Il Partito della tortura
di Paolo Flores d'Arcais
Piergiorgio Welby chiede di non essere più sottoposto a tortura. Lo chiede dopo una tortura che - in senso proprio, in senso tecnico - dura ormai da mesi (la sofferenza della malattia, e che sofferenza, da anni). La cosa raccapricciante è che se ne debba o se ne possa ancora discutere. Il diritto a non essere torturato viene infatti perfino prima del diritto alla vita, in tutti gli ordinamenti del mondo. Anche i Paesi che perseverano nella barbarie della pena di morte, non a caso, si premurano di vietare che essa possa avvenire attraverso procedure specialmente dolorose.
Conquista recente, quella della condanna a morte senza tortura, visto che poco più di un secolo fa l’esecuzione alla pena capitale era festa grande, preceduta da ore e giorni di efferate torture somministrate in pubblico, lungo percorsi che duravano ore tra folle esultanti.
Piergiorgio Welby chiede di non essere più sottoposto a tortura. La sua richiesta si articola in due istanze tecniche: che venga staccata la spina del respiratore artificiale, e che tale distacco sia preceduto da una sedazione profonda e irreversibile, tale che la fine della tortura non debba avvenire attraverso momenti (minuti, ore?) di tortura se possibile ancora più indicibile. Perché la sua morte per soffocamento, se in stato di coscienza anche minima, equivarrebbe esattamente al modo (e alle sofferenze) di chi veniva condannato a morte per crocefissione ai tempi dell’impero romano. Del resto, la tortura che oggi Welby soffre, da mesi (svegliarsi in continuazione con la sensazione estrema di morire annegati) dà luogo alle stesse insopportabili sensazione della tortura ordinaria preferita dai regimi golpisti sudamericani (e non solo): gettare a forza nella gola tramite imbuto quantità di liquido fino a che il suppliziato abbia la sensazione di soffocare.
Piergiorgio Welby chiede di non essere più sottoposto a tortura. Dovrebbe andare da sé. Che debba addirittura chiedere quello che dovrebbe essere un diritto elementare di ciascuno di noi, garantito più ancora della vita, dovrebbe sollevare una marea di indignazione (e di preoccupazione e paura in ciascuno di noi). E invece, quel diritto gli è stato fin qui negato, in un’orgia di distinzioni ipocrite e di cavilli ideologici da azzeccagarbugli all’ennesima potenza. Perché a parole, ovviamente, tutti si dichiarano d’accordo (tranne la parola che pesa di più, quella della prima sezione del tribunale civile di Roma). Welby ha diritto a non essere torturato, e se la spina verrà staccata ha diritto che ciò avvenga senza ulteriore e più grande tortura.
Ma da questo punto in poi inizia il balletto macabro dei sepolcri imbiancati. Chi può staccare la spina? L’ordine dei medici fa sapere che se fosse un medico verrebbe sanzionato, i giuristi ricordano che con le leggi vigenti chi lo facesse potrebbe essere condannato fino a quindici anni di carcere per assistenza al suicidio, e quanto a quelli che dovrebbero rappresentarci (addirittura in modo onorevole), tranne casi isolati e coraggiosi, non fanno che ripetere che bisogna soprattutto impedire che qualsiasi novità legislativa metta all’ordine del giorno la possibilità dell’eutanasia.
Dunque: Piergiorgio Welby chiede di non essere più sottoposto a tortura, ma l’establishment quasi unanime impedisce che alla tortura venga posto fine, e lo impedisce con il massimo di viltà, senza assumersene cioè la responsabilità aperta. Perché di questo si tratta.
Giocando su significati esoterico-ideologici delle due pretese elementari con cui Welby chiede di non essere più torturato: staccare la spina e sedare.
