Un tallone d’Achille nei piani di Ségolène
Nello scenario di Villepint a Saint- Denis, municipalità storica della sinistra francese alle porte di Parigi è iniziata ieri la “campagna disperata” di Ségolène Roiyal”. Iniziata nel settembre scorso con un grosso favore di pubblico e con una forte attenzione dei media, la campagna della Royal ha registrato un progressivo appannamento, a partire dalle sue uscite alle sue uscite in merito alle questioni di politica internazionale (hanno fatto discutere in Francia le sue uscite critiche sul Libano; il suo incontro con i leader della Repubblica popolare cinese; le sue frasi in favore dell'indipendenza del Québec, hanno dato origine a un incidente diplomatico con il Canada).
Nel frattempo è cresciuta la candidatura di José Bové, il leader riconosciuto dei movimenti antiglobalizzazione alla sua sinistra e la candidatura nata in sordina , ma in crescita in questi giorni di François Bayrou, candidato del centro destra, cattolico, sensibile al tema delle libertà civili, comunque contrario al culto politico dell'ordine proprio d Nikolas Sarkozy.
In breve la gauche si trova oggi più divisa che mai e con una candidata di maggioranza che assomiglia molto ad un'anitra zoppa.
All'ordine del giorno nell'assemblea di ieri non c'era dunque solo il rilancio di una candidatura socialista, ma anche la necessità di recuperare un'idea di Francia e il lancio del profilo culturale della presidenza che oltre la durata di un mandato. L'idea, in breve, è quella di una presidenza che segni una fase della storia di Francia.
Prima di tutto il problema era lanciare un segnale. E il primo segnale ra la dimensione della durezza dello scontro. Sola sul un palco scarno e bianco, Royal indossa un tailleur rosso, colore della sua campagna. E' il profilo e lo stile di una lunga battaglia quello che si incarna in questa scenografia. Quello della lotta e del confronto, serrato e prima dentro il suo stesso partito, e oggi nella campagna elettorale.
Il programma che la candidata socialista per la Presidenza della Repubblica ha lanciato ieri pomeriggio è sicuramente di grande respiro.
20 % dei consumi energetici riferimenti e fondati su fonti rinnovabili; riduzione del 50 % nello stesso periodo di tempo della produzione di energia nucleare; mantenimento delle 35 ore ma senza che queste siano utilizzate in funzione della flessibilità aziendale e industriale - e dunque mirate a colpire o a ridurre i diritti di chi già lavora, ma volte al oro consolidamenti ovvero mirate a favorire una nuova politica dell'occupazione.
Ma anche: investimenti maggiori nella ricerca, passati nel corso della presidenza Chirac dall'1 allo 0,8 % del prodotto interno lordo, e da rilanciare con un piano speciale che segni il passaggio degli aiuti alle imprese in questo settore dall'attuale 5 al 15 % entro il prossimo quinquennio. Ovvero contrastare la Cina sul piano della sfida allo sviluppo e non su quello delle barriere protettive doganali.
Royal promette di favorire una politica di investimento dell'edilizia, soprattutto rivolta alle giovani generazioni. Sviluppare una politica scolastica che promuova l'integrazione, favorisca la conoscenza della lingua come veicolo inclusivo, e impedisca la formazione delle sacche di disagio e la formazione di ghetti scolastici; aiuti i giovani verso una qualificazione professionale. Allo stesso tempo una maggiore attenzione agli anziani, alle politiche di assistenza, e alla salute.
Fra i cento punti del suo programma ce ne sono alcuni su cui è cresciuta la sua candidatura, ma ultimamente non ripresi: innalzamento della soglia di fermezza nei confronti della violenza; protezione dei cittadini di fronte al disagio urbano; aiuta finanziario e defiscalizzazione sulle nuove attività di impresa; pari opportunità e pari diritti per ogni tipo di nucleo familiare. Riforma parlamentare.
Quello presentato ieri è dunque un programma di ampio respiro. Resta tuttavia il problema di capire, in una realtà fortemente segnata dalle appartenenze etniche e dalla riscoperta delle origini comunque accomunata da un profondo antiamericanismo, culturale prima ancora che politico, e con cui devono fare i conti sia le destre che le sinistre, quanto spazio possa avere un programma che non tiene conto delle domande specifiche di categorie culturali e sociali che non sono solo più i “giovani”, le “donne”, gli “anziani”, ma che riflette sul puzzle etno-culturale di un paese che a lungo ha fatto della libertà la sua bandiera, ma che oggi ha preliminarmente il problema di non essere solo la terra di asilo, ma il luogo dell'inclusione sulla base di principi e che proprio lì sperimenta il suo affanno maggiore. Su quello, che da almeno quattro anni - a cominciare dalla questione del velo” - è il vero nodo della società futura di Francia, il programma di ieri è ancora impreciso. E dunque rischia di essere debole di fronte alle vere sfide di domani.
12.02.07 13:09 - sezione
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