D'Alema, Talete e la malizia dei rivali
di Fabrizio Rondolino
Caro direttore, Come è accaduto con Lady D., anche per D'Alema non c'è valletto o sarta o stalliere che non scriva un libro di memorie o un articolo di giornale, o magari una lettera di dimissioni. Ha proprio ragione Lucia Annunziata: il tramonto del dalemismo è assai più lungo del suo meriggio. Però D'Alema, diversamente dalla principessa, è vivo; sebbene per alcuni di noi, a quanto pare, abbia smesso di lottare.
E se invece fossimo noi ad aver capito di D'Alema poco e nulla, allora come oggi? E quale sarebbe poi la differenza tra il D'Alema «di allora» — il riformista moderno, il Blair tricolore, il beniamino di tutti — e quello di oggi — il galleggiatore, il doroteo, e persino lo sfigato? Di che cosa parliamo quando parliamo di D'Alema?
A forza di procedere per caricature, la politica italiana ha smesso di interessare i suoi stessi protagonisti. Due coalizioni impossibili e impresentabili, prigioniere di due leader oramai anziani, vagano per l'agone in ordine sparso, senza meta e senza scopo, che non sia quello di darsi ogni tanto qualche sonora legnata. È evidente che per un uomo come D'Alema, educato ad una concezione della politica come arte, scienza e tecnica di gestione del contratto sociale, una tale simultanea riduzione della politica a parodia e a barbarie, un po' Corrida e un po' wrestling, non può che apparire come uno scandalo — nel senso proprio della parola: quel turbamento della coscienza causato da un'azione, da un comportamento o da un discorso contrari alla morale.
La morale della politica, come di ogni attività intellettuale, sta nella sua coerenza interna. E la politica italiana di oggi in tanto è immorale, in quanto non sa più rispettare le proprie elementari regole costitutive. Non si dà politica quando il capo dell'opposizione, a otto mesi dal voto, rifiuta di riconoscere formalmente il risultato di un'elezione generale da lui stesso indetta; e non si dà politica quando il capo del governo si ostina a mantenere in piedi un'alleanza che non ha paragoni in Occidente né maggioranza in Parlamento.
È in questo luogo specifico della storia d'Italia — grosso modo: l'Italia uscita stordita e stravolta dal crollo dei partiti democratici — che D'Alema si è trovato a fare politica. La dissoluzione del Pci, della Dc e del Psi ha liberato e riportato alla luce quelle forze primordiali e belluine della sinistra antioccidentale, del centro clericale e della destra xenofoba che per cinquant'anni l'infame partitocrazia aveva saputo tenere fermamente a bada. Siamo la ex-Jugoslavia della politica, e se non ci spariamo addosso è soltanto perché oltretutto siamo anche dei gran cialtroni.
In questo scenario D'Alema ha provato a fare le uniche due cose che andavano fatte, e che prima o poi andranno fatte: un accordo fra maggioranza e opposizione per riscrivere la Costituzione, un governo di centro-sinistra senza i comunisti e con il centro cattolico.
Si è discusso a lungo sul fallimento della Bicamerale e sul sostanziale insuccesso dei due governi D'Alema. Ammettiamo pure che quel doppio risultato negativo dipenda dai limiti politici, culturali, caratteriali o psicologici del presidente dei Ds, e insomma dal suo essere, come è stato futilmente scritto da Andrea Romano, «un mesto incrocio fra Don Chisciotte e Don Abbondio».
Se pure fosse così, se pure D'Alema fosse — mi si passi l'espressione toscana — un coglione, i termini del problema rimangono gli stessi, per la buona ragione che, diversamente da quanto accade nel magico mondo degli opinionisti e dei capipartito, essi hanno a che fare con la realtà. Prima o poi, infatti, bisognerà scrivere una nuova Costituzione insieme a Berlusconi, e prima o poi bisognerà costruire una coalizione riformista che, come sempre è avvenuto nel nostro Paese e come del resto prevedeva il progetto originario dell'Ulivo, non può non escludere la sinistra radicale e non può non includere i cattolici democratici. Esiste dunque per l'Italia una sola politica possibile: quella che D'Alema a suo tempo tentò.