L’azzeccagarbugli comincia infatti a sofisticare: tenere il respiratore in funzione è davvero accanimento terapeutico? O non rientra tra i doveri medici del “curare”? Eppure la legge sembra chiara: il paziente ha diritto a rifiutare un trattamento medico, anche se tale mancato trattamento può portarlo rapidamente alla morte. Di recente, una signora con una gamba in gangrena ha rifiutato l’amputazione, e di conseguenza è morta.
Dunque, si può rifiutare una amputazione ma non si può rifiutare una respirazione forzata? Perché nel primo caso è la Natura che fa il suo corso, si arrampica sugli specchi l’azzeccagarbugli, mentre nel secondo ci sarebbe un intervento attivo dell’uomo: la Natura, infatti, non stacca le spine. Ma non le produce neppure, però! E dunque, aver utilizzato una volta uno strumento tecnico impedirebbe poi di farne a meno in un momento successivo? Come se davvero avesse un senso qualsiasi la distinzione, in medicina, tra Naturale e Artificiale (sempre con le maiuscole, visto che siamo in pieno sabba ideologico). Come se non fosse artificio ogni antibiotico e ogni trasfusione e ogni intervento chirurgico, esattamente come il polmone artificiale. Dunque, il diritto a rifiutare una cura implica il diritto a rifiutare ogni cura, avvenga ciò nella modalità del non iniziarla o in quella dell’interromperla.
Ma evidentemente le leggi attuali sono confuse e contraddittorie, se nessun medico se l’è sentita di staccare la spina, per paura del carcere. Ha un bel dire, l’ineffabile cattolicissimo ex-presidente del comitato nazionale di bioetica, che Welby giudizio il medico che - non staccando la spina - continua a farlo respirare-torturare. Qualcosa, evidentemente, nel nostro ordinamento giuridico, mette a repentaglio chi rispondesse con un ovvio sì alla pretesa di Welby di non essere torturato, e agisse di conseguenza.
E infatti, il medesimo cattolicissimo ecc., alla parola “sedazione”, soprattutto se profonda, irreversibile, dunque terminale, prova un sussulto e un fremito di casuistica clericale: e all’onorevole Cappato, che nella trasmissione di Giuliano Ferrara sta esponendo argomentazioni di lineare umanità e coerenza logica, lancia un righioso: sedazione terminale? Ma allora volete introdurre surrettiziamente l’eutanasia!
Ecco il punto, dunque. Piergiorgio Welby chiede di non essere più sottoposto a tortura. A parole tutti si dichiarano d’accordo. Dunque che sia sedato (ovvero messo in stato di incoscienza) prima che la spina venga staccata, altrimenti la tortura diventerebbe ancora più atroce (analoga alla morte per crocefissione, e non è un modo di dire). Uno stato di incoscienza (un coma farmacologico, insomma) che garantisca al 101% che neppure per un attimo potrà tornare a uno stato di veglia neppure minimo. Se non fosse così getteremmo una persona nell'angoscia più terribile, chiunque si sia sottoposto a un intervento chirurgico, e abbia chiesto all’anestesista se c’è il rischio di svegliarsi anche un solo istante sotto i ferri, sa benissimo di questa ovvia angoscia.
Sedare - per non torturare - significa dunque garantire che lo stato di incoscienza sia profondissimo e irreversibile. A questa garanzia deve ovviamente essere subordinata ogni altra considerazione. E poiché il dosaggio dei sedativi varia secondo molteplici parametri personali, è ovvio che deve rischiare l’eccesso pur di non rischiare di funzionare anche minimamente in difetto.
Ma ogni sedativo ha un’influenza negativa sulla sopravvivenza (sopravvivenza di un corpo torturato, in questo caso). E se deve essere forte a sufficienza (e in dosi ripetute) da non consentire la benché minima alea di una ripresa di coscienza, è evidente che l’influenza sui tempi di sopravvivenza (di un corpo torturato) sarà negativa e anche pronunciata. Ma qual è l’alternativa? Il rischio che la sedazione non sia sufficiente, il che non porrebbe fine alla tortura ma la riaprirebbe.
