«Il diritto di difesa dei meno abbienti è puntualmente violato. La nostra non è una società multiculturale ma assimilazionista»
Il giudice Forleo: l'immigrato è visto come un nemico
di Rita Querzè
«Lo straniero è troppo spesso visto come un potenziale delinquente. Assistiamo quotidianamente a un doppio regime: da una parte il diritto della maggioranza, dall'altra il diritto dell'immigrato-nemico, anche se con regolare permesso di soggiorno».
È durissima la denuncia di Clementina Forleo. La giudice per le indagini preliminari del tribunale di Milano è intervenuta ieri al convegno «Voci, volti, visioni di impresa multietnica» organizzato dalla testata online www.impresamultietnica.it. «Gli ultimi pacchetti di norme sulla sicurezza dimenticano l'articolo 3 della costituzione», ha continuato Forleo. E ancora: «Constato che il diritto di difesa dei meno abbienti è puntualmente violato. La nostra non è una società multiculturale ma assimilazionista».
La giudice ha parlato davanti a una motivatissima platea di immigrati imprenditori riuniti al Circolo della stampa. Con lei, tra gli altri, don Roberto Davanzo, direttore della Caritas Ambrosiana, l'assessore al Lavoro del Comune di Milano, Andrea Mascaretti, Carlo Bonomi, vicepresidente del gruppo giovani di Assolombarda. Numerose le testimonianze degli imprenditori immigrati.
«Discriminazioni ai danni dell'imprenditore immigrato? Esistono eccome — ha commentato José Gálvez, direttore di impresaetnica.it e organizzatore della manifestazione —. Basta pensare alla normativa regionale sui phone center: gli imprenditori del settore sono all'85 per cento di origine straniera. Forse non si comprende fino in fondo che penalizzare loro vuol dire danneggiare un po' anche l'economia del territorio. Al contrario, Stato ed enti locali dovrebbero partire proprio dagli imprenditori extra per favorire l'integrazione delle diverse comunità».
Più ottimista il punto di vista del Comune. «Gli immigrati imprenditori sono una ricchezza per la città — ha detto l'assessore al Lavoro, Andrea Mascaretti —. La loro integrazione dimostra che viviamo già in una società multietnica».
Don Roberto Davanzo ricorda di essere stato contestato solo un paio di volte da quando dirige la Caritas ambrosiana. «In entrambi i casi si parlava di questioni legate all'immigrazione — ha raccontato don Davanzo —. Da una parte siamo stati tacciati di ingenuità perché apriamo le porte a chi ci toglierà identità. Dall'altra ci hanno accusati di essere aperti agli stranieri solo per lucrare sull'offerta di servizi». Secondo Davanzo non bisogna dimenticare che «la razza padana è diventata tale grazie al meticciato. Milano è nata come Mediolanum, città che sta in mezzo a diverse terre» ha concluso Davanzo.
A Milano le imprese «extra» sono 26 mila. Secondo i dati della Camera di commercio, in città una nuova impresa individuale su quattro è straniera (26,7 per cento). Un dato superiore a quello nazionale: in Italia meno di una ditta su cinque ha un titolare extracomunitario (18,5 per cento). Il commercio è uno dei settori multilingue per eccellenza: a Milano è «extra» un nuovo negozio su tre.
se non ci fossero i cinesi a vendere i bagigi crudi dovrei accontentarmi di quelli tostati, se non ci fossero i rumeni non troverei mai un negozio italiano con la panna acida, se non ci fossero gli arabi potrei sognarmi la miscela di spezie al peperoncino e cardamomo per la carne arrosta. e senza turchi il kebap sarebbe un sogno esotico.
e poi li vedi trattati di merda in questura, a fare la coda sotto la pioggia e insultati dalla sbirraglia. con regolamenti interni sempre e solo orali (mai nulla di scritto), nell'impossibilita' programmatica di essere perfettamente in regola.
in effetti la legge fini funziona perfettamente per lo scopo che si voleva prefiggere....
chi lavora in italia ha tutti i diritti di votare in italia. e' il minimo.
se non ci fossero i cinesi a vendere i bagigi crudi dovrei accontentarmi di quelli tostati, se non ci fossero i rumeni non troverei mai un negozio italiano con la panna acida, se non ci fossero gli arabi potrei sognarmi la miscela di spezie al peperoncino e cardamomo per la carne arrosta. e senza turchi il kebap sarebbe un sogno esotico.
e poi li vedi trattati di merda in questura, a fare la coda sotto la pioggia e insultati dalla sbirraglia. con regolamenti interni sempre e solo orali (mai nulla di scritto), nell'impossibilita' programmatica di essere perfettamente in regola.
in effetti la legge fini funziona perfettamente per lo scopo che si voleva prefiggere....
chi lavora in italia ha tutti i diritti di votare in italia. e' il minimo.
Peccato che su un tema così importante si faccia confusione tra ricchezza e nazionalità.
Il "diritto violato" è dei meno abbienti, non degli stranieri. Gli stranieri ricchi non hanno infatti alcun problema, laddove i poveri - anche se italiani - non possono comunque permettersi il "lusso" di chiedere alla giustizia il ristabilimento del rispetto dei propri diritti.
C'è un problema nel funzionamento della giustizia e c'è un problema nella ridistribuzione della ricchezza.
Ci sono poi problemi anche per quanto riguarda il garantire il rispetto dei diritti degli stranieri, ma le due cose - ancorché magari indirettamente collegate - non andrebbero confuse con tanta nonchalance...
Vabbè tonii però non è che puoi portare l'esempio del cibo per esprimere sostegno agli stranieri.
Così sembra quasi che gli stranieri meriterebbero un giusto trattamento solo perchè hanno dei meriti culinari o perchè si adattano a fare certi lavori che gli italiani non vogliono più fare.
E un pò come essere dalla parte dei gay perchè ci sono gay che hanno immensi meriti in campo musicale, vedi Elton John, Freddie Mercury, i Village People, o nella moda, vedi Valentino, Dolce e Gabbana, e via discorrendo.
Insomma, si dovrebbero tutelare stranieri e omosessuali semplicemente in quanto esseri umani con gli stessi diritti di tutti, senza stare a sindacare sulla loro nazionalità o orientamento o se abbiano o meno dei meriti in qualche attività e quindi per questo meritino maggiore rispetto di altri...