Moderati per caso
di Corrado Stajano
Moderati d’assalto. Moderati furiosi. I «forzaleghisti», come li definisce Ilvo Diamanti, hanno dato a Vicenza, nella piazza dei Signori, uno spettacolo ben miserando. Soltanto parole grosse, frasi volgari, menzogne. Sarebbero i rappresentanti del tranquillo ceto medio di un Paese normale uomini e donne che usano la violenza verbale come naturale strumento di lotta politica? Senza argomenti, senza un’idea? Dovrebbero essere gli elettori di quella che fu la Casa delle libertà, i più riflessivi almeno, a dire di no.
Adire di no a chi insulta il presidente della Repubblica, disprezza le istituzioni, copre di fischi l’inno nazionale, non esprime una sola proposta ragionevole sulla legge finanziaria bocciata senza motivazioni, con beceri slogan, come quello di Prodi che mette le mani nelle tasche degli italiani.
Non sanno i «forzaleghisti» in quali condizioni è stata ridotta l’Italia da un governo di incopetenti, preoccupato, senza alcuna eccezione, di salvare dai tribunali della Repubblica il presidente del Consiglio di allora, accusato di gravi reati comuni? Non sanno in quale conto era tenuta l’Italia dalla comunità internazionale inorridita che un grande Paese fosse caduto così in basso, in mano a un propagandista che affrontava la politica estera con gli strumenti delle barzellette e delle pacche sulle spalle? Non sanno a quanto ammonta il debito pubblico e che siamo sull’orlo del disastro e saremmo già precipitati nel baratro se non fosse esistita la Comunità europea?
La legge finanziaria - con tutte le sue contraddizioni e le sue varianti - è obbligata e obbligante per salvare il Paese. Tra l’altro non era lo stesso ex premier a desiderare qualche mese fa una grande coalizione con l’Unione oggi così disprezzata? Quando contestano l’Inno di Mameli e invocano il «Va’ pensiero» del Nabucco, non viene in mente - ma è troppo chiederselo - ai «forzaleghisti», se hanno dimenticato quel verso, «Oh, mia patria sì bella e perduta!»?
È distorto, in Italia, il significato che dovrebbe avere la parola «moderato». Che nella pratica quotidiana dei cinque anni del passato governo e oggi, nel tempo di un’opposizione priva di cervello, ma gonfia di muscoli, è venuto a significare il contrario: un oltranzismo ossessivo, la caccia a chi non la pensa come te, la scomunica come metodo, l’intolleranza che sprizza da ogni poro della pelle, il disprezzo per qualsiasi regola. C’è poco da sorprendersi, bisogna dire. Sono sempre stati i moderati, veri o finti, a coprire le regressioni politiche, ad avallarle, a far da scudo. Per amor di quiete e per adesione a idee che avrebbero dovuto essere prive di asprezze.
E poi il ricorso alla piazza che non è certo di oggi, ma che fa sorridere, se si pensa a quei miliardari ludici che la propagandano, griffati dalla testa ai piedi, ognuno con un garage zeppo di auto, coi Suv prediletti (uno a testa in famiglia), senza dimenticare le barche, le ville e i castelli. È esplosa la lotta di classe contro i detentori di ricchezza, come ha rispolverato Luca Cordero di Montezemolo? O si tratta soltanto di partecipare secondo la propria capacità contributiva e secondo giustizia alle spese sostenute dallo Stato per offrire ai cittadini i servizi dovuti. Far pagare le tasse agli italiani è la rivoluzione, diceva il vecchio Salvemini in anni lontani.
La piazza, la piazza. La piazza della destra viene predicata ora da un leader politico che ancora nel 1994 non sapeva come può essere dirompente uno sciopero generale. E beffeggiava, scherzava, fin quando, alla fine di novembre di quell’anno fu sconfitto dal sindacato e costretto a firmare un verbale d’intesa sulle pensioni di anzianità. Aveva sottovalutato la forza di milioni di lavoratori uniti. Proprio quell’anno uscì un saggio di Mario Isnenghi, storico eminente, professore di Storia contemporanea all’Università di Venezia: L’Italia in piazza. Dal 1848 al tempo presente. Un bellissimo libro che fa ripensare al passato in funzione dell’oggi. Che fa capire davvero come la storia comincia quando cade la memoria. Isnenghi è il sottile regista: stragi, rivoluzioni, repressioni, fucilazioni, moti, ardori e sospetti, i luoghi, le piazze sono ben reali. Bava Beccaris a Milano, la settimana rossa, Parma e l’Oltretorrente, l’occupazione delle fabbriche, Balbo, Farinacci e la loro furia violenta nella Bassa padana, la marcia su Roma. I moderati hanno sempre avuto paura della piazza perché detentori del potere. La sinistra l’ha sempre dominata proprio perché esclusa dalle istituzioni. Isnenghi racconta le varie posizioni politiche e le contraddizioni, tra le altre la conquista della piazza fatta dopo la prima guerra mondiale dal fascismo armato protetto dallo Stato, la capacità di Mussolini di usare anche lui la maschera antipartito e di accreditarsi presso il capitalismo agrario e industriale. Il duce fece della piazza un enorme megafono. E seppe usare la radio. Adesso esiste un’altra contraddizione. Il padrone delle tv, che è riuscito a conservare quasi tutto il suo potere anche alla Rai-servizio pubblico, ha bisogno del luogo fisico, la piazza. Non è sufficiente, quindi la tv, servono le voci, meglio dire le urla della «gente», la sua presenza non virtuale. Urla che poi vengono moltiplicate dalle servizievoli tv.
