Il governo di Israele deve trattare con la Siria
di Amos Oz
Il presidente siriano Bashar al Assad propone ripetutamente a Israele di avviare trattative di pace.
Negli ultimi giorni ha aggiunto di essere disposto a non porre alcuna condizione preliminare per un negoziato — nemmeno la restituzione del Golan. A questa proposta il primo ministro Olmert ha risposto in maniera sbalorditiva: non possiamo disubbidire al presidente Bush, nostro alleato, che non ha alcun interesse a un accordo di pace tra Israele e la Siria. Israele dunque respinge la mano tesa di Assad.
Ci sono stati tempi in cui Israele si comportava ancora da nazione indipendente, non da protettorato americano; tempi in cui un negoziato diretto e senza condizioni preliminari era il cuore della sua politica in Medio Oriente.
David Ben Gurion, Moshe Sharet, Levy Eshkol, Yitzhak Rabin, Menachem Begin, tutti costoro pretendevano che gli stati arabi si sedessero al tavolo del negoziato con Israele senza che nessuna delle parti ponesse condizioni preliminari. Le diverse esigenze, sostenevano, si sarebbero chiarite in fase di negoziato.
Le cose non stanno più così.
Ora è Israele a porre alla Siria, in risposta alla sua proposta, una serie di condizioni preliminari: scacciare dal suo territorio la dirigenza di Hamas, dissociarsi da Hezbollah, smetterla di importunare i nostri amici americani in Iraq, prendere le distanze dall'Iran, cessare i preparativi militari davanti alle alture del Golan. E tutto questo ancor prima di iniziare qualsiasi trattativa.
Ma se la Siria dovesse ottemperare a tutte queste condizioni, Israele non avrebbe motivo di avviare un negoziato sul futuro del Golan. La pace di fatto diventerebbe superflua.
Nel millenovecentosessantasette, in seguito all'attacco della Siria a Israele, lo stato ebraico conquistò le alture del Golan. Da allora Damasco non ha mai smesso di esigere la restituzione di quei territori. In cambio Israele vuole pace, riconoscimento e la cessazione di ogni ostilità.
Ma il governo Olmert chiede tutto questo, tutto quello che la Siria può dare, ancor prima di sedersi al tavolo delle trattative, e questo è inconcepibile. Ancor più inconcepibile è il motivo addotto da Israele al rifiuto della mano tesa siriana: non si deve trattare con la Siria per non rendere ancora più difficile la vita al presidente Bush nella polemica interna statunitense sulla questione mediorientale.
Perché Israele si intromette nel dibattito interno tra falchi e colombe negli Stati Uniti? Perché dovrebbe lasciare in sospeso un suo supremo interesse nazionale — la pace con i propri vicini — a favore di relazioni più o meno piacevoli con un governo straniero? Ma questa è anche soprattutto la prima volta che un capo di governo israeliano ammette, facendosene persino vanto, che una decisione di suprema importanza nazionale è di fatto rimessa in mani straniere.
Ci siamo già trovati in una situazione come questa. Alla vigilia della guerra dello Yom Kippur il presidente egiziano Sadat offrì a Israele pace in cambio della restituzione della penisola del Sinai.
Lo sventurato governo di Golda Meir ignorò quella proposta, adducendo pretesti molto simili a quelli dell'attuale esecutivo Olmert. Duemila e settecento soldati israeliani furono uccisi e molti altri feriti nel corso di quel conflitto, in seguito al quale Israele giunse a concludere un accordo con l'Egitto esattamente come aveva proposto Sadat: pace in cambio di territori.
Non abbiamo davvero imparato niente?
Ehud Olmert calpesta non solo la democrazia israeliana, ma anche la stessa sovranità del proprio Stato.Non è più un premier eletto che agisce in conformità di una scelta del suo popolo, ma è un vassallo ,che subordina se stesso e il suo Paese al presidente Bush.
La democrazia israeliana, già in pericolo con Sharon secondo il politologo Baruch Kimmerling, si trova ora umiliata dal sig.Ehud Olmert.Tale irresponsabile soggetto politico farebbe bene a cambiare mestiere e a ritirarsi a lavorare la terra in un kibbutz, prima che altro sangue innocente sia versato e Israele paghi un caro prezzo di vite umane.