È la crisi della politica, bellezza
di Fulvia Bandoli
Le motivazioni a sostegno della costruzione del partito democratico sono varie ma due più di altre sono frequenti: la necessità di unire i diversi riformismi e l'esigenza di rispondere alla crisi e alla frammentazione del sistema politico con la creazione di partiti più grandi che garantirebbero stabilità e maggiore governabilità. Nessuna di queste motivazioni mi persuade ma vorrei qui affrontare soprattutto la seconda. Siamo di fronte ad una crisi del sistema politico o non si tratta piuttosto di una vera e propria crisi della politica e dei partiti stessi che si trascina oramai da moltissimo tempo?
Dodici anni fa molti pensarono che la riforma elettorale in senso maggioritario fosse il rimedio, salvo scoprire assai presto che nessun sistema elettorale può rivitalizzare una politica vuota di senso e incapace di leggere il mondo globalizzato. Anche stavolta si propone una sorta di scavalcamento del problema proponendo di mettere insieme due o più partiti in crisi per farne uno solo. Il compagno Reichlin ha chiesto proprio a noi che non concordiamo con questa ipotesi se ci siamo per caso accorti del fatto che in molti territori, nel nostro partito, comandano solo gli eletti e intorno a loro ruota una sorta di sistema di potere chiuso e oligarchico... vorrei tranquillizzarlo e dirgli che ce ne siamo accorti da parecchio tempo. Ma domando, a mia volta, perchè mai unificarci con la Margherita dovrebbe risolvere d'incanto queste distorsioni? Se guardo alla poco edificante vicenda del tesseramento nella Margherita direi che sono quasi certa che alle nostre distorsioni altre se ne aggiungeranno. Non vedo in campo alcuna volontà reale di introdurre gli anticorpi capaci di combatterle e di ridare un senso alla politica: la trasparenza democratica delle decisioni, gruppi dirigenti ai vari livelli composti alla pari da donne e da uomini, la capacità di innovare la proria cultura politica con ciò che di nuovo matura nel campo delle idee e della storia, la partecipazione reale e non plebiscitaria dei cittadini, il rifiuto del cumulo degli incarichi che è invece diventata prassi consolidata.
Insomma, ho la netta sensazione che il partito democratico sia un'altra risposta sbagliata alla crisi della politica, un altro aggiramento, per non guardare in faccia le ragioni vere che hanno determinato un netto allontanamento della politica dalle sue finalità: cambiare e migliorare la vita della polis, introdurre principi, diritti e valori nella convivenza civile, produrre idee e programmi, governare con i cittadini, creare maggiore giustizia sociale. Il socialismo dei cittadini, lo chiama il premier socialista spagnolo. Io chiedo soltanto di riflettere sul fatto che se la politica non si rinnova può inventarsi le forme-partito che vuole ma non riacquisterà credibilità. Così come risulta piuttosto curioso che su tutti i nodi più seri che si attorcigliano attorno alla nascita del Pd, penso a quelli che attengono alla laicità dello Stato, al posto e ai diritti del lavoro e al ruolo dell'impresa e delle banche in una moderna società, alla gestione dei beni pubblici primari, ai diritti civili, si continuino a registrare differenze enormi e si faccia finta di nulla. Pare invece che un destino ineluttabile si sia impossessato dei gruppi dirigenti di maggioranza dei ds e della Margherita... non si può fermare il treno che è partito!
Fino a qualche settimana fa i massimi dirigenti del nostro partito assicuravano che per loro l'ingresso del Pd nel partito del socialismo europeo era una scelta irrinunciabile, ora siamo passati a frasi del tipo «un legame forte con il Pse, un rapporto forte e intenso» e il presidente Prodi si è spinto addirittura oltre, con un azzardo teorico del tutto infondato. «Il riformismo - ha detto due giorni fa - è un naturale passo oltre il socialismo». Ma il riformismo è un metodo e la democrazia è la via che si segue per fare le riforme. Definire il riformismo un passo che va oltre il socialismo significa mettere sullo stesso piano un metodo e una visione del mondo e dello sviluppo, snaturando ad un tempo il significato di entrambi i termini. Proprio per le cose che ho sin qui detto non sono mai stata del tutto convinta che la adesione del Partito democratico al Pse sia la mossa che da sola risolve quelle che per ora restano, tra noi, differenze profonde.
Io non nego legittimità al disegno di costruire il Partito Democratico, ma non vorrei fosse negata l'esistenza e la legittimità della proposta che abbiamo avanzato a Roma chiaramente. Per noi deve rinnovarsi e svilupparsi in Italia un grande e plurale soggetto politico della sinistra collocato nel socialismo europeo e capace di dialogare con tutta la sinistra cosiddetta radicale, perchè questa sinistra è anch'essa al governo e vive una fase di profonde trasformazioni che sarebbe sbagliato non cogliere. Insomma una forte sinistra in una grande alleanza che è l’Ulivo. È chiaro che il principale soggetto che deve porsi il compito di realizzare una grande e plurale forza socialista in Italia sono i Ds che ci provarono in passato ma che di fronte alle prime difficoltà abbandonarono subito l'opera. E accanto a questa grande forza di sinistra deve radicarsi e rafforzarsi un centro democratico e liberale. Invece di concentrare tutta la competizione dentro un unico partito, che sarebbe fatalmente composto da rigide e paralizzanti correnti, penso faccia meglio alla politica un sano confronto tra due grandi partiti diversi ma lealmente alleati a sostegno del governo e capaci entrambi di espandersi in direzioni diverse.
Ho letto con rammarico il commento del coordinatore nazionale della segreteria ds che al termine della grande manifestazione di sabato avrebbe dichiarato che non abbiamo avanzato nessuna proposta alternativa al partito democratico. Negare esistenza e cittadinanza alle opinioni diverse significa non aver rispetto del pluralismo e all'inizio del dibattito sarebbe bene lo ricordassimo tutti. Un dibattito che mi auguro sia rispettoso delle regole, aperto e fraterno. Si può discutere anche duramente senza farsi male e senza scomuniche reciproche, conservando l'impegno che tutti ci lega al sostegno di questo governo che così difficilmente abbiamo tutti insieme conquistato.
Abbiamo chiesto il congresso perchè è impensabile che si arrivi a decidere il superamento dei Ds costruendo dati di fatto e in sedi che non siano quelle sovrane ed elette. Ma farete la scissione, ci chiedono alcuni commentatori politici? Ma da che cosa mai ci scinderemmo se scompare, nel giro di un anno, il partito nel quale comunemente militiamo? La domanda è sbagliata. Tra pochi mesi si avvia il confronto. La domanda che ci troveremo di fronte è chiara: in Italia deve oppure no esistere, e rafforzarsi, un grande partito della sinistra che si richiama al socialismo e ai suoi valori storicamente consolidati ma che si propone soprattutto di pensare e inventare anche il socialismo del futuro, rendendolo ecologico, femminile, sensibile ai nuovi diritti civili, impegnato finalmente sui temi della povertà? Io credo debba assolutamente esistere. «A Sinistra per il Socialismo», la nuova area politica che raccoglie donne e uomini che provengono da diverse culture politiche inizia in questi giorni il suo percorso e lo fa rivolgendosi agli incerti, e a tutti coloro che vogliono dire la loro opinione perchè siamo di fronte ad un tema epocale, che interessa tutta la socità italiana e anche la sua democrazia.
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