Il 2006 chiude i battenti, è stato un anno di grandi vittorie: abbiamo vinto le primarie, le elezioni, i referendum, i mondiali e ora, sulla linea del traguardo, sembra vinta anche la prima battaglia per la realizzazione dei Pacs. Il sesto mondo, secondo la suddivisione del monaco cinese Tien-Tai che ha teorizzato il principio di Icinen Sanzen, è quello che corrisponde allo stato vitale detto Estasi.
L’Estasi è la gioia che deriva dalla realizzazione dei desideri, dal successo, dalla fama, dall’incontro con la persona amata, da quello che ci capita di bello nella vita, insomma. Però è una forma di felicità relativa, legata agli eventi esterni, e come tale effimera, poiché svanisce nel momento in cui le cause che l’hanno provocata non sussistono più. Ha a che fare con soddisfazioni esteriori che apparentemente ci saziano ma in realtà producono nuovi vuoti, nuovi desideri, e nei peggiori casi una caduta a precipizio verso il primo e più basso degli stati vitali, quello detto di Inferno. Uno stato in cui l’energia e la capacità di interagire con il mondo circostante è ridotta a zero. E questa altalena tra momenti di gioia breve contrappuntati dalla sensazione di essere stati delusi, sembra essere stata la cifra peculiare di questo sesto anno del millennio secondo. Grande speranza, grande coesione, grande forza e poi, una volta ottenuto il risultato, una sensazione di vuoto, come se quell’obbiettivo, quella vittoria tanto agognata, quel bisogno non potesse essere saziato dall’esterno. La paura che ciò che si è ottenuto possa essere strappato via da un momento all’altro, come spariscono i palazzi magici delle favole. L’insicurezza che deriva da questo stato rende difficile l’azione, la crescita, facilità la lamentela e l’avidità, la collera e la pigrizia mentale.
E così vincenti e impauriti ci affacciamo al settimo anno del duemila. Per chi fosse curioso il nostro monaco Tien-Tai faceva corrispondere il numero sette allo stato vitale di studio. Quelle in cui si cerca attraverso lo sforzo e l’impegno, l’approfondimento e la fame di sapere, di consolidare ciò che sembra esserci piovuto dal cielo. Anche questo stato ha il suo rischio, ha il suo rovescio della medaglia. Lo studioso è colui che crede di potere trovare una risposta a tutto, di poter risolvere ogni questione a partire da se stesso e dal proprio sapere razionale. Abbiamo visto, nel secolo breve appena finito, quanti danni ha provocato l’idea di una scienza libera dall’etica, dal senso del limite, dalla consapevolezza dei sentimenti.
Ma anche se gli sforzi fino a ora sembrano aver dato pochi buoni risultati, non ci si può esentare dall’impegno di trovare una soluzione ai tanti problemi che affliggono le nostre vite, il nostro paese, il nostro pianeta. Vanno guardati in faccia, assumendosi la responsabilità di cambiare quello che ognuno di noi ha il potere di cambiare. Pur essendo tutti a conoscenza del fatto tutti del fatto che ormai si rende indispensabile una inversione di rotta, la Carta della Terra redatta nel 2000, ha ordinato per punti quello che si può fare per tentare permettere al pianeta una vita lunga e sana. Niente è già scritto e molto si può ancora cambiare. Chi volesse approfondirne il testo può andare su
earthcharter.org. Io mi riprometto di studiarla a fondo e rifletterci insieme a voi negli articoli che scriverò nel corso del prossimo anno. Già leggendola si ha la sensazione che il pessimismo cosmico tanto amato dai catastrofisti sia una posa del pensiero. Purtroppo tutti noi siamo più propensi a credere vero il brutto, considerando il bello frutto dell’illusione e della fantasia.