Certo, la smembrata Casa delle libertà non riuscirà a convincere i milioni di persone che negli anni scorsi hanno riempito con grande passione le piazze italiane per protestare contro il governo Berlusconi inviso. Manifestazioni di cui i governanti di oggi non dovrebbero dimenticarsi. Già il 25 aprile 1994, 300mila persone erano scese in piazza a Milano dopo la vittoria elettorale del centrodestra, in nome della lotta di liberazione, in un momento grave della società nazionale, contro un governo con dentro i fascisti. La parola non sarà mai subalterna. Esserci è diverso che guardare. Ci saranno sempre dei gesti che sfuggono alle telecamere, dei particolari inesplorati che offrono compiutamente l’idea di quel che succede, la cifra, l’odore di una verità complessa. Questo vale per tutte le parti politiche. Adesso è la destra ad agitare la minaccia della piazza. Non va sottovalutata. Una volta si sarebbe detto che era bene mettere in moto i meccanismi della vigilanza democratica.
Nel fondo e nel sottofondo della società italiana sono rimaste delle tossine velenose. Il comunismo, che non esiste più, seguita a venire usato come uno spauracchio. «Il radicalismo anticomunista - ha scritto Cesare Garboli nel suo Ricordi tristi e civili, uscito nel 2001 - ha fatto strisciare un fascismo di ritorno, un fascismo che non si è mai sentito sconfitto. Tristemente minacciosa non è la rinascita, o lo sdoganamento, di un male forse geneticamente inseparabile dalla natura degli italiani (i quali, per atavica sindrome imperiale, si sentono fascisti non appena si sentono italiani). Triste e minaccioso è che il fascismo rinasca e si ripresenti scortato da idee liberali, attraverso e dentro le idee liberali».
Un po’ di attenzione, dunque.
Trovo assurda e pericolosa l'idea che la piazza sia solo di sinistra e che, se ci vanno gli altri, diventa un pericolo per la democrazia.
E' il solito modo di ragionare ottuso e intimamente fascistoide che sta logorando da anni la sinistra italiana e che ne rappresenta ancora oggi il gap democratico (lo stesso gap che la porta a scomunicare i libri di pansa o chiunque sia colpevole di lesa maestà).
Che vogliamo fare, mandare bava beccaris a sparare sui commercialisti che protestano?
Dedalus, ma ti senti come parli??? Fai ridere...
La piazza è sempre stato un luogo di protesta, dove i poveri protestavano contro la minoranza (ricca ma organizzata) che li opprimeva.
Vedere i ricchi che protestano coi loro abitini firmati, le scavpine di pvada e il macchinone che protestano non solo fa ridere, ma è anche offensivo per chi nelle piazze ci andava per pretendere una vita solo degna di essere vissuta, con le 8 ore di lavoro, la pensione, la malattia ecc...
Immaginare questo gruzzolo riccastri volgari e ignoranti a lamentarsi in piazza perchè verranno costretti a pagare le tasse come i loro inferiori
mi fa venire il voltastomaco.
Ragiona, ogni tanto.
Ti prego di non essere ridicolo; la piazza è di tutti e chi vuole ci protesta, in tuta o vestito armani (che a voi milanesi piace tanto). Peraltro, da sempre, in piazza ci andava anche la destra (quella estrema); e ci andarono i quadri della fiat, ponendo fine all'autunno caldo. Come vedi le piazze sono più frequentate di quanto pensi, e non solo per l'aperitivo di mezzogiorno.
Tieniti pure il tuo voltastomaco, ma il dibattito sulla questione fiscale c'è in tutt'europa.
