a cura di Ilaria Bartolozzi
Settimana ben equilibrata. Se poi venisse a piovere sarebbe un gran bene, perché l'acqua ci laverebbe via un po' di quelle tonnellate di lercio (non sappiamo manco quanto siano visto che, pare, e non ci stupiamo, le centraline di rilevazione della città siano tutte completamente sballate, o truccate?) che si avvinghia ai nostri capelli unti e alle nostre pelli appiccicaticce. Procediamo con ordine.
Lunedì 13 novembre al
Teatro Ciak si esibisce l'ex capostazione
Gianmaria Testa, tanto amato al di là delle Alpi. Pare che il nuovo cd “Da questa parte del mare” sia notevole. A chi Paolo Conte (l'originale) non basta...
Martedì 14 novembre è bel match. Bisogna decidere tra: 1)
Sizwe Banzi est mort, il nuovo spettacolo di
Peter Brook, uno degli ultimi mostri sacri del teatro contemporaneo (che incontra il pubblico mercoledì 15, alle ore 17 al Teatro Studio); 2) al
Crt va in scena
Cani di bancata, in cui la giovane regista siciliana
Emma Dante racconta il rito di affiliazione alla mafia in modo visionario ma lucido al tempo stesso; 3) la mostra di
Paola Pivi, trentacinquenne artista milanese (Leone d'Oro alla Biennale del 1999), che espone le sue zebre sulla neve e i suoi struzzi in barca presso i Vecchi Magazzini della Stazione di Porta Genova. Tutti questi appuntamenti proseguono nei giorni successivi, quindi ben organizzandovi con biglietti, amici e baby sitter potete farcela. Mentre un incontro interessante che si tiene solo martedì sera (ore 18) per il ciclo “La società InDiretta” organizzato dalla “Fondazione del Corriere della Sera”, condotto da
Aldo Grasso è “Realtà o reality” con
Carlo Freccero,
Mario Perniola,
Salvatore Natoli. Anche se non siete fruitori della televisione deficiente, perché il vostro stomaco delicato ve lo impedisce, leggete sempre le critiche del Critico nazionale e sapete bene che quello che arriva in casa attraverso quel che resta del tubo catodico è un'ottima cartina di tornasole per capire ciò che succede in questa italietta sempre più allo sbando. L'alto livello dei relatori ci confermerà quanto detto. Dopo l'incontro vi consiglio di andare a bere e a mangiare qualcosa di buono lì vicino, al
Cippirimerlo Wine Bar di via Volta 14. Un posto di cui il vate della gastronomia
Allan Bay ha scritto: “Chi vuole aprire un'enoteca deve prendere lezioni da quelli del Cippi” Nulla da aggiungere. Abbassare il cappello.
Occupiamoci un po' di cinema con un mezzo sconsiglio:
Marie Antoinette di
Sofia Coppola, che esce nelle sale venerdì 17 novembre. Più che un film pare una sfilata di moda. Sì, un vero e proprio evento fashion, altroché una ricostruzione storica della vita della regina-mito di tutti i tempi. La giovanissima principessa austriaca, per distrarsi da un marito che per otto anni non la sfiora manco per sbaglio, si dedica a feste, abiti e scarpe, balli, spettacoli, bonbon, chocolat...amanti. Il problema è che Sofia Coppola è una fan totale (troppo!) di questa adolescente regale. “Questa Marie Antoinette avrà un impatto nella moda dei prossimi anni a venire” scrive Vogue. La strada è segnata. Le magnifiche scarpe settecentesche sono disegnate da Manohlo Blahnik, sui cui tacchi cammina anche la strepitosa Streep del “Diavolo veste Prada”. I costumi di Milena Canonero sono stati concepiti pensando a colori e tessuti “che facciano pensare a cose che si vorrebbero mangiare”. E la scelta della colonna sonora è uno degli elementi meglio riusciti: l'atmosfera pop viene consacrata con le musiche post punk pre-new romantic: canzoni dei Bow Wow Wow, New Order, Adam Ant, Air. Marie Antoinette, insomma, è icona di stile, che dal settecento arriva fino agli anni duemila (N.B. in una veloce inquadratura vediamo anche un paio di scarpe da ginnastica, e non è certo una casualità...). La stampa internazionale si è divisa: Le Monde ha adorato questa regina glamour, mentre il New Yorker l'ha presa in giro, “ragazze viziate” hanno scritto al di là dell'oceano. In Italia Sofia Coppola e la sua delfina fanno simpatia: Guia Soncini scrive “è il film che avrebbe fatto ogni guardatrice di Lady Oscar evolutasi in fashion victim”. Il personaggio della giovane sprovveduta trapiantata nella famiglia reale che perde la sua libertà a molti (anche alla stessa regista) ha ricordato Lady Diana. E siccome, dopo la prima maternità, Marie Antoinette si trasferisce in una bucolica dépandance, questo alla Soncini ricorda “Veronica Lario con le caprette di Macherio”. Paragone geniale. Tanta immagine, tanto fashion, tanto rock, perfettamente confezionato. Tutto un po' troppo superficiale in tempi di Rivoluzione Francese, no? Però è importante una cosa: il film sfata il mito della famosa frase: “Il popolo si lamenta che è finito il pane? Dategli le brioches.” Per le donne che sognano di fare le regine, ma non è tutto oro...