è stato detto che di lì a 3 ore avrei visto i miei alunni, quelli dell'ultimo anno. Tredici anni, secondo anno di italiano.
Vedo che i 20 ragazzini vengono dalle 4 sezioni della scuola: A, B, C e D. La mia prima domanda, che mi sono ben guardata dal pronunciare ad alta voce, è stata: “Ma perché smistarli in 4 sezioni e non metterli tutti in un'unica classe per avere tutti un orario più degno, loro, la collega di spagnolo, quella di tedesco e io?” Conosco il sistema, è meglio non farle certe domande evidenti.
Fin dalle primissime ore ho notato qualcosa di molto strano. Li faccio leggere, poi faccio i complimenti a un bambino. Gli altri reagiscono: “Legge bene sì, è in A”. Poco dopo un altro fa un'idiozia mostruosa, lo sgrido e lui con fare piuttosto arrogante mi risponde: “Ma che vuole? Sono in D”. Dico a una bambina di smetterla di guardare le foto delle vacanze e di prendere il quaderno, mi fa notare che lei è in C… Poi imparo a conoscerli e la storia delle sezioni me la dimentico, preferisco concentrarmi su quella che per me è un'unica classe.
Martedì in sala insegnanti, chiedo a una collega cosa ne pensa di un alunno che mi dà non pochi problemi. “Ma che vuoi che ti dica? Sono d'accordo con te, l'avevo detto che in B non è proprio al suo posto!” Senza troppi preamboli, chiedo cosa sia 'sta storia delle sezioni. Le sezioni altro non sono che i livelli di bravura: i bravi in A, poi in B e via dicendo… E' più pratico, dicono alcuni; è un'idiozia, dicono altri, perché “fa male dividere così, dovremmo fare, certo, classi di livello, ma non seguire proprio l'alfabeto: potremmo mettere i più disgraziati in A, poi quelli bravi in B, quelli così così in C” Insomma, livelli sì, ma evitiamo di far capire quale sia l'ordine. Fumo negli occhi.
“L'alunna Charline, per esempio, l'anno scorso era in A, poi non è stata molto brava allora quest'anno è retrocessa in B, invece Boris l'anno scorso era in C e ora è in B, se lo merita.” Certo, se lo merita.
La cosa più bella, in tutta questa catastrofe che in Francia è frequentissima, è che i ragazzi hanno capito che fanno parte di un sistema che non si chiede come poterli aiutare perché sa già cosa possono fare, un sistema che non si aspetta altro che conferme; l'idea di crescita è completamente assente. Per cui: mi mettete in D e io faccio un mare di cazzate; sono in A, quindi ho i professori più motivati, vado alle conferenze, faccio gli esperimenti di scienze.
Siamo in una scuola del ghetto, ma anche noi continuiamo a riproporre lo stesso schema della società che è fuori e che ci rifiuta. All'interno del ghetto ci sono i bravi, ma pur sempre del ghetto, e i meno bravi, quelli che nel ghetto ci sono nati, ci vivono e ci restano.