Il Papa inviato in Turchia è messaggero dell'Europa
Il viaggio che Benedetto XVI inizierà domani in Turchia si presenta certamente in salita. Quello del Pontefice, infatti, oltre che un pellegrinaggio in solitaria, fatto d'incontri privati o “al chiuso” e privi del bagno della folla, si presenta come un atto dalle molte incognite. Benedetto XVI in parte riprenderà quella via del dialogo del Mediterraneo e del Vicino oriente inaugurata nell'anno del Giubileo da Giovanni Paolo II, quando l'obiettivo era individuare un cammino e crocevia tra cristianità e Islam. La visita del pontefice nella grande moschea di Damasco lungo le strade che furono di Paolo, simbolicamente rappresentava quell'intento. C'era in quella congiuntura la determinazione della geografia come valico, ovvero come possibilità di incontro. Dopo l'11 settembre la geografia è invece tornata ad essere coscienza dei confini.
Nella scelta di Giovanni Paolo II, tuttavia, non c'era solo la via del dialogo, ma anche la convinzione che fosse proprio delle fedi superare la crisi della politica. Secondo un doppio registro. Da una parte inasprire i toni nei confronti del relativismo e di rispondere al processo di secolarizzazione chiamando ad una battaglia per l'identità. Dall'altra tenere aperto uno spiraglio pensando che ciò che poteva chiudersi nel conflitto tra gli uomini potesse essere tenuto aperto sul piano del Libro.
Sviluppare un linguaggio intereligioso ha due funzioni: confermare la supremazia della religione, del sentimento religioso rispetto alla quotidianità della politica; dichiarare come il linguaggio religioso sia universale e cosmopolitico e dunque più efficace di quello proprio della politica.
Ma il viaggio di Benedetto XVI ha anche significati politici.
Benedetto XVI, oltre ai propri, vestirà i panni dell'inviato che viene dall'Europa e ne presenta il possibile volto. Benedetto XVI arriverà a Istanbul senza che ancora sia acquisito l'ingresso della Turchia nella Ue.
Quell'ingresso per il governo turco ha un valore e un significato politici. Per l'opposizione fondamentalista islamica turca e anche per Benedetto XVI quell'ingresso, invece, ha anche un segno culturale e riguarda la sfera dell'identità religiosa. Le dichiarazioni del premier turco Recep Tayip Erdogan,circa la difficoltà di incontrare Benedetto XVI indicano il suo tentativo di sottrarre il confronto con l'Europa alla sfera religiosa e ricondurlo sul terreno della politica. E' per questo che l'incontro tra Erdogan e Benedetto XVI è problematico. Per entrambi, ma anche per l'Europa come soggetto politico.
Se il confronto Turchia-Europa fosse segnato dall''azione di Benedetto XVI (il viatico che ieri il Papa ha dato all'ingresso della Turchia in Europa è un segno esattamente in questa direzione), l'effetto sarebbe la riapertura del dossier sulla legittimità del richiamo dell'identità giudaico-cristiana nel preambolo del Trattato europeo. Sia i fondamentalisti turchi sia Benedetto XVI hanno dunque un contenzioso culturale con l'Europa. I primi per non entrarci, il secondo per mettere il proprio marchio sulla dimensione e il peso della laicità nell'identità europea.
Quello di Benedetto XVI è un viaggio che parla tanto ai turchi come agli europei. Ai primi dice sommessamente che occorre avere un profilo culturale concedendo spazi alle minoranze. Ai secondi manda a dire che hanno un'identità non derubricabile e che il confronto in merito al preambolo del Trattato europeo, per ora sospeso, andrà quanto prima riaperto di nuovo al capitolo relativo alla laicità.
27.11.06 12:30 - sezione
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