Proteste e politica
di Marco Garzonio
Le mamme che bloccano via Novara perché non ne possono più di droga e sesso in strada. La Centrale simbolo di degrado e delinquenza dentro, intorno, sui treni. Chiaravalle dove è difficile la convivenza tra abbazia, centro abitato e accampamenti. L'Isola in rivolta perché assediata da lotte tra bande di spacciatori. Sono solo i vertici di una protesta destinata a montare. La gente di molti quartieri è al limite. L'incontro fra il disagio del sentirsi insicuri e l'esterofobia, l'egoismo, la discriminazione rischia di diventare miscela esplosiva. La ferita di Opera è aperta, ma sembra aver insegnato poco.
Milano procede a due velocità. L'edilizia è il segnale di ripresa. Bovisa, Porta Vittoria, Porta Genova, Lorenteggio brulicano di gru e cantieri. Ma intere zone restano al palo. Lì gli abitanti sono abbandonati a se stessi, ai problemi di sempre, ai servizi insufficienti, alle promesse di politici e amministratori quando succede qualcosa. Interventi spot, per placare l'indignazione, e tutto resta come prima. Per un verso Milano mostra un volto di città europea e si esalta, pensa all'Expo, a un futuro che la faccia assomigliare a Parigi o a Berlino. Per l'altro è corrosa da degrado sociale, bassa qualità della vita, rapporti guastati.
Il timore è che le proteste, ancorché sacrosante, siano sterili. La politica continua a non avere una visione d'assieme, a non esprimere un'idea di città in cui tutti possano ritrovarsi a casa propria, sicuri e con una qualche speranza di futuro per sé e i giovani, luogo in cui categorie e zone non si sentano sopportate, costrette a cavarsela da sole, finendo per rinchiudersi e alimentare risentimento, a covare aggressività. Sarebbero affette da imperdonabile miopia le istituzioni, la politica, le leadership sociali e culturali che trascurassero i sentimenti reattivi sotto il disagio.
Come insegna la psicologia, l'aggressività cova e trova alimento nei vissuti frustranti che l'impotenza genera. Nei singoli si trasforma in infelicità, depressione, assuefazione rabbiosa. Nel collettivo nutre livore, invidie, voglia di arrangiarsi e, se si riesce, a farsi giustizia da sé. Così nutre i tanti piccoli o grandi atti di rivalsa, indisciplina, dispetto.
Pensiamo alle auto che spadroneggiano, alle mancanze di attenzione per le persone (bambini, anziani, donne) e per i luoghi (monumenti, palazzi, giardinetti), la villania diffusa nei luoghi pubblici, le furbizie e le prepotenze appena si può. E nei giovani (veri interpreti degli avvilimenti degli adulti) si alimenta quel bullismo e quell'arrogante «prendersi le cose» a tutti i costi che stentiamo a riconoscere come frutti nostri. Eppure sono lo specchio di una città infelice, che ha dismesso ascolto, dialogo, incontro.
Garzonio mi è sempre piaciuto. peccato che abbia poco spazio per esempio sul Corriere anche se a volte ne ha, perché dice spesso cose illuminanti, da anni. tipo quando cominciò a parlare degli eccessi di individualismo, del fare i solisti anziché una buona orchestra, e tanto altro. lo considero una voce da ascoltare insomma e spero che lo facciano anche altri.
Carolina
Ma uno deve per forza abitare a milano? ma venite quaggiù, che c'è l'aria buona! e lasciate quello schifo di città ai palazzinari!
questa è la mia esperienza di stamani, molto legata all'argomento in questione:
http://socioweb.blogspot.com/2007/03/ore-10-gruppo-di-discussione.html#links