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«Ma io sono fiero del mio sognare, di questo eterno mio incespicare» (Francesco Guccini)
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Alberto Biraghi
E' stato un attimo
Santo è un manager di successo della pubblicità, spregiudicato e brillante, che si risveglia nella toilette della Scala di Milano dopo essersi preso una forte scossa con un interruttore difettoso. Solo che quando si sveglia ha perso gli ultimi 14 anni della sua vita e si ritrova il ventenne che era, un po' sbandato, un po' impegnato, del tutto diverso dal milanese da bere in cui si è trasformato. Non è facile trovarsi proiettati in un mondo fatto di cellulari, Internet, Euro e guerra in Iraq senza saperne niente. Con accanto una moglie che non conosci né riconosci. Santo deve ricominciare daccapo, ma si accorge che il rischio di ridiventare "quell'altro", quel suo io scomparso con lo shock, è forte e non gli piace per niente. Ancora meno gli piace scoprire che nel suo successo più recente c'è un'ombra, la morte del suo diretto superiore, che qualcuno comincia ad attribuirgli.
Temporaneamente accantonati
il Gorilla e il Socio, Dazieri non accantona le esplorazioni del cervello umano per inventare
la storia di un altro personaggio borderline quanto il suo buttafuori a due personalità. L'idea di sottrarre gli ultimi 14 anni di vita al protagonista è brillante, l'antefatto fa cadere il lettore nel libro e ce lo tiene aggrappato per tutta la prima parte. Peccato che - esaurita la spinta della trovata geniale - la storia si perda un po', come se Sandrone non fosse riuscito a trovare il modo di mantenere il ritmo dell'avvio brillante. La parte propriamente gialla lascia un po' a desiderare per suspense e intreccio e il romanzo finisce un po' così. Peccato, perché per tutta la prima metà si ha la sensazione che l'autore abbia fatto il salto di qualità che ci si aspetta. Sarà per la prossima volta.
25.02.07 12:01 - sezione
libri