Sarà poco socialista, ma è molto Ségolène
Il 2006 doveva essere l'anno di François Mitterand. A dieci anni dalla sua morte (avvenuta l'8 gennaio 1996) i conti non sono stati assolutamente chiusi per il Partito socialista francese (Ps), più in generale per tuta la sinistra. Anzi, il confronto con l'ultimo “re di Francia” è ancora da percorrere prima di poter avviare una nuova stagione politica e culturale. Gran parte della discussione interna al Ps e che il 16 novembre porterà alla scelta del candidato per le presidenziali del 2007 sta tutto dentro a questa partita.
Il confronto non è tanto coll' uomo Mitterand quanto con lo “stile Mitterand”. Ovvero: primato della nazione sulla singola individualità; politica delle grandi opere come rilancio della Francia sul piano internazionale, ma anche come risposta alla lunga crisi degli anni '70 secondo criteri che riprendevano una filosofia del new deal rooseveltiano; riscoperta di un ruolo continentale di un paese che ha vissuto il declino della guerra fredda allo stesso tempo come chance per la ripresentazione della propria centralità e come timore per la possibile perdita di un proprio primato in Europa.
Sotto questo profilo, il problema non è solo del Ps. Fare i conti con Mitterand e con la sua eredità riguarda anche la destra. Anche coloro che a destra hanno scelto Sarkozy o sono attratti dalla sua figura sono sotto la stessa sindrome.
La Francia, da almeno ottanta anni, si trova a vivere la stessa lacerazione: la personalizzazione del potere - un tratto che ha segnato la storia di Francia - e che si è tradotta nell'affidamento a un “padre della patria. Una dimensione che ha favorito propensioni di tipo neo-bonapartista. Così fu per Gaston Doumergue nel 1934, negli anni di crisi della III Repubblica, a Philippe Pétain nelki anni di Vichy, a Charles De Gaulle dopo l'Algeria, a Mitterand. Questa volta, forse, potrebbe anche aprirsi un ciclo diverso.
E' soprattutto il confronto con la storia di Francia, con il senso dello sviluppo, con la “missione” di cui il paese deve dotarsi (tutti aspetti fortemente marcati dalla personalità di Mitterand e che ancora segnano la “memoria politica socialista”) che rende comprensibile il senso dello scontro politico sui diversi progetti che caratterizzano la campagna politica di Laurent Fabius, Dominique Strass-Kahn e Ségolène Royal all'interno del Ps.
Se si analizzano nel complesso le scelte complessive, infatti, forse le differenze non sono eccessive. Del resto sono le urgenze stesse della congiuntura a imporre alcuni interventi che riguardano il contenimento della spesa, la possibilità di alleggerire il prelievo fiscale, la riscrittura di alcuni aspetti essenziali dello Stato sociale.
Le differenze diventano rilevanti, invece, se si analizzano le rispettive ricette politiche. Laurent Fabius insiste sul rilancio della piccola impresa e dunque il problema della ripresa economica è essenzialmente una politica volta a favorire la nascita delle nuove imprese. Dominique Strass-Kahn propone politiche di risanamento e di contenimento che hanno come attore principale lo Stato, comunque la mano pubblica, secondo un modello che perpetua, almeno in parte, lo “stile Mitterand”.
Ségolène Royal, invece, si sofferma particolarmente sul rapporto centro-periferia, sul rilancio dell'iniziativa decentrata. Uno sguardo al “locale” più che al “nazionale” che ruota anche intorno alla categoria di “produttivo” di “conveniente” e che per questa via introduce parametri di ristrutturazione e di parziale riscrittura del codice culturale che a lungo ha avuto cittadinanza a sinistra. Allorché Ségolène Royal insiste che occorre riconoscere al lavoro il suo “giusto prezzo”, e che “nessuno non deve essere pagato per non fare niente”, in realtà mira a colpire direttamente lo statalismo in economia che lungamente ha popolato l'immagine economica della sinistra francese nel corso del XX secolo.
Qui sta forse novità di questo confronto aspro all'interno del Ps: non sono le singole politiche di settore a caratterizzare la discussione, ma la definizione di un nuovo linguaggio che finora ha sostanzialmente favorito l'”agenda Royal”.
Prima di tutto la discesa in campo delle donne un aspetto che su cui Royal ha calcato la mano, anche se non accanitamente, ma che comunque costituisce un atout concreto. Un secondo aspetto riguarda l'idea della politica. Royal ha un'idea di politica che non passa per il quadro funzionario del partito. E' vero, alla fine saranno gli iscritti del Ps che sceglieranno un candidato, ma quella scelta è sempre meno “interna” e sempre più “esterna”. La Royal è la prima ad aver intuito che proceduralmente sarà il partito a scegliere, ma che sarà la forza delle voci della piazza a condizionare la scelta. E la piazza non è più prevalentemente data dalla mobilitazione fisica dei militanti. E' la piazza telematica quella che pesa. E ciò indica l'affermazione di un diverso stile della comunicazione. La prima seria ipoteca di Ségolène Royal sulla candidatura non è stata l'apertura del suo blog di discussione, ma l'uso, i temi, i tempi di risposta che in quel blog e fuori da quel blog hanno caratterizzato la sua comunicazione politica.
Un terzo aspetto è dato dai temi di carattere generale, in breve sulle parole-valore su cui Royal ha concentrato la sua comunicazione. I temi sono quelli del rapporto tra quotidianità e qualità della vita. Temi e settori su cui Royal si è impegnata nel corso della sua presidenza della regione Poitou-Charentes ovvero in una esperienza concreta di governo. Ciò rispetto sia ai settori d'intervento di governo, sia alla modalità di rapporto tra governanti e governati, (così come emergono dalle pagine web della regione all'indirizzo www.cr-poitou-charentes.fr).
Sono i temi legati all'acqua, alla qualità dell'ambiente; al rapporto tra qualità dello sviluppo e contenimento del consumi; alle politiche insediative e distributive dei trasporti; alla vita associativa e comunitaria; agli intereventi sull'agricoltura biologica e sulla difesa della produzione di qualità. Temi su cui Royal si è impegnata direttamente e che sono stati al centro dell'ultimo forum sull'ambiente promosso dalla sua Presidenza a Poitiers il 13 e il 14 ottobre e che in gran parte anticipano i contenuti del “Rapporto sulle condizioni dell'ambiente in Francia” reso noto e diffuso il 17 ottobre dall'Istituto Francese per l'ambiente (IFEN).
E' possibile e forse è anche fondato ritenere che l'”agenda Royal” sia squilibrata, non tenga conto dei molti problemi aperti in Francia, che insista solo su alcuni aspetti e che trascuri temi a cui l'elettorato di sinistra tradizionalmente è sensibile. Ma in quell'agenda sono contenuti molti punti che ormai costituiscono il complesso dei problemi del paese. Il merito della Royal è stato quello spesso di anticiparli, e di aver dato voce e spazio alle opinioni dell'elettorato spesso chiamandolo e sollecitandolo a prendere la parola, direttamente. In epoca di rilassatezza politica e soprattutto, in una fase dove in piazza va solo la rabbia della destra xenofoba e quella della disperazione delle banlieu, non è un dato da sottovalutare.
21.10.06 14:46 - sezione
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