Usa, Obama e la maledizione dei front-runner
L’ammissione di aver sniffato coca potrebbe
mettere fuori gioco il «volto nuovo» dei democratici
di Siegmund Ginzberg
LA CHIAMANO «maledizione del front-runner». Colpisce puntualmente chi è in testa nelle corse elettorali Usa. Spesso finisce per azzopparlo. Il «volto nuovo» del Partito democratico, Barack Obama, era stato coccolato e invitato da ogni parte a candidarsi al
la Casa bianca finché la cosa era solo un'idea. Ma quando si stava trasformando in decisione concreta, e soprattutto in sondaggi che cominciavano a darlo alla pari, o addirittura con più possibilità di Hillary Clinton, è arrivata una botta che potrebbe anche metterlo fuori gioco: in un libro scritto 11 anni fa, quando non sognava neppure di candidarsi alle presidenziali, aveva ammesso di aver sniffato cocaina da ragazzo.
La maledizione non risparmia nessuno. Né a destra né a sinistra. Hillary forse può tirare un sospiro per il fatto che il principale potenziale rivale alla nomination democratica sembri trovarsi improvvisamente in difficoltà. Ma tornare front-runner la espone allo stesso tipo di rischi. Se non sarà con Obama, nero e centrista, dovrà vedersela con John Edwards, bianco e populista. Essere dato per sicuri vincenti porta spesso male, sempre guai. Il gran favorito democratico al nastro di partenza delle presidenziali del 1988 si chiamava Gary Hart, volto nuovo, convincente, bell'uomo, posizioni forti. Il gran favorito per il 1992 era il governatore di New York Mario Cuomo, uno dalle cui labbra pendeva tutta l'America. Non arrivarono nemmeno alla nomination. Gary Hart era nettamente il front-runner, quando cominciarono a circolare voci sulle sue infedeltà coniugali. Lui sfidò la stampa: statemi pure alle costole, non ho niente da nascondere. Si piantarono davanti a casa sua e fotografarono gli andirivieni di una modella, Donna Rice, mentre la moglie era in vacanza. Lui dovette rinunciare alla candidatura. Non perché metteva le corna alla moglie, ma perché si era rivelato irrimediabilmente stupido, difetto che non si perdona nemmeno ai presidenti. La nomination andò a Michael Dukakis, contro uno scialbo Bush padre che per 8 anni era stato vice, molto in ombra, di Ronald Reagan. A mettere fine al volo di Dukakis fu una faccenda solo sussurrata: era nettamente in testa nei sondaggi, quando cominciò a circolare la voce che, durante una depressione di cui era stato vittima dopo la morte del fratello in un incidente stradale, era stato in cura da uno psichiatra. Fu la fine: mascalzone, bugiardo e fedifrago magari sì, anche un idiota nei caso estremi, ma se c'è un rischio che l'America non può correre è darsi un presidente malato di nervi. Cuomo non si presentò nemmeno alle primarie. Non si è mai capito bene a cosa fossa dovuta la gran rinuncia di un candidato che fino a poco prima tutti i sondaggi davano sicuro, anzi vincente. Che lo accusassero di avere mafiosi in famiglia? Così come non si è mai capito bene il perché della gran rinuncia, qualche anno dopo, di un Colin Powell che sembrava lanciatissimo. Nel 1992 vinse Bill Clinton, forse anche grazie al fatto che al nastro di partenza non era affatto il favorito. Circolava già la voce che c'avesse quell'idea lì fissa in testa, saltò fuori la signora Jennifer Flowers a dire che Bill era stato suo amante, ma la buriana si assopì perché era improbabile che fosse quel signor nessuno a vincere. Così come il non apparire come front-runner aveva contribuito al successo di Jimmy Carter nel 1976, e di un altro candidato non proprio carismatico, né per i suoi né per gli avversari: Richard Nixon, le due volte prima.
Nella politica americana non si può dire con certezza che i giochi sono fatto nemmeno dopo che ci sono state le nomination, figurarsi prima che siano state annunciate ufficialmente le candidature. Le primarie non sono scontate in partenza, tranne che per i presidenti che si ripresentano (favoriti nel loro partito) e per i candidati che si ripresentano dopo aver perso la volta prima (al contrario, decisamente sfavoriti). Più avanti si è nella corsa, e più si è in vantaggio sul gruppo, più un incidente rischia di essere rovinoso. E spesso la cosa è complicata dal fatto che spesso il candidato che gode di più favore tra i suoi nelle primarie, è quello che meno attira voti dal campo avversario, e viceversa. I potenziali front-runner repubblicani alla successione a Bush, John McCain e l'ex sindaco di New York Rudy Giuliani, sono entrambi sospetti di moderazione e laicità agli occhi di una parte del loro elettorato, gli ultrà religiosi protestanti. Il New York Daily News ha appena pubblicato estratti di un'analisi interna riservata degli strateghi elettorali repubblicani che elencano una serie di ostacoli «insormontabili» che pesano su una candidatura Giuliani e potrebbero non farla neppure decollare: il divorzio dalla moglie, l'aver avuto il cancro alla prostata, essere un difensore dell'aborto, dei matrimoni gay e del bando alle armi da fuoco. Alle presidenziali Giuliani magari ce la farebbe, ma non alle primarie. Quanto a McCain, per l'ex veterano del Vietnam il pericolo di caduta comincerebbe nel momento in cui resta solo in testa.