Non dunque di «dalemismo» bisognerebbe parlare, ma di semplice razionalità politica. D'Alema è l'ultimo hegeliano in un mondo politico new age attraversato e divelto dal peggior irrazionalismo. La sua proverbiale arroganza non è altro che insofferenza per la superficialità, e scaturisce dalla convinzione che la realtà richieda uno sforzo della ragione per poter essere afferrata e compresa nella sua complessità, e che sia precisamente in questo sforzo — in questa "fatica del concetto" — che la ragione percorre il cammino inverso tornando alla realtà, e dunque diventando prassi, azione, trasformazione. Maneggiare la complessità con gli strumenti della ragione è il lavoro di D'Alema, la sua cifra e il suo limite, nonché la causa tanto del disprezzo quanto dell'ammirazione che il personaggio sa suscitare a sinistra come a destra.
La malizia con cui gli avversari, gli antipatizzanti e gli ex simpatizzanti assistono divertiti ai suoi fallimenti somiglia alla risata della servetta trace che vede Talete cascare in una buca mentre è tutto intento a scrutare il cielo. Scanzonate e trasversali, le tricoteuses dei giorni nostri scambiano i propri fremiti per un programma politico, s'impancano a giudice severo, s'abbandonano in pubblico alla delusione e all'ira proprio come i personaggi dei reality, e in definitiva non riescono a superare quell'insoddisfazione infantile che ogni volta tenta la scorciatoia del capriccio ultrariformista o del girotondo paleogruppettaro. L'Italia di oggi è bendisposta verso le servette, e dunque a D'Alema ogni volta vanno i lazzi del pubblico pagante. Ma potrebbe succedere che la politica, un giorno, anche nel nostro Paese riprenda il suo corso: e in tal caso, poiché non si potrà non fare la politica di D'Alema, è probabile che la si farà con lui.
Impazza di nuovo Rondolino in qualità di amico del cuore di D'Alema (colui che è anche detto "il luminoso esempio"). Ieri sera stavo pensando chi mi ricorda Rondolino. Subito ho pensato a Fantozzi, tutto appallottolato e apparentemente timido. Ma no, gli manca la parte epica di Fantozzi, i suoi moti di ribellione sempre frustrati e l'eroica resistenza alla sfiga. No, Rondolino mi ricorda decisamente Giandomenico Fracchia, vile, servile e invidioso, ma carogna. Giandomenico Fracchia che si ribalta sul puf.
"D'Alema è l'ultimo hegeliano in un mondo politico new age attraversato e divelto dal peggior irrazionalismo"
HAHAHAHAHAAHHAHAHAHAHAHAHAHAH fantastica!
prima il corsera ci ha divertito pubblicando messori che nega le stragi papiste dei catari (e quelle che non nega le giustifica). adesso questo.
gira troppa coca a milano, raga.
(e la coca e' roba da socialisti, non dimenticatevelo mai)
Pure tutti cialtroni ci vuole. Non ci spariamo addosso perché, a differenza di Giandomenico Rondolino e del suo Capo, che sono senza dubbio dei cialtroni, siamo persone civili e dignitose.
Commento ineccepibile, giudizio eccessivamente (forse) pro-dalemiano, finale fin troppo ottimista: "...la politica, un giorno, anche nel nostro Paese riprenda il suo corso...". Ci stiamo avviando a passi svelti verso un nuovo regime, come 80 anni fa, nel quale però non ci sarà il demiurgo al potere e il partito unico, ma un capo di governo, un governo, un'opposizione, un parlamento, un potere esecutivo, uno giudiziario...eppure non ci sarà nè libertà, nè giustizia: una dittatura da 21esimo secolo. italia, laboratorio a tempo pieno
Ma guardatelo bene, è Giandomenico Fracchia redivivo. Accettereste lezioni di filosofia politica da Giandomenico Fracchia?
Finalmente una dichiarazione eloquente che squarcia il velo sulle ultime azioni politiche, nella sua crudezza è veramente utile, possiamo dissentire finchè vogliamo ma ci aiuta a capire e stimola riflessioni di natura politica e non personalistica.
