Salvati e il P Dem
Michele Salvati è un fine intellettuale Ds, economista, professore e giornalista, da qualche anno ormai più giornalista che professore. Qualche volta, in passato, gli è capitato di essere in anticipo sui tempi del partito pachiderma e, poiché ha spina dorsale, ha saputo tenere il punto e non allinearsi. È un sostenitore accanito del Partito Democratico, pachiderma del futuro, e ne ha ben il diritto: fu tra i primi a parlarne, nel 2003, anche se allora lo si chiamava Partito Riformista. Oggi ci dice che per vincere occorrerà comunicare agli elettori “che il centrosinistra che si presenta alle elezioni è cosa ben diversa dall'Unione che si è presentata nel 2006, una cosa più semplice, più coesa, meno ricattabile dalle forze radicali”, “con un candidato premier diverso da Prodi, più giovane, eletto democraticamente da un nuovo partito” che “altro non può essere se non il Partito Democratico” (il Riformista, 3 marzo). Più chiaro di così...
In questi giorni, Salvati, che aderirà alla mozione Fassino con qualche sfumatura “liberal”, è parecchio infastidito dal fatto che molti socialisti e diessini di sinistra e di destra vogliano fare scelte diverse, cioè restarsene fuori dal P Dem, e li bacchetta sulle dita: lo farebbero per “argomenti puramente identitari” che “contrastano con il buon senso e la logica politica”, con il risultato che “verrebbe arrecato un danno notevole alla prospettiva del Partito Democratico” e si andrebbe “forward to the past, avanti verso il passato” (Corriere della Sera, 2 marzo).
Lasciamo da parte i contenitori - partito: io stesso non sono certissimo che la scelta di Salvati sia sbagliata, può essere che, alla fine, per tutti i riformisti la cosa più saggia sia andare a lavorare nel P Dem; si vedrà, dipende da molti sviluppi politici che oggi non posso conoscere.
Mi interessa invece di più chiarire quali contenuti non trovo, nel progressismo debole e generico che l'ambiente diessino e “margherita” esprimono nella politica di ogni giorno e che è rappresentato così bene dalla mozione Fassino. E voglio fare esempi precisi, così ci capiamo bene e spero diventi chiaro che gli “argomenti identitari”, le bandierine di partito, c'entrano veramente poco con le mie perplessità. A me innanzitutto pare che manchi la laicità, che non è soltanto opposizione al clericalismo.
Laicità è in primo luogo spirito critico e capacità di guardare gli argomenti da tutti i lati, con la ragione libera, senza indulgere al giudizio superficiale politicamente corretto, ma anzi avendo anche la forza morale di opporsi all'opinione dei più.
Primo esempio: Napoletano ricorda le foibe, parla di “pulizia etnica”, di “disegno di sradicamento della presenza italiana”, il presidente croato gli risponde duramente, tutto il mondo politico e mediatico italiano elogia come un sol uomo il nostro presidente e critica Mesiç. Le foibe, sono una tragedia; peggio, sono una tragedia che abbiamo nascosto per troppi anni a noi stessi anche per convenienza politica. Molte fra le vittime, non erano fascisti (anzi, non c'erano nemmeno solo italiani); i profughi, i parenti avevano diritto ad un giusto risarcimento morale. Ma possibile che a nessun politico italiano sia venuto in mente di ricordare che migliaia di morti aveva fatto anche l'occupazione italiana di guerra in Slovenia, che un nostro comandante d'armata scriveva “Si ammazza troppo poco”, che dopo la guerra l'Italia democratica ha protetto i suoi criminali di guerra? Che forse anche i croati avevano il diritto di veder ricordati i loro morti?
Secondo caso: si arrestano venti disgraziati, tardi epigoni delle Brigate Rosse; tra essi, parecchi sono iscritti al sindacato. TG, Corriere e Repubblica, con sospetta grossolanità parallela, parlano più volte di parecchi “sindacalisti”; e nessuno, né nel sindacato, né nei partiti, protesta quanto dovrebbe. Capisco che non si debba lasciar campo al sospetto che si vogliano difendere colpevoli indulgenze, capisco che, ostentando la massima severità, si debba togliere alla destra l'occasione di attrarre simpatie. Ma insomma, non si può non pensare che, con gli equivoci, si volesse anche lasciar mettere in cattiva luce l'area del dissenso sindacale duro, anche regolare qualche conto.
Terzo esempio: la Nato vuole una nuova base a Vicenza, molti cittadini no. Berlusconi l'aveva promessa, Prodi la concede. Tutto il dibattito si centra sulla validità o meno delle ragioni per opporsi alla base. Ma, per prendere una decisione, mi pare che non si dovrebbe solo controbattere le ragioni degli oppositori, si dovrebbe anche discutere le ragioni positive per farlo. E queste io non le ho sentite: perché mai dovremmo dire sì? Non sto affermando che la base dovrebbe essere negata, ma voglio capire: non smentire un'affermazione incauta fatta da Prodi per guadagnare immagine con gli americani, non è una ragione sufficiente.
E anche opporsi al clericalismo in nome dei diritti civili, qualche valore ce l'ha. La componente “democratica” del governo si sta comportando così: Melandri “Niente divisioni, non manifesterò con i gay”, Rutelli “I Dico non sono una priorità”, Fioroni annuncia la sua partecipazione al Family day contro i Dico. Bello spettacolo.
La mozione Fassino esprime perfettamente la genericità enfatica che non mi piace. Il testo non è poi male. Io l'ho letta tutta e, dove non parla di contenitori, non ho trovato niente che non sottoscriverei. Poi però, pensandoci bene, mi son chiesto: ma c'è qualcosa che non potrebbe sottoscrivere anche un conservatore onesto? Non lo ho ancora trovato. Chi è che non vorrebbe “un'Italia che consenta a chi è giovane di potersi sposare, di avere una casa, di fare dei figli”? Voi, lettori di OMB, non sarete così malvagi, nevvero? O forse non volete “un'Italia che scommetta sulla sostenibilità ambientale”?
Tutto questo si riflette nel governo. Il giorno 2, mentre Salvati ci faceva la predica e Prodi incassava la fiducia, sullo stesso Corriere della Sera un impaginatore in vena di ironia ha commentato l'articolo a pagina 10 con una foto di Padoa Schioppa sguaiatamente ridente. E di cosa rideva TPS? Del fatto che i dati finali del 2006 mostrano un deficit consuntivo più basso dell'1,3% rispetto alle sue stime. Ma allora si può pensare che anche il deficit tendenziale per il 2007 non fosse così alto; quindi, per raggiungere gli obbiettivi dichiarati, non c'era bisogno di una finanziaria così dura, per la parte “risanamento”. Cioè, mentre l'opinione pubblica crede che il governo sia più o meno in balia dei Rossi & Turigliatto, zitti zitti abbiamo fatto una finanziaria “dei banchieri”, e la abbiamo fatta sapendolo: se un ministro dell'economia veramente si fosse veramente fatto sorprendere da una variazione del 25% in tre mesi del dato più importante fra le sue competenze, non sarebbe da dimissionare, sarebbe da interdire. E questa è un'altra cosa che non mi piace: la buona educazione chiederebbe che ai cittadini elettori si dicesse la verità.
Riassumiamo: indipendenza mentale, sensibilità ai diritti di tutti, franchezza nello scegliere di dispiacere a parte della società perché non si può andar d'accordo “col diavolo e l'acqua santa”, trasparenza. Io intendo questo, quando dico che voglio restare “socialista”. Entro quale contenitore, importa meno.