Voglio qui lasciare da parte la questione se abbia senso, di fronte al dovere di non torturare, e quindi di garantire una sedazione profondissima e irreversibile, protrarre questa sedazione per ore o giorni, anziché ridurla a pochi minuti. Per chi la sedazione la subisce (e cioè viene finalmente sottratto alla tortura) non cambierebbe nulla. Ma per gli appassionati delle sofisticherie ideologiche si chiamerebbe «eutanasia», e dunque anatema. Dunque, oggi, non parliamone neppure.
Ma un immediato (immediato) decreto, che elimini le contraddizioni evidentemente presenti nel nostro ordinamento giuridico, e ponga fine al diritto/dovere di tortura che in esso evidentemente ancora oggi si annida, e che consenta a Piergiorgio Welby una sedazione irreversibile e il distacco della spina, è certamente il dovere etico e politico minimo ed elementare di tutti coloro che stanno dalla parte della vita. Il partito della vita contro il partito della tortura, questa è oggi la semplice e inaggirabile divisione che il calvario di Welby ci costringe a constatare. Da che parte stare dovrebbe essere la più facile delle scelte. Il resto è Ponzio Pilato.
Tutti hanno diritto ad una morte dignitosa e senza sofferenza. Lo sa chi ha accompagnato alla fine parenti, amici, compagni. Lo sanno gli operatori sanitari che l'eutanasia caritatevole la praticano da sempre per fare cessare il calvario dei pazienti terminali. E' un avvenimento privato, che come tale deve essere vissuto. Tutto il resto è demagogia e ricerca dello scontro ideologico, come fa Paolo Flores d'Arcais nel suo articolo. Non è quella la strada per arrivare ad una regolamentazione della morte dignitosa e senza sofferenza. Tutti quelli che sbraitano o non ci sono passati o non hanno imparato niente. Nell'eutanasia il dolore è anche, e maggiore, da parte di chi, suo malgrado, la deve praticare. In genere si fa in silenzio.
"In genere si fa in silenzio"
Perseverare con questo atteggiamento da democristiano progressista è esattamente il motivo per cui in Italia non esiste ancora una legge sul testamento biologico: le belle parole non servono a nulla, la moderazione non serve a nulla, qui serve qualcuno che abbia le palle di scrivere una legge. Non è poi così difficile, basta riprendere le leggi che esistono da decenni nella maggior parte degli stati democratici, inclusi i puritani USA.
si dovrebbe fare in silenzio, certo, perché cosa c'e' di piu' privato di questo?
Lo sanno tutti, molti medici aiutano, silenziosamente, i malati terminali a finire con dignità e senza ulteriori sofferenze. Questi medici rischiano anni di carcere e radiazione dall'albo, rischian le loro vite. E non lo fanno per soldi, come chi "in silenzio" praticava ( o pratica) gli aborti clandestini. Questi medici lo fanno per rispetto alla dignità umana e a loro stessi.
Bisogna difendere loro, e bisogna difendere il sacrosanto diritto di ognuno di noi a disporre di noi stessi, anche se impossibilitati a muovere un muscolo.
Tutto il resto, tutto questo balletto di dichiarazioni politiche di tribunali, di distinguo, mi sembra di una crudeltà infinita, ancora una volta lontano anni luce dal mondo e chiuso in stanze dai velluti rossi, tra montecitorio en il vaticano. I teo-con italiani, se avessero un Welby parente, non sarebbero cosi' ipocriti estarebbero probabilmente zitti, e sarebbe meglio.
Ripeto: il problema si risolve con una legge che permetta di far tutto alla luce del sole, non sussurrando a bassa voce (per non disturbare Gesù) le epiche gesta di questi eroi non celebrati che fanno tutto di nascosto. I medici che lo fanno a loro rischio e pericolo sono senz'altro da ammirare, ma questa non è una gara a chi è più cristiano, qui si parla di difendere in modo sistematico e ufficiale un diritto inalienabile, che è quello di disporre del proprio corpo e di essere curati come più aggrada.