Rondolino sicuramente non avrà rilasciato tale dichiarazione senza essersi confrontato con D'Alema, sembra un ragionamento a nuora perchè suocera intenda, la nuora è D'Alema la suocera è il resto del mondo politico italiano.
Al di là delle singole considerazioni che avremo tempo e modo di sviscerare io concordo sulla lugimiranza e modernità della politica dalemiana, ma come sempre c'è un ma, la politica non può essere intesa semplificando il pensiero hengeliano: lo Stato al di sopra di tutto e tutti e basterebbe questo semplice assioma per risolvere tutte le contraddizioni che l'esercizio della politica imporrebbe.
Il limite di tale ragionamento è che D'Alema al pari di Berlusconi ha introdotto un nuovo modo di ragionare, il capo azienda , illuminato o unto del Signore che sia, si pone alla guida di un esercito di volontari o prezzo-lati e guida verso la vittoria lo schieramento prescelto.
Dov'è l'equivoco di fondo?
D'Alema può far conto su un partito composto di lavoratori dipendenti, precari, anziani , pensionati, nostalgici del vecchio pci e della sua struttura, volontari , a tale composita formazione non puoi chiedere solo sacrifici e non offrire alternative a breve o medio termine che risolvano i problemi contingenti alla qualità della vita e del necessario bisogno di promozione sociale e lavorativa.
Considerando tra l'altro l'enorme quantità di suoi emuli che in nome del decisionismo illuminato si sono posti a capo di enti e strutture pubbliche, autopromuovendo i propri nomi e funzioni senza alcuna possibilità di controllo delle reali capacità e dei risultati ottenuti.
Berlusconi agisce nella stessa maniera ma a differenza di D'Alema può contare su una pletora di fedelissimi in cambio di danaro e promozione sociale compra i singoli/e e li stringe a sè in un patto aziendale a contratto garantito.
La fragilità del nostro Governo a dispetto di quello Berlusconiano è dovuta proprio a questa differenza della composizione non solo elettorale ma anche a quella dei fideizzati ai due leaders.
Ciò che si chiede a D'Alema è di ricordarsi che alle spalle non ha intrallazzatori, affaristi, veline e tronisti, a loro puoi chiedere di fare ed agire senza pensare e capire per chi stanno lavorando e spendendosi, al popolo della sinistra devi spiegare, comunicare, motivare, dare progetti e sogni, in nome dell'uguaglianza, della libertà, delle pari opportunità, della solidarietà, avrà sempre chi lo seguirà, la nostra storia pregressa ne ha dato ampia dimostrazione.
Guido Rossa docet.
maria
maria, scusa ma proprio non riesco a capire in cosa consista la "lugimiranza e modernità della politica dalemiana", quello che poi dici riguardo al "partito azienda" e' molto azzeccato ed e' una delle tendenze del capitalismo contemporaneo post-fordista in cui la produttivita' (o meglio lo sfruttamento) del personale e' un obiettivo che viene perseguito piu' con mezzi ideologici che economici; questa situazione e' tanto piu' palese e analizzabile nella produzione di servizi; si spinge il personale a produrre non piu' e non solo con i vecchi incentivi economici (che sono sempre piu' radi e scarni) ma con la propaganda e l'identificazione del dipendente con l'azienda stessa.
un partito politico e' di per se' una struttura che si regge sull'ideologia, sulla propaganda e sull'identificazione; percui una volta che vengono meno queste e non subentra la motivazione economica ecco li' che vengono meno le ragioni per cui sussita la struttura.
e' forse anche per questi motivi che i leninisti nostrani, orfani della struttura-partito e della classe, cercano ricovero nell'unica struttura rimasta, ovvero il capitale finanziario; difatti li vediamo diventare tutti fierissimi leninisti del capitale finanziario, un po' per forma mentis, un po' per riflesso condizionato essi sono realmente convinti di far del bene alle masse privilegiando la grande distribuzione, le concentrazioni economiche, il capitalismo acefalo e diffuso che e' sempre piu' ingovernato ed ingovernabile.
in sintesi l'errore immane di d'alema e dei suoi e' di non essersi mai posti la domanda centrale di un marxista-leninista dopo il 1989: "e adesso? quali saranno i miei scopi? quali saranno le mie motivazioni?", essi hanno continuato ad andare avanti per obiettivi tattici, perdendo completamente di vista gli obiettivi finali (il socialismo, la giustizia, l'eguaglianza, i diritti, la liberta' etc etc).
