Nella Francia al voto con il rebus Asterix
A poco più di 70 giorni dal voto per le presidenziali, il quadro politico francese si presenta alquanto complicato. Una campagna elettorale iniziata nei fatti già un anno fa con una duello tutto costruito al tavolino tra Nikolas Sarkozy e Ségolène Royal, montato sull'onda delle loro crisi famigliari e coniugali, proseguito in nome di una generazione di cinquantenni che dovevano scalzare i “padri della patria” e mandare in soffitta la generazione della dei giovani della V Repubblica, costruito perché loro fossero i candidati in lizza, è improvvisamente giunto all'inizio della stretta finale, ma non sembra ancora aver trovato una sua fisionomia e soprattutto delineare una vera idea di futuro.
Rispondere alle domande che cosa sarà la Francia di domani? Oppure che scelte farà? sta diventando sempre più difficile. Sia Ségolène Royal che Nikolas Sarkozy hanno oggi il problema di uscire da una dimensione agitatoria della politica e provare a definire una politica concreta per la Francia.
Il quadro generale allo stesso tempo li stimola e assegna loro una responsabilità. Nelle elezioni che daranno alla Francia il prossimo Presidente della Repubblica il problema sarà scegliere non solo il Presidente di un paese, ma cercare di definire una figura che dovrà con Angela Merkel di fatto pilotare le incerte sorti dell'Europa sia nel dialogo con gli Stati Uniti, in una situazione in cui Tony Blair è in abbandono della politica; sia trovare un confronto con Vladimir Putin, in altre parole sviluppare una politica di confronto e di tenuta con l'Est Europa (in prima istanza sulle questioni dell'energia). Esia, soprattutto, disegnare una politica internazionale.
Il tempo della Francia “antiamericana”, nostalgica delle proprie colonie, e dunque attratta di una politica estera “propria” (in Libano, come in Africa) è decisamente tramontato. Dunque occorrerà un programma che parli alla Francia, ma anche al di là della Francia.
Royal e Sarkozy sono in grado d esprimerlo? In questo momento c'è da dubitarne.
In attesa della conferenza di programma che domenica 11 febbraio dovrà dare una fisionomia definita alla proposta socialista per la presidenza, tra domani e venerdì dovrebbero iniziare a configurarsi le linee di una democrazia sociale. Sulle riforme istituzionali, su quelle fiscali e sulle politiche giovanili. Tuttavia, la vera partita per Ségolène Royal non si giocherà su nessuno di questi punti, per quanto importanti. Ségolène Royal dovrà prima di tutto dimostrare di aver appreso la dura lezione di politica del fallimento dell'esperienza di governo socialista di Lioel Jospin tra il 1995 e il 2002. La questione era quella delle 35 ore.
Non si tratta di eliminare dal proprio programma la riduzione dell'orario del lavoro. Si tratta di accantonare una mentalità e una pratica dirigista e di decisionismo politico che allora in nome di una distorta dimensione della “fantasia al potere” e della politica come “atto di volontà” portò a un vero fallimento governativo. In breve Ségolène Royal deve liberarsi dell'idea della supremazia della politica sulla società.
Il problema non è meno dirompente per Nikolas Sarkozy. Rispetto alla situazione che lo ha visto protagonista nelle srade di Francia nel dicembre2005 quando la notte si illuminava a giorno, Sarkozy può vantare di aver sedato la rivolta delle banlieu, ma poi i quadri del bilancio della sicurezza non dimostrano che quella politica abbia realmente prodotto una inversione di tendenza. Tutti i dati relativi alla sicurezza lo indicano: i furti di auto sono diminuiti percentualmente in quantità minore rispetto a Germania, Belgio, Danimarca); Sono aumentati dal 1985 a oggi del 245% gli attentati e le violenze fisiche sulle persone. Se si considerano i soli dati tra il 2004 e il 2006, il quadro è desolante: + 14% di furti in casa; + 35% di aggressioni nei luoghi pubblici; + 7% rispetto alle donne; + 6,7 % rispetto ai minori.
La politica di Sarkozy ha permesso il controllo delle violenze collettive, ma non ha contrastato, anzi ha incrementato, la pratica violenta sui singoli. E contemporaneamente entrambi non sono per ora in grado né di favorire un processo di integrazione né di indicare dei percorsi per abbassare il tasso di conflittualità delle proprie minoranze interne. E' anche per questo che le candidature di disturbo acquistano spazio: a destra Le Pen si dimostra ancora capace di mobilitare un elettorato di fascia intermedia, scontento di una Francia meticcia,; a sinistra la candidatura del leader dei movimenti antiglobalisti José Bové, indica che lo spazio per una politica che nasce da una insofferenza non facilmente governabile. Entrambi non sono il risultato di un artificio. A destra come a sinistra corre il mito di Asterix, quello del francese naturale, autentico che sente con diffidenza l'arrivo dello straniero e soprattutto coltiva il mito delle origini.
Attualmente Sarkozy ha maggiori chance rispetto a Royal, soprattutto appare in crescita, differenza di quest'ultima che, dopo uno sprint eccezionale tra estate e autunno, appare in calo (anche per le sue uscite di politica estera alquanto discutibili). Ma entrambi hanno il problema di misurarsi con Asetrix, il mito del bravo francese, che non si fida del potere e pensa di poter fare da sé. E anche se ancora c'è molto tempo da qui al 7 aprile, la partita elettorale si misurerà con questo elettore.
08.02.07 09:16 - sezione
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