I ghetti di Palestina creati dal Muro
di Umberto de Giovannangeli
VILLAGGI SPEZZATI in due. Migliaia di famiglie divise dalla terra che le sfama. Oltre 100mila ulivi distrutti; oltre 200mila persone separate dal resto della popolazione. È la tragica realtà della Cisgiordania palestinese; un dramma collettivo che si consuma all’ombra del «Muro»
I ghetti di Palestina. Un Muro che penetra nei territori occupati di Cisgiordania. Spezza villaggi. Divide famiglie. Distrugge terreni agricoli. E crea enclavi (aree in cui la gente sarà totalmente circondata dal muro) entro le quali vivono già oggi oltre 150mila palestinesi. La «barriera di difesa» voluta da Israele per far fronte agli attacchi terroristici ha stravolto i connotati della West Bank, delineando sul campo, e in modo unilaterale, i confini futuri dello Stato d’Israele. Il premier israeliano Olmert ha deciso di modificare il tracciato della «barriera difensiva» in costruzione in Cisgiordania, al fine di inglobare due insediamenti e isolare due villaggi palestinesi che contano 20mila abitanti. A rivelarlo è il quotidiano Haaretz, secondo cui all’altezza della città israeliana di Modiin Ilit il tracciato del «Muro» sarà spostato di 5 km oltre la linea verde che segnò il confine tra Israele e Cisgiordania nel 1967, a seguito della Guerra dei Sei giorni. In questo modo gli insediamenti di Nili e Naaleh (nei quali vivono circa 1.500 coloni) saranno riuniti al territorio israeliano, mentre un villaggio palestinese di 17mila abitanti sarà circondato da un lato dal muro e dall’altro da un fossato; un altro di circa 3mila abitanti sarà circondato dalla barriera su tre lati. Ciò comporterà un prolungamento della barriera di circa 12 km. Nel nuovo tracciato del «Muro» sono già stati incorporate le città-insediamento di Ariel, Beit Arieh-Elkana, Gush-Etzion-Efrat e Yatir-Sussia. «Il premier ha chiesto che venga studiata la questione e che sia il governo a discutere una volta che saranno conclusi gli esami necessari», puntualizza l’ufficio del premier.
Restano i ghetti, prodotto di un tracciato del «Muro» che chiude in una stretta numerosi territori chiave palestinesi, e ne spezza numerosi altri. Questa parte del muro costa al governo israeliano oltre un milione di dollari a chilometro, ed è fortificata da pareti di cemento armato di otto metri, da torri di controllo ogni 300 metri, da trincee profonde due metri, da recinzioni di filo spinato e strade di aggiramento. La costruzione del muro attorno a Gerusalemme est è, se è possibile, ancora più devastante per le aspirazioni ad uno Stato palestinese. Mentre al nord il muro non si spinge mai più di 8 km all’interno delle terre, a Gerusalemme penetra molto più in profondità. Una volta completato il muro, dal nord della Cisgiordania a Gerusalemme, lo Stato ebraico si sarà annesso il 7% della West Bank, tra cui 41 colonie israeliane e circa 310mila palestinesi, 80mila dei quali non hanno ufficialmente diritto di residenza in Israele e pertanto non hanno diritto di viaggiare o dei servizi sociali israeliani. Questi 80mila palestinesi vivono in una situazione di estrema vulnerabilità e probabilmente saranno costretti a emigrare.
Secondo stime recenti, la costruzione del muro ha già sradicato 106.320 alberi di ulivo e limoni palestinesi; demolito 320 Km2 di serre e 39 Km di condutture per l’irrigazione. Il muro sorge adesso su 17mila dunums (1 dunum=1000m2) di terra confiscata, e il progetto prevede la confisca di altri 120-150mila dunum. Almeno 116 città e villaggi palestinesi sono stati, fino a questo momento, danneggiati dal muro che li ha privati della loro terra e delle proprie risorse. Dei 47 villaggi e città palestinesi che si trovano lungo il percorso della prima fase di costruzione del muro, 21 sono stati separati da più della metà della loro terra. Il muro ha isolato 39 fonti d’acqua sotterranee e più di 200 cisterne dalle comunità, e altri 16 pozzi sono a rischio demolizione perché situati nella zona «cuscinetto». Il muro renderà difficile l’accesso agli ospedali dei palestinesi residenti in villaggi isolati, specialmente a Tulkarem, Qalqilya, e Gerusalemme Est; 71 cliniche di assistenza sanitaria di base resteranno isolate dal resto della Cisgiordania. Non soltanto il muro non segue al «Green Line» del 1967, ma esso si ripiega su se stesso creando 22 enclavi. Qalqilya, città a nord-ovest della Cisgiordania, è il maggior comune palestinese. Con una popolazione di più di 42mila abitanti, essa è anche il centro di riferimento per 32 villaggi vicini, cioè altre 90mila persone fanno affidamento sulla città per i servizi sanitari e per l’istruzione. La città è stata completamente circondata da una barriera lunga 14 Km. La confisca della terra, la distruzione e le dure restrizioni alla libertà di movimento hanno già comportato la perdita di almeno 9.500 posti di lavoro. Le chiusure israeliane e il muro intorno le comunità del distretto di Tulkarem impediscono ai residenti di viaggiare per motivi di lavoro. Ciò ha causato un tasso di disoccupazione che dal 18% del 2000, ha raggiunto il 78% nella primavera del 2006. Al 31 ottobre 2006 , 427 Km di «Muro» sono stati edificati e resi operativi: il 58% del totale. Laddove attraversa aree urbane - il 10% del percorso, ma con a più alta densità demografica - il «Muro» è composto da blocchi di cemento armato alti dai 6 ai 9 metri. Nelle aree rurali, invece il «Muro» assume la forma di una barriera larga dai 50 agli 80 metri e composta da vari elementi: filo spinato, trincea, rete metallica, sensori di movimento, pista di pattugliamento, e striscia di sabbia per il rilevamento di impronte. Una volta completato , il «Muro» circonderà circa il 57% della Cisgiordania. E così le attuali enclavi danno corpo a una convinzione che si fa sempre più strada sotto l’ombra del Muro: che l’ipotetico “Stato” di Palestina altro non sia che una riedizione dei «bantustan» sudafricani.
se i kamikaze palestinesi piantassero degli alberi di fianco all'alto muro di cemento, potrebbero in qualche anno scavalcare il muro. Comunque, i terroristi sono davvero furni. L'ultimo per evitare il muro ha fatto un viro un po' lungo passando dall'Egitto ma ce l'ha fatta a farsi saltare in aria in mezzo ad un gruppo di innocenti dal panettiere.
Ma ci sarà mai qualche politico europeo che dirà la verità ormai sotto agli occhi di tutti? Cioè che Israele e USA sono il vero asse del male! Ci sarà mai qualche politico europeo con il coraggio di dire che l'Europa deve opporsi alla terza guerra mondiale già pianificata!?
Forse la realtà è che non esistono assi del male o del bene, ma solo gli sfruttati, gli oppressi, i poveri che subiscono senza difesa.
Alessio: noi, di fronte a questa realtà di sfruttamento e di oppressione (togli pure quel "forse"), dobbiamo per l'appunto sapere da che parte stare.
Negare che esista un cosiddetto "asse del Male" (definizione colorita, ma efficace) è un errore: dobbiamo invece saper definire le responsabilità di ognuno - palestinesi compresi, sia chiaro. Purtroppo, Paquero, "la verità ormai sotto agli occhi di tutti" continua ad esser nascosta e negata, tristemente anche a sinistra (vedi http://www.sinistraperisraele.it).