Forse e' tempo che io scriva di meno, sto tendendo troppo all'analitico ed al teorico e mi sento parecchio ridicolo.
Berja ovviamente quando io parlo di "lugimiranza e modernità della politica dalemiana" mi riferisco al balzo in avanti che ha dato al partito ds 10 anni fa nel voler ragionare e ricercare ampie alleanze internazionali, a non temere le regole finanziarie e lobbistiche dei principali imperi capitalistici mondiali, a confrontarsi come figlio di un partitito popolare e di sinistra con i cosiddetti capita d'industria nazionali a partire dagli Agnelli.
Personalmente mi era successo di assistere alla cena dei 100 anni Fiat a Torino, allora era primo ministro ed entrare nel tempio fiat a fare il primo discorso non da oppositore ai cancelli fiat com'era capitato a berlinguer ma da capo di governo fu un impatto fortissimo, un segno di riscatto incredibile per tutti coloro che in quella fabbrica ci erano arrivati con la valigia di cartone e la fame addosso.
Essere arrivati a dimostrare che la sinistra è responsabile, in grado di partecipare alla trasformazione economica, gestire i cambiamenti sociali non solo nazionali ma internazionali, una sinistra che sa farsi carico della concertazione e non solo dello scontro ideologico fu un'azione di grande impatto e di grande aspettativa.
Il suo errore fu nel sottovalutare il sottogoverno e l'abbassamento dell'attenzione della questione morale anche nel nostro partito, non puoi avere intere famiglie di funzionari che gestiscono il consenzo e il partito come cosa propria, orticello personale nutrito con pubbliche prebende e favoritismi ingenerosamente pretesi e arrogati mentre ci sono giovani laureati a 400 euro al mese.
Se vuoi un esercito di volontari che si muovono in nome di un progetto non puoi vendergli aria fritta, si può mangiare pane e cipolla senza morire ma non puoi condannare al silenzio gli scontenti di una vita di precariato eterno.
maria
fiat e modernita'?
chissa' come mai non riesco a immaginare questi 2 concetti nella stessa frase.
ma forse sono troppo giovane! (ho meno di 70 anni)
mai sentito parlare del protocollo di kyoto?
tonii per gli italiani non dimneticare il vero re non era vittorio emanuele ma gianni agnelli, che a torino ha fatto il cattivo e bel tempo dettando ogni singola regola, punto e virgola della città tutta, conta che la prima linea metropolitana noi ce l'abbaimo da solo un anno per permettere alla fiat di vendere più auto possibile ai suoi dipendenti, una scelta scellerata e drogata che abbiamo pagato a caro prezzo quando la fiat ha cominciato a smantellare gli impianti e a dislocare la produzione.
Senza contare l'antiquata struttura dei traporti pubblici con cui dobbiamo fare i conti quotidianamente.
maria
maria queste tue parole mi fanno comprendere pero' che:
- non hai letto con attenzione la mia analisi e le mie critiche, non che questo mi colpisca o mi offenda, pero' e' sempre meglio rispondere nel merito degli argomenti.
- le tue memorie sono totalmente sovrapponibili alla mia analisi: la sinistra gia' marxista-leninista si fa supina alle logiche del capitale, non alleata o critica, ma proprio supina (responsabile); con tali presupposti come si fa poi a proporsi come alternativa?
- Se non si e' alternativi allora si e' concorrenti, in tal caso e' ovvio che vinca e che continui a vincere chi ha basi piu' solide e si comporta con meno ambiguita'.
mi spiego meglio: berlusconi e' il peggio del peggio della politica italiana ma ha una sua coerenza strategica che manca totalmente a questa sinistra "riformista" e "responsabile" che anzi e' costretta ed impastoiata alla base dai suoi "valori" (socialisti) ed al vertice dalla necessita' di accondiscendere alle necessita' del capitalismo contemporaneo.
in una lotta ideologica tra "guardo i miei sudici interessi" e "guardiamo gli interessi di qualcun altro" credo sia ovvio e scontato che vinca la prima opzione.
sara' ora che la sinistra "riformista", "responsabile", "moderna" e "lungimirante" lo capisca e agisca di conseguenza; finita la generazione dei baby-boomers (cui ti ascrivo d'ufficio) sara' anche la fine di tale tipo di sinistra basata su teoria vana e prassi opportunista.