L'errore è sempre lo stesso: il mondo è diviso in buoni e cattivi e noi siamo i buoni (anche quando ci comportiamo da cattivelli); perchè il nostro fine e alto e nobile (mentre quello degli avversari è basso ed ignobile).
dedalus, apparte il tuo solito pietoso comizietto in stile dedalus vs. ilrestodelmondo, lo hai letto l'articolo prima di dire tante cazzate o qualsiasi cosa esca dal tuo ristretto panorama di liberal-liberista-libertario ti e' proprio biologicamente preclusa?
"Triste e minaccioso è che il fascismo rinasca e si ripresenti scortato da idee liberali, attraverso e dentro le idee liberali". Un po’ di attenzione, dunque"
Uahahahahah !!! Gesù, ma questo dice per scherzo, dai non può fare sul serio.
Che poi credo che la minaccia principale sia un'altra : ho seriamente paura che l'Unione Sovietica possa invaderci da un momento all'altro e instaturare una dittatura comunista.
Per il resto, d'accordo con Dedalus, siete ridicoli se volete fare della piazza un luogo aperto solo ad una determinata categoria.
Ma non era la destra che faceva distinzioni elitarie di questo genere?
Tristemente minacciosa non è la rinascita, o lo sdoganamento, di un male forse geneticamente inseparabile dalla natura degli italiani (i quali, per atavica sindrome imperiale, si sentono fascisti non appena si sentono italiani)
Articolo profondo e acuto. Ma chi quest'imbecille?
Italiani geneticamente fascisti..deve aver studiato alla corte di qualche scienziato pazzo russo degli anni cinquanta..
Ma chi quest'imbecille?
un giornalista cui non sei nemmeno degno di baciare il culo.
leggiti "il sovversivo".
un giornalista cui non sei nemmeno degno di baciare il culo.
A quello puoi provvedere tu (che ne sei sicuramente degno e forse più capace)
A quello puoi provvedere tu
non rientra nella mia "to do list", spiacente
Nella città dove vivo giorni fa i proprietari di suv e quad hanno fatto una "manifestazione". Si sono proclamati amanti della natura e dopo aver impuzzonito in un gigantesco ingorgo la città. Dopo aver rombato fracassando i timpani di tutti. Dopo aver impedito a chiunque di andare in autobus dove doveva andare hanno detto che lo stato francese, con una circolare che vorrebbe impedir loro di andare in ogni angolo impervio del paese a fare quello che hanno fatto qui in città, ruberebbe la loro libertà.
Il concetto di libertà, evidentemente, è malinteso. A parer mio libertà, per non dire una banalità, è un concetto troppo inflazionato. Lo si usa ormai per cose improprie in ogni campo. Ma quale libertà è quella di svegliare un quartiere per la voglia di girare la manopola del gas sulla propria moto "ammericana"? La libertà di sentirsi figo? Queste persone dovrebbero essere libere di riflettere, in compagnia di uno psicologo, sulla condizione del loro ego. Forse tralasciano un po' troppo spesso che non sono soli sul pianeta e che dovrebbero tenerne conto.
". Già il 25 aprile 1994, 300mila persone erano scese in piazza a Milano dopo la vittoria elettorale del centrodestra, in nome della lotta di liberazione, in un momento grave della società nazionale, contro un governo con dentro i fascisti. La parola non sarà mai subalterna. Esserci è diverso che guardare. Ci saranno sempre dei gesti che sfuggono alle telecamere, dei particolari inesplorati che offrono compiutamente l’idea di quel che succede, la cifra, l’odore di una verità complessa. Questo vale per tutte le parti politiche. Adesso è la destra ad agitare la minaccia della piazza. Non va sottovalutata. Una volta si sarebbe detto che era bene mettere in moto i meccanismi della vigilanza democratica. "
Sembra un editoriale di lc di quarant'anni fa..dalla mobilitazione antifascista alla vigilanza democratica (e la volante rossa, dove la mettiamo?).
Strano, berja; non ti facevo ancora attaccato a quest'armamentario arrugginito e cigolante.
dedalus, posto che 40 anni fa lc non esisteva, ti sfugge completamente, non se piu' per ignoranza o superficialita' o cretineria, che l'articolo riporta i toni e i temi dell'antifascismo democratico degli anni '70, quello che permise che non ci fossero i boatos militari progettati ogni tre mesi con l'ausilio della nato e che fece argine al dilagare della violenza generalizzata.
se c'e' un merito del pci e della sinistra "ufficiale" negli anni'70 e' quello di aver difeso strenuamente le istituzioni.
lc si sarebbe riferita alla classe, al capitale, ai fascisti massa di manovra, etc etc.
perche' provochi se non sei capace di portare avanti la provocazione?