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«Ma io sono fiero del mio sognare, di questo eterno mio incespicare» (Francesco Guccini)
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Alberto Biraghi
L'ultimo vero bacio
Un
noir di una trentina d'anni fa ha senso solo se è un buon libro. Questo lo è - in parte - anche se una traduzione sgangherata e a tratti fuori registro fa di tutto per trasformarlo in romanzo usa e getta. La storia è abbastanza scontata, con il solito detective privato (C.W. Sughrue) alcolizzato, chain smoker e disadattato (ma chissà come catalizzatore dell'attenzione di donne belle e complicate) incaricato di dalla moglie di un vecchio scrittore altrettanto alcolizzato e disadattato di riportarlo a casa. Sembra facile, ma nel corso della storia C.W. accetta per quattro soldi un incarico più complicato, trovare una ragazza scomparsa da un decennio.
Una storia improbabile, una caratterizzazione dei personaggi stereotipata (l'unico davvero originale è il bulldog Fireball che beve solo birra), uno sviluppo logorroico contrastano con i giudizi entusiastici della quarta di copertina ("il libro che ha cambiato per sempre le carte in tavola del noir"). Pollice verso per la traduzione, in cui l'uso del "lei" è tanto assurdo da diventare involontariamente comico. Ma a che pensava il traduttore?
24.12.06 11:13 - sezione
libri