Essere arrivati a dimostrare che la sinistra è responsabile, in grado di partecipare alla trasformazione economica, gestire i cambiamenti sociali non solo nazionali ma internazionali, una sinistra che sa farsi carico della concertazione e non solo dello scontro ideologico fu un'azione di grande impatto e di grande aspettativa.
Berja mai nascosta la mia vena riformista.
maria
responsabilità, vediamo....
de mauro:
s.f.inv.
FO
1 l’essere responsabile, condizione di chi è responsabile: prendersi, assumersi una r., avere la r. di un ufficio, di un settore | consapevolezza delle proprie azioni e delle loro conseguenze, capacità di comportarsi responsabilmente: dimostrare poca r., scarso senso di r. | compito, impegno che deriva da tale consapevolezza: la r. di educare un figlio, assolvere le proprie r.
2 colpa: avere la r. di un accaduto, la r. è soltanto tua
3 TS dir., situazione giuridica, in cui un soggetto deve rispondere di un obbligo inadempiuto o di un atto illecito
4 TS filos., possibilità di prevedere, scegliere e correggere il proprio comportamento
(grassetto mio)
concordo sul fatto che d'alema abbia avvicinato il partito popolare per antonomasia alla realtà viva del capitalismo produttivo e improduttivo.
dissento fortemente dall'attribuirgli lungimiranza: la sua azione "normalizzatrice" è stata, a ben vedere, un andare a canossa. il mondo produttivo/improduttivo (intendo per quest'ultimo i mercati e gli attori finanziari) non ha mosso un passo verso le istanza di un partito popolare, anzi aumentando la sua capacità distruttiva nella società (quella umana).
nuova linfa per il nuovo organismo vivente, l'azienda.
per me è un passo indietro.
imho.
Discutere delle fasi del D'Alemismo e' utile come discutere del sesso degli Angeli.
Perche' nn discutiamo di come punire i boiardi di stato (come peraltro spesso si fa su questo sito)?
Perche' non analizziamo se e come fare la riforma delle pensioni, in modo che chi oggi ha 20 anni e paga il 50% di tasse non si ritrovi a prendere a 65 anni 200 euro di pensione al mese?
Non subiamo l'agenda del floscio dibattito politico Italiano, dettiamola noi!
mai nascosta la mia vena riformista
e allora sii riformista e non conservatrice o addirittura reazionaria dando del "lungimirante" a d'alema.
illuminante su d'alema una intervista di quasi dieci anni fa a martino dorigo, ex deputato di rifondazione e poi dei comunisti unitari, disse testualmente "d'alema e' un ottimo tattico ed un pessimo stratega"; non credo che esista una definizione che calzi in modo migliore.
rotafixa: azienda=capitale (non aver paura a dirlo)
capitale=motore dell'azienda, ideale dell'azienda, dio dell'azienda.
azienda=organismo vivente
capitale=entità incorporea
così la vedo, berja.
il partito popolare di cui sopra ha aderito alla fede aziendale. forse non saremo in molti a pensarla così, ma stimo che la precarizzazione occidentale (con l'alibi della competitività dei paesi emergenti) crei le condizioni per una rivolta interiore di ciascun umano precarizzato e il suo allontanamento definitivo da schemi vecchi e lisi come il benessere attraverso il possesso di un numero sempre maggiore di oggetti.
ovviamente non sono solo illuso e utopista, ma anche idiota (nell'ottica dalemiana)
ma stimo che la precarizzazione occidentale crei le condizioni per una rivolta interiore di ciascun umano
perdonami ma sento puzza di toni negri, per me e' peggio della puzza di zolfo per un cattolico.
il capitale si fa incorporeo e tende sempre piu' ad una sua astrazione (azzarderei anche ineffabilita' e sublimita') perche' e' sempre piu' scollegato dalla produzione materiale, soprattutto negli stati uniti e, paradossalmente, qui in italia.
