Indigène
Al Festival di Cannes, pochi mesi fa, è stato presentato un film importante, di cui in Francia si è parlato moltissimo, molto più delle varie fatiche di Almodovar e Ken Loach, una pellicola che ha portato alle cronache il dibattito sul rapporto fra la Francia attuale e l'epoca coloniale.
Indigène ha vinto il premio creato dal ministero della Pubblica Istruzione francese. Indigènes è un film, e non un documentario di analisi storica, che racconta la partecipazione degli uomini dei Paesi colonizzati nella liberazione della Francia durante la Seconda Guerra mondiale. Le prime immagini mostrano un villaggio poverissimo in Algeria in cui alcuni ragazzi decidono di arruolarsi per liberare la Francia: alcuni di questi ragazzi si chiedono però perché debbano lottare, rischiare la vita per quel Paese che poco prima li aveva colonizzati... Ma partono, e sono molti, provenienti da parecchi Paesi, rappresentanti di diverse etnie. Con i loro sandali, risalgono l'Italia, dove lottano e alcuni muoiono. Poi arrivano in Provenza: toccano la terra, le foglie degli alberi, sentono i profumi e non li riconoscono come propri, però vanno avanti. Uno si innamora di una bella provenzale, un altro sogna di imparare a leggere e scrivere.
Le scene più forti ci fanno riflettere sul rapporto fra questi soldati e i soldati francesi-francesi: durante un pasto, ai soldati delle colonie viene dato solamente un piatto di riso, mentre gli altri possono mangiare anche un pomodoro. Ne nasce una rivolta interna, molto violenta, e alla fine si raggiunge l'uguaglianza, la giustizia. Poi però i francesi-francesi hanno la possibilità di prendere un permesso di qualche giorno per tornare a casa, ma di barche per tornare in Africa non ce ne sono e le poche che non sono state distrutte servono a ben altro…
Arrivano poi sui Vosgi, in pieno inverno. Con i sandali, lottano nella neve e uno chiede ai compagni: “Ma chi ci può vivere in questo freddo?”, un altro, accennando un sorriso: “ I francesi”.
Gli attori sono bravissimi, tutti, nessuno escluso, e il film è molto importante. Ha qualche difetto, alcuni di ordine più cinematografico (le scene di guerra forse troppo lunghe), altri di stampo storico (pare che i volontari delle colonie fossero pochissimi, la maggior parte è stata obbligata). Lo scopo del regista Rachid Bouchareb non è fare un'analisi di un periodo storico lasciato nel buio più totale dai manuali di storia e da quasi tutta la cultura, ma di realizzare un film, produrre una leggenda che possa dar vita ad altri film, altri libri. Attori e regista sono spesso invitati in televisione, sono intervistati dai giornali importanti sul dibattito politico nazionale più acceso, e cioè le banlieues e l'immigrazione. In un recentissimo incontro televisivo, abbiamo visto tutti i protagonisti del film, il regista stesso, un paio di politici e un altro regista, quel Mathieu Kassovitz che nel 1995 ha fatto scalpore con L'odio.
Jacques Chirac qualche tempo fa ha deciso di dare la pensione di guerra anche a questi soldati dimenticati. Cinquant'anni dopo, ma almeno l'ha fatto. E i manuali di storia sono stati modificati solo da poco; ciò significa che l'attuale classe dirigente, ma anche i miei amici trentenni, hanno studiato su manuali in cui si nascondeva un certo passato, in cui non si analizzavano il ruolo, le responsabilità della Francia del periodo coloniale, della guerra d'Algeria, del Marocco.
Qualche settimana fa, tutte le scuole sono state invitate ad andare a vedere Indigènes al cinema; noi l'abbiamo fatto, è piaciuto a tutti, molti ragazzi l'hanno vissuto come un normalissimo film di guerra, anche se erano felici di riconoscere le storie raccontate dai loro nonni, zii. Ed erano felici di seguire il film senza sottotitoli e di vedere noi insegnanti intenti a leggere per poter seguire la storia.