Forza Cesare, sei tutti loro
di Marco Travaglio
È comprensibile il tripudio della Casa circondariale delle libertà dopo l’annullamento della condanna di Previti e Squillante per i 434.404 dollari di provenienza berlusconiana versati dal primo al secondo in Svizzera il 6 marzo ’91. Il nuovo processo, che ricomincia da zero a Perugia, cadrà in prescrizione ad aprile. Per gli innocenti, la prescrizione è un’onta. Per i Previti, è una benedizione del cielo («E vai!»). Esagerando un po’, l’avvocato del noto pregiudicato detenuto ai domiciliari ha commentato: «Si è fatta piazza pulita di anni di processi, di tonnellate di carta, di miliardi spesi dall’erario». In realtà qui gli unici miliardi che ballano sono quelli sottratti all’erario da Previti & C. non pagando i risarcimenti riconosciuti dai giudici alle parti civili (fra cui lo Stato, cioè l’erario) e, prima, comprando la sentenza Imi-Sir che condannò una banca pubblica a versare mille miliardi del 1994, soldi nostri,per giunta non dovuti,alla famiglia Rovelli. «La Cassazione smonta il teorema del pool», titolava ieri il Giornale, aggiungendo questa nuova balla a una lunga collezione. In realtà la Cassazione non ha smontato alcunchè: s’è limitata a spostare il processo a Perugia. Il tutto «dimenticando» di essersi pronunciata a favore della competenza di Milano fin dal 1996. Per 11 anni la Cassazione dice ai giudici di Milano che sono competenti loro. Sul più bello, alla vigilia della prescrizione, cambia idea e dice che è competente Perugia. Fortuna che la «giustizia» granturismo vale solo per Previti, altrimenti non si processerebbe più nessuno.
L’altra sera, ad Annozero, gli italiani hanno potuto capire perché Previti & C. sono così arzilli, e ammirare un bel campionario della classe politica italiota. Dopo il reportage su Previti che rientra in ritardo agli arresti domiciliari, ben oltre le due ore d’aria gentilmente concesse dal giudice di sorveglianza (peraltro per provvedere alle sue «esigenze vitali», non per andare nel suo studio), Piercasinando ha deplorato l’«accanimento» del giornalista Bianchi che tentava di porre qualche domanda all’on. det. preg.: «Avete trattato Previti come se fosse un delinquente». Il fatto è che, tecnicamente, Previti è un delinquente: delinquente è colui che delinque, cioè viola il codice penale, e Previti è stato condannato in via definitiva dalla Cassazione per aver comprato un giudice per vincere una causa persa nel «caso più grave di corruzione della storia d’Italia e non solo» (sentenza di I grado). Ma poi, a riabilitare l’immagine di Piercasinando, che aveva anche confermato profonda stima per un altro pregiudicato (Marcello Dell’Utri), hanno provveduto il ds Caldarola e il Dl Polito Margherito. Prima di dire che Previti dovrebbe avere il buon gusto di dimettersi da parlamentare, Bibì e Bibò han fatto una lunga premessa di un quarto d’ora per ciascuno, piena di se, ma, però, forse, ancorchè. Polito ha deplorato l’«uso politico della giustizia», senza spiegare quando, come, perchè, da parte di chi. Caldarola ha detto che non sta bene dire «pregiudicato» a un pregiudicato e s’è vantato di non aver mai consentito che si usasse una tale parolaccia sulla sua Unità (quella che chiuse i battenti). Forse non sa che pregiudicato significa «già giudicato», cioè condannato. È un termine tecnico, non un insulto. È un insulto invece «ufficialetto della Hitlerjugend», come egli qualificò il sottoscritto sul Riformista di Polito. Caldarola si è poi vantato di un altissimo merito: «Ho sempre votato contro e sempre voterò contro l’arresto di un parlamentare, perché credo nella presunzione di innocenza». Dunque nel ’73, quando la Camera autorizzò l’arresto del missino Sandro Saccucci che sparava sulla folla ai comizi, lui l’avrebbe tenuto a Montecitorio, così da consentirgli un po’ di tiro a segno anche lì? E se domani un deputato viene preso mentre ruba in supermercato, che si fa? Si aspetta la Cassazione per chiamarlo ladro (parlando con pardòn) e metterlo dentro? Se i nostri parlamentari conoscessero i propri poteri e i propri limiti, saprebbero che non spetta a loro valutare la fondatezza degli arresti dei loro colleghi. Possono solo bloccarli nel caso, eccezionale e tutto da provare, di «fumus persecutionis»: cioè quando è dimostrato che il giudice sta perseguitando uno senza prove, per fini politici. Ma è l’eccezione, non la regola. La regola è che tutti i cittadini sono uguali di fronte alla legge. Sempre scusandoci per la parola «legge» che, in certi ambienti, potrebbe suonare un po’ forte.
Al di là del caso specifico( di Previti si è parlato e si continua a parlare nel disinteresse totale di quasi tutti i parlamentari, mi sembra), credo che Travaglio sia uno dei pochi a praticare un giornalismo serio e perfino didattico, informando ed istruendo il lettore sprovveduto-e forse ce ne sono molti- su quali siano le competenze specifiche dei tre poteri dello Stato e sui diritti che noi cittadini dovremmo far valere. Sono impaurita dalla totale mancanza di senso morale e civico da parte di molti nostri connazionali: almeno questo deduco ascoltando conversazioni di gente comune in luoghi pubblici ed assistendo a certe interviste trasmesse in televisione. Mi sono sembrate agghiaccianti alcune risposte di giovani "impegnati politicamente"ascoltate durante l'ultima trasmissione AnnoZero. Meno male che a bilanciare questi abissi di egoismo amorale ci sono quelli come Travaglio!.
viva TRAVAGLIO,LUI E TRA I POCHI CHE QUANDO "SBAGLIA" PAGA.l'ITALIA NECESSITA DI 1000 GIORNALISTI DI QUESTO CALIBRO.
Quando cambierà qualcosa in questo lercio paese? Io credo mai. Davvero dovremo imparare a convivere con tutto questo? Lo stiamo facendo da 60 anni... dovremo digerirlo finalmente per poter ottenere che il fegato torni delle sue naturali dimensioni?