Gaza, un governo di unità nazionale è la soluzione
Il senso dello scontro armato che si sta svolgendo nelle strade della Striscia di Gaza solo apparentemente è facile da interpretare. Certo in queste ore a Gaza è in onda la guerra civile. Il problema è che cosa la origini. A lungo abbiamo pensato che la questione israelo-palestinese fosse prevalentemente una partita con attori definiti. Nel conto non avevamo messo, invece, la scena di una guerra civile dentro il mondo palestinese, convinti che ancora la scena che si stava svolgendo in medio Oriente fosse quella di una Guerra di liberazione in senso classico: da una parte gli occupanti, dall'altra gli occupati.
Dunque che cosa sta accadendo a Gaza? Tutto inizia nel gennaio scorso quNDO Hamas ha vinto le elezioni palestinesi.. Allora ci siamo detti che quel risultato era l'effetto di un voto di protesta e che avevano vinto i moralizzatori.
La scelta di voto per Hamas veniva intravista più come una reazione a una politica e a uno stile di potere che si sarebbe trascinato dietro anche un inasprimento del tasso ideologico di conflitto e una riduzione dei margini di compromesso. In breve la valutazione era che il processo di pace continuava a stare fermo e che un eventuale percorso di compromesso e di soluzione politica stabile si complicava.
Quel risultato elettorale, tuttavia, non rispecchiava solo, né prevalentemente un'insorgenza morale. Individuava altre due spaccature essenziali, quella riferita al controllo del territorio e quella riferita alla fisionomia e alla configurazione dello Stato.
Da una parte una spaccatura tra corpi armati separati, che spesso alludono a conflitti tra famiglie per il la supremazia sul territorio. Un conflitto che non riguarda solo quanto potere si ha su un territorio, ma anche quanto si riesce a governare i malesseri locali. Negli ultimi venti anni Hamas in virtù della sua presenza sul piano della assistenza, ha fornito più risposte alla quotidianità in emergenza dei palestinesi, di quanto non ne abbia espressa l'Anp di Arafat. Per questo gode di simpatie. E ancora di più ne godrà se in risposta all'embargo europeo, sarà l'unica struttura a portare soldi a Gaza (altra questione è come vengono impiegati quei soldi).
Ciò individua una seconda spaccatura in atto: da una parte la Cisgiordania realtà più ricca e capace di una propria economia e dall'altra la Striscia di Gaza, una sacca di disagio e di insorgenza sociale difficilmente controllabile dai poteri tradizionali (ovvero dalle famiglie che per circa quaranta anni hanno governato i diversi segmenti della diaspora palestinese tra Beirut e la Cisgiordania ).
E' questa la partita politica aperta da gennaio. Una partita che ha trovato i suoi eroi nella guerra di Hezbollah contro Israele, e i suoi sostenitori economici in chi ha riempito le borse a Haniyeh prima di riprendere il suo aereo di ritorno da Teheran.
Il problema passa di nuovo per la costruzione di un governo di unità nazionale, e dunque per il riconoscimento di una autorevolezza politica. Ne conflitto che contrappone Abu Mazen a Hamas il futuro della pace sta col primo, ma la stabilità di un processo non consente per ora di fare degli strappi interni, ameno di non andare davvero e senza mediazioni a una guerra civile. Ma qualcuno quel governo, a Gaza come a Ramallah, lo vuole davvero?
19.12.06 01:07 - sezione
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