Negli USA esiste un documento, il DNR (do not resuscitate). Tu (o il tuo tutore se non sei in grado) lo firmi, dopodiché i medici non possono nè rianimarti nè tenerti in vita artificialmente. NON POSSONO, la legge glielo vieta, nessuno deve decidere nulla eccetto il paziente. Mi interessano veramente poco tutte le altre mitologie epiche paleocristiane.
Larry, non sono cattolico e non sono credente, si vede che tu non ci sei passato, è solo dolore e dolore intenso. Non so se me la passa Alberto, ma sei solo un cretino. Una regolamentazione è indispensabile, ma solo senza urli e grida, a maggioranza per forza trsversale, data la situazione politica.
Tu continua pure a fare le cose in silenzio, a crederti moralmente superiore e a cercare un dialogo con gente che non ha alcuna intenzione di dialogare. Io continuo a esigere (bada bene, *esigere*) una legge sul testamento biologico, come d'altronde è riportato sul programma dell'Unione, pagina 71. Approvata con la fiducia se necessario, altro che maggioranza trasversale; abbiamo visto che belle leggi si approvano con le maggioranze trasversali.
Oberon, tu parti bene; dici "ci sono passato, so di che si tratta", poi dici che "bisogna fare in silenzio" e sono pure d'accordo, ma poi non ci dici come, in silenzio, possiamo fare in modo che cessi la barbarie della tortura in nome della "sacralità della vita" che prelati e apiratnti chierichetti continuano a perpetrare ai danni della gente comune.
E non hai il monopolio dell'esperienza diretta, credimi.
in silenzio Larry, hai ragione, capisco il tuo ragionamento. Ma quando intorno a te hai persone che invece urlano, e che ti urlano che queste cose NON si devono fare xke' la vita è Sacra e solo Dio te la puo togliere, e pretendono che tu la pensi come loro anche contro la tua volonta', in quanto lorsignori sono poi quelli che decidono quali sono le leggi giuste da fare e quelle sbagliate in questo Paese, allora che fai?! quando lorsignori ti brandiscono sulla tua nuca il loro crocifisso come un oggetto contudente come ti comporti?! forse se iniziamo a dire anche noi che certe cose vanno fatte in silenzio facciamo il gioco di chi il silenzio su sti argomenti lo ha sempre voluto, e anche troppo.solamente con la Legge certe cose come queste non dovranno essere piu fatte in silenzio e di nascosto, perche' purtroppo ora in Italia per questo delicato argomento silenzio significa di nascosto..
Errata corrige: ho scritto a Larry ma volevo scrivere a Oberon, sorry..
La libertà di scelta è una grande cosa, come pure il libero arbitrio che i clericali e i loro seguaci dimenticano troppo spesso lo stesso fondatore del Cristianesimo (Gesù Cristo) un giorno disse: "La libertà vi renderà liberi!!!!".
La vita spirituale è una cosa, le leggi umane sono un altra cosa, è amore vedere soffrire come una larva una persona che si vuole bene? Non è forse come le torture inflitte dai romani prima di provocare la morte del mal capitato? Se Lui è stufo di vivere in questo modo di sofferenza è giusto che si stacchi la spina, perchè se lui potesse anche solo muovere un muscolo lo avrebbe già fatto da solo e nessuno e ripeto nessuno avrebbe potuto fermarlo.
Forse non sarà giusto o forse si, ma sono convinta che questo giudizio spetti solo a colui che la vita la dona e non imporre le proprie convinzioni a persone che magari non credono in Dio o che hanno idee diverse, il rispetto e l'amore per il prossimo si dimostra anche così.
Monica..., non per polemizzare, ma se non vado errando disse:
Conoscerete la verità e la verità vi renderà liberi ;)
Si, ho sbagliato a digitare volevo dire : "La verità vi renderà liberi".
Sorry