Lo stesso per il preannunciato duello tra Hillary Clinton e Barack Obama. Maureen Dowd, la penna più caustica del New York Times intitolava la sua column di ieri: «Riuscirà Hillzilla a schiacciare Obambi?» Coglie il punto: la signora Clinton è un dinosauro dalla potenza politica e finanziaria mostruosa, offre all'elettrato "due presidenti al prezzo di uno". Ma proprio questo è il suo tallone d'Achille. Bambi attira più simpatie di Gozzilla. Il suo punto debole non è l'età (avrà 47 anni nel 2008, se eletto sarebbe presidente da più vecchio di John Kennedy e Bill Clinton. Forse nemmeno l'inesperienza, ma l'essere troppo perfetto (mai una cosa fuori posto nei discorsi, pare che a seconda dell'uditorio cambi anche cadenza e accento, oltre che l'etimologia del nome (araba se parla agli arabi, ebraica se parla agli ebrei, e così via). L'improvvida ammissione di aver sniffato cocaina da studente a Harvard potrebbe essere una buccia di banana, o non esserlo. I pareri sono discordi. Per un'ammissione simile, vent'anni fa il giudice Douglas Ginsburg aveva dovuto ritirare la candidatura alla Corte suprema. Bill Clinton, rispondendo alla domanda se avesse mai fumato uno spinello, aveva riposto: Sì, ma non ho inalato. L'avevano eletto lo stesso, ma la risposta fu argomento di irrisione per anni. Bush aveva dovuto ammettere di essere stato «irresponsabile» da giovane. Si disse: alcool e coca. Superò la cosa con un colpo di genio: disse che a redimerlo era stato l'incontro con Gesù. Obama almeno è sincero, dicono i sostenitori. «Sì, da ragazzo ho inalato. E allora?», il modo in cui l'ha messa lui. Onesto e sincero. Ma ancor più onesto se l'ammissione fosse venuta anche nei libri pubblicati per sondare la propria candidabilità, e non solo in un vecchio libro dimenticato. Comunque sia, forse meno grave di un altro paio di handicap indicibili, subliminali, ma proprio per questo molto più pesanti. No, non solo il colore della pelle, che è una limitazione quanto per Hillary potrebbe esserlo l'essere donna. L'assonanza di Obama con Osama (la Cnn ha dovuto scusarsi per un refuso, «Dov'è Obama?», avevano intitolato un servizio su Bin Laden). E poi il middle namem che ogni tanto c'è e ogni tanto no. Si chiama Barack H. Obama. H. sta per Hussein. A differenza della senatrice Clinton, si era opposto alla guerra in Iraq, con un argomento interessante: «No, non sono contro tutte le guerre, sono contro le guerre stupide». Ma è forse per quell'H. che non ha potuto esimersi dall'unirsi ai cori di entusiasmo per l'impiccagione.
come minimo impiccheranno pure lui: un nero e si ddrrrogava da piccolo, aaah.. e Al Pacino mi sa che non li caga...non hanno uno che si chiami Maurice Krozz?:-)))
Carolina
Obama aveva gia' ammesso da tempo di avere fatto uso di cocaina e di altre droghe.
Anche Bush aveva ammesso di aver fatto uso di cocaina oltre che di essere stato un alcolizzato, eppure Bush e' stato eletto due volte!
Ginzberg e' un po' in ritardo.
Agli americani stanno piu' sulle balle i bugiardi (tipo Clinton che nel caso della Levinsky aveva negato di avere fatto sesso con lei) che i "peccatori". Bush se l'e' cavata dicendo che si era pentito del suo passato di alcolista e cocainomane. Gli elettori americani sanno perdonare tante cose, ma non i bugiardi e Obama fino ad ora non ha dimostrato di esserlo. Per quanto riguarda Hillary, a me tanto sincera non sembra.
Leggiamo fra le righe. Il suo crimine non è di aver sniffato cocaina da ragazzo, il crimine è aver consumato cocaina ed essere NERO.