non ha alcuna necessita' del corpo aziendale per muoversi, lo abbbiamo visto con le scalate dell'estate 2005.
forse la precarizzazione portera' ad una rottura epocale simile a quella del 1977 (vogliamo tutto e lo vogliamo ora!) per via della contraddizione tra i desideri imposti e i desideri insoddisfatti, ma non e' detto che cio' possa portare al cambiamento radicale necessario per un cambiamento globale che non solo ridistribuisca le risorse ma ne garantisca un prelievo compatibile con il futuro.
in sintesi: non vogliamo piu' solo il pane e le rose, ma il pane e le rose per tutte/i anche domani.
Ma sì, permettiamogli di scrivere una costituzione insieme a Berlusconi... ma datemi il tempo di espatriare, eh!
bah, negri. ho "impero" sul comodino ma ogni volta che lo prendo mi scasso la uàllera e torno alla letteratura. (e entro stasera mi aspetto una visita della digos, toctoctoc).
arma pure il tuo bagaglio di esorcista laico, ché la penso davvero così: l'azienda non la intendo come "fabbrica" ma come società di persone fisiche che formano un corpo unico, siano dediti alla produzione di beni o a quella di servizi o al semplice sfruttamento delle opportunità finanziarie attraverso la compravendita di titoli o lo spostamento di capitali d'investimento per via telematica.
l'azienda come organismo: è nei normali libri di economia classica (organizzazione aziendale). negli anni recenti, più o meno da quando ho i peli sotto le ascelle, l'azienda organismo si è spinta più in là fino ad avere una sua sorta di indipendenza dalle parti che la compongono, ha preso coscienza e produce soprattutto non beni o servizi ma un'ideologia, che non è più solo capitalistica: la definirei animalesca.
primum vivere, dice, e a scapito di organismi più deboli o meno strutturati, come i singoli. là dove cadrà, e lo si vede con la famosa crisi dei consumi o comunque con la diminuita capacità di spesa dei singoli, è nella miopia di considerare i singoli come sacrificabili.
il discorso di menenio agrippa sarebbe da rispolverare.
e in questo senso vedo la politica dalemiana altamente miope: non tiene conto dell'incomprimibilità delle decisioni dei singoli nell'atto dell'offerta di consenso, stimando (qui è vecchio) la loro fedeltà al "marchio" superiore alla loro libera scelta come "consumatori di politica". è già per così dire fuori mercato.
la sua politica è uno dei fattori determinanti dell'alto astensionism elettorale: è un insuccesso, per un politico.
berja mi sarebbe utile capire in quale parte di questo o altri discorsi tu m'interpreti non solo come conservatrice ma addirittura reazionaria.
Che io non sposi il concetto di rivoluzione oggi ma non lo facevo neanche a 16 anni quando ero circondata da adolescenti vogliosi di seguire i fratelli maggiori nella lotta violenta del proletariato all'imperialismo dominante, figurati se lo posso appoggiare oggi all'età di 47 anni con due figlie da tirare su.
Non ho mai creduto che il debole si riscatti e trovi il suo spazio nella società dominante attraverso l'uso della violenza nè attraverso l'uso della lotta armata nè di quella intellettuale.
Non credo nell'affermazione di una classe politica dirigente che si ponga al di sopra degli uomini o delle donne e che ne diriga i destini attraverso l' uso della politica legittimata dal culto della personalità.
Prima di valutare il valore di un'idelogia io la contestualizzo e la rapporto alla situazione del momento mai dimenticando però la nostra natura umana.
ricordo un compagno di estrema sinistra alla caduta del muro di Berlino nel '89, da non tutti festeggiata come sarebbe facilmente pensabile, che diceva che da quel momento l'imperialismo si sarebbe impadronito anche dell'Unione Sovietica, diceva anche loro diverranno consumisti come tutti.
Sapendolo cultore di musica gli chiesi quale fosse il suo ultimo modello di stereo, si lanciò in una raffinatissima descrizione tecnica del suo ultimo acquisto hi-fi, gli era costato una vagonata di soldi, gli chiesi se non era contraddittorio pensare se stesso a compiere un acquisto voluttuario e costoso e nello stesso tempo difendere l'inacessibilità del mondo occidentale in quello comunista dell'URSS con il relativo travaso di costumi ed abitudini che tale realtà avrebbe compiuto.
