Dead man driving
Centinaia di morti, migliaia di malati, 18 mesi di aspettativa di vita in meno. Più le vittime degli incidenti. Più i costi sociali ed economici. Guerra? Epidemia? Terrorismo? No, il traffico quotidiano a Milano. Se lo smog è il nostro AIDS, la via sicura è l'astinenza. Dall'auto.
Avete mai visto in faccia un globulo di PM10, una molecola di smog? Beh, è più brutto del virus dell’AIDS. All'incontro organizzato dal Circolo Archimede "
Ticket to ride? Idee, proposte e (forse) soluzioni per una mobilità metropolitana" alla Sala Guicciardini, se ne sono viste e sentite: l’italica bulimia di automobile (la usiamo in maggioranza anche per gli spostamenti inferiori a 5 chilometri) e i suoi effetti: un anno e mezzo di aspettativa di vita in meno; la stucchevole rassegna stampa del tormentone Moratti-Formigoni sulla pollution charge meneghina e la favolosa immagine del re di Svezia che paga il ticket d’ingresso a Stoccolma; il segreto del successo londinese di Ken “il rosso” e la perdurante scarsità di dati sullo smog a Milano.
Il ticket è di sinistra? Libertà o salute? Individualismo o tassa di scopo? Lasciamo perdere le trappole ideologiche e pensiamo alle soluzioni. Moltiplichiamo le centraline, rendiamo evidente il rischio per la salute; basterebbe disegnare dei semplici segni bianchi sull’asfalto per creare corsie veloci sulle radianti d’ingresso, da riservare ai mezzi pubblici e alle auto con almeno tre persone. E se i vigili dichiarassero davvero guerra alle soste selvagge in seconda fila? Cosa si aspetta a far diventare metropolitana l’ATM? Non è ora di mandare a casa qualcuno? Fermi tutti, un’idea: targhe alterne non solo fino a marzo, come sembra in procinto di votare il Consiglio comunale, ma a oltranza, come a San Paolo: metà auto in meno. No, un terzo. Vabbè, è già qualcosa.
L’effetto Archimede ha funzionato ancora: metti insieme cittadini, esperti e politici (di un certo tipo, naturalmente) e i cervelli cominciano a mandare lampi, i cuori a palpitare all'unisono. La perizia dei relatori Patrizia Malgieri, Luca Carra, Mario Zambrini e Enrico Fedrighini - che sono riusciti a rendere semplice una faccenda estremamente complessa - ha stimolato nel folto pubblico l’indignata volontà di difendere il valore della città, il luogo in cui abbiamo costruito vita, lavoro, affetti, dal degrado logistico e atmosferico; la determinazione di trovare una soluzione in tempi brevi, espressa con passione da Davide Corridore; il diritto di far rendere conto ai responsabili dei risultati della loro negligenza. Era ora di chiudere e ancora si discuteva sui possibili meccanismi di finanziamento per potenziare il trasporto pubblico. Ora, se ci è riuscito Archimede in una serata, possibile che la politica, il Comune non riesca a mobilitare l’opinione pubblica su un progetto condiviso, su un’impresa collettiva in nome della salute dei milanesi che verranno?
Una cosa, si è capita: il tema della mobilità a Milano è ormai questione di vita o di morte (della città e dei suoi abitanti), ci vuole un piano, una combinazione coerente di misure a breve, medio e lungo termine. I nostri amministratori (al governo e all’opposizione) devono decidere al più presto una direzione per uscire dal caos letale in cui affoghiamo e fare il primo passo, con lungimiranza, per contrastare l’abuso del mezzo privato, promuoverne l’uso intelligente, mettere al centro della mobilità metropolitana il mezzo pubblico. Anche con misure di “fiscalità ambientale” che sostengano i buoni comportamenti e penalizzino quelli cattivi; purchè vi sia chiarezza, trasparenza, misurabilità dei risultati. L’esperienza di altre città lo dimostra: se i vantaggi sono reali e duraturi nel tempo, i cittadini sono pronti a cambiare stili di vita, anche a pagare. Basta incominciare. Sul serio.