Si può pensare di mantenere intere società sotto una campana di vetro perchè non vengano contaminate dal desiderio del possesso di beni superflui?
Oggi dall'ex URSS organizzano tutte le settimane viaggi gratuti per danarosi che si recano a Rimini per acquisti di abbigliamento griffato a prezzi esorbitanti, ho conosciuto cinesi che vestono firmato ed io non ho mai comperato una maglia firmata in vita mia nè potrei permettermelo.
Come contenre questo bisogno di possesso di beni superflui?
con la dittatura del proletariato? e dove sarebbe questa dirigenza politica così illuminata e moralmente integerrima e incorruttubile a cui affidare le sorti politiche di una nazione?
Se conoscessi la natura umana sin nei più profondi meandri caro Berja capiresti meglio perchè preferisco essere riformista e non rivoluzionaria e perchè continuo a credere in questa democrazia così imperfetta ma perfettibile.
maria
credo di essermi spiegato male oppure non vuoi capire: non e' la contrapposizione vecchia, stantia e sclerotizzata tra riformisti e rivoluzionari; e' che non credo che la politica dalemiana porti a qualsiasi tipo di riforma e non credo che privilegiando le grosse concentrazioni capitalistiche ed aziendali come si sta facendo si giunga ad avere maggiore giustizia ed uguaglianza.
la politica "riformista" attuale ci vede non come cittadini ma come consumatori, rifletti su questo.
nella vita puoi decidere di comprarti lo stereo piuttosto che il cibo, sono fondamentalmente cazzi tuoi, basta che non ci stia sotto la truffa dei bisogni indotti.
berja non hai ancora motivato il mio reazionismo.
maria
e' tutto qui:
"Essere arrivati a dimostrare che la sinistra è responsabile, in grado di partecipare alla trasformazione economica, gestire i cambiamenti sociali non solo nazionali ma internazionali, una sinistra che sa farsi carico della concertazione e non solo dello scontro ideologico fu un'azione di grande impatto e di grande aspettativa."
e stai parlando di d'alema, mica di nenni!
berja io non mi pare abbia elargito lodi alla "persona politica D'Alema" nei miei altri 3d ne ho sempre parlato come un personaggio machiavellico più adatto a vestire i panni del principe che non quelli di un segretario di un partito popolare come è oggi il ds, ma se devo esprimermi sulle aspettative che si erano librate al nostro interno quando diventò primo ministro 9 anni fa non posso nasconderne le aspettative e la modernità dell'evento e del progetto, che un partito composto dalla maggior parte di salariati potesse avere un rappresentante alla massima carica di governo e non fossero più rappresentati come i pezzenti del sistema economico ma potessero partecipare alla formazione dell'organizzazione del lavoro e della produzione al pari dei maggiorati finanziari ed industriali penso fosse l'atto più rivoluzionario auspicabile in una realtà nazionale come quella italiana.
Io questo orgoglio l'ho visto , ho visto compagni anziani , operai piangere orgogliosi del riscatto avvenuto, come se d'alema fosse un figlio che laureandosi aveva ripagato loro della fatica di una vita spesa in fabbrica.
Io non idealizzo mai le persone nè il ruolo da loro rappresentato, ma conosco la necessità di appoggiare un progetto perchè esso vada a compimento, quel progetto era carico di aspettative poi i fatti l'hanno smentito, ma continuo a credere che la prima impronta fosse quella giusta.
maria
maria scusa se te lo dico ma: "Io questo orgoglio l'ho visto , ho visto compagni anziani , operai piangere orgogliosi del riscatto avvenuto, come se d'alema fosse un figlio che laureandosi aveva ripagato loro della fatica di una vita spesa in fabbrica" questo e' il caro, vecchio, atavico familismo amorale all'italiana, cosa ci sia di "moderno" non lo riesco proprio a capire!
cio' che hai descritto e' la parodia di montecchi Vs. capuleti piu' che la rappresentazione della "sinistra moderna, responsabile e riformista".
anzi, se mi si passa l'irriverente paragone, ci sarebbe voluto qualcuno che mentre d'alema faceva la ruota come un pavone davanti agli operai gli facesse una scenata tipo "o zappatore":"Felicissima sera,
a tutte sti signure 'ncruvattate
e a chesta cummitiva accussí allèra,
d'uommene scicche e femmene pittate!
[...]
Só' nu fatecatóre
e magno pane e pane...
Si zappo 'a terra, chesto te fa onore...
Addenócchiate...e vásame sti mmane!".
(tanto per far vedere quanto posso esser reazionario io)
...le aspettative e la modernità dell'evento e del progetto, che un partito composto dalla maggior parte di salariati potesse avere un rappresentante alla massima carica di governo...
era già successo molti anni prima con craxi e il psi. non vedo la modernità.
berja di questo passo continueremo a girare in tondo all'infinito e mordeci la coda senza tregua alcuna.
Partiamo dalla premessa che continuo a ribadirti che non credo nella rivoluzione perchè sistematicamente porterebbe il gruppo vincente ad affermarsi ed affermare i propri fedelissimi in cima alla piramide del potere costituito, tale passaggio sarebbe cmq frutto di sanguinose azioni perchè nessuno molla il potere acquisito per lasciarlo facilmente in mani altrui.
Tutte le rivoluzioni avvenute hanno dimostrato tale epigono e nessuno ne è stato immune, l'apparato vincente diventa corrotto, dispostico e criminale al pari del nemico precedentemente avversato.
l'unica forma di difesa che ammetto è quella legata alla resistenza organizzata di un popolo quando gli sono impedite tutte le forme democratiche di espressione e di rappresentatività
Noi in Italia abbiamo e godiamo di tutte queste prerogative, libertà d'espressione, organizzazione, comunicazione, di aggregazione,partecipazione, non saperle utilizzare al meglio delle possibilità è un nostro limite da non imputare a nessun altro se non a noi stessi.
questo è quanto io credo, non ho la presunzione nè di convincere nessuno e in verità non ci provo neppure, tutto qui.
maria
nella capitale politica e morale si dice:
"chi se fa pecora er lupo se la magna"
Noi in Italia abbiamo e godiamo di tutte queste prerogative, libertà d'espressione, organizzazione, comunicazione, di aggregazione,partecipazione, non saperle utilizzare al meglio delle possibilità è un nostro limite da non imputare a nessun altro se non a noi stessi.
con queste premesse che presunzione hai di incidere sulla realta'?
se accetti le cose come stanno e pensi che sia tua la responsabilita' se le cose a te vanno male non sei socialista, sei liberale (nel migliore dei casi).
maria, non e' che voglio essere infame o affondare il dito nella piaga, ma sei convinta di essere ancora socialista? non sara' ora che gran parte dei ds dichiarino che il massimo che possono fare e' essere dei "conservatori compassionevoli" e mettersi il cuore in pace che' le radici sono oramai recise?
berja che dirti? io rispondo di me stessa e di garantisco che sono comunista fino alla radice dei capelli e che vivo come tale, se hai letto altri post qui c'è gente che mi conosce da vent'anni e sa come agisco e come mi pongo in partito quando ci sono le discussioni che tu dici vitali e fondamentali, sa come ho votato in consiglio comunale e sa come ho lavorato in sindacato , il fatto che sia ai margini del potere costituito non ti fa pensare che non abbia abbassato nè guardia nè la testa?
non credo nella rivoluzione armata poichè diffido di chi la conduce, una vita sottratta non la si restituisce , ammetto l'uso della violenza quando tutte le altre strade democratiche sono negate, più che liberale mi definirei ghandiana o ammiratrice di martin luther king.
maria
Al ridicolo non c'è limite, e la lettera di Rondolino lo dimostra con un clamoroso autogol; cito: "L'Italia di oggi è bendisposta verso le servette".
Sarà per quel motivo che a uno come Rondolino lasciano spazi sul Corriere della Sera mentre a tanti incazzati che hanno a cuore il bene proprio e altrui non si dà voce perchè fungono da cattiva coscienza ai vari D'Alema e a tutti gli altri avidi di potere che sembrano usciti dal medesimo stampino (Rutelli, Amato, Tremonti ecc.).