Quella paura di scivolare nel politicamente scorretto
di Maria Laura Rodotà
Come sempre, l'8 marzo offre molti spunti. Si può (a) parlare delle donne che vanno insieme in pizzeria e poi a vedere spogliarelli maschili; (b) lamentarsi molto perché ci sono ancora pochissime donne ministro e amministratore delegato; (c) ricordarsi che molte donne, anche da noi, non aspirano a ministeri e stock options; ma solo a uscire di casa, a non uscire solo accompagnate e coperte dalla testa ai piedi; e poi a non farsi menare (importante) o uccidere. L'opzione (c) è la meno gettonata. Perché sono donne difficili da raggiungere, perché vengono da culture diverse dalla nostra; perché accusare di maltrattamenti uomini di culture diverse, quasi sempre immigrati, può far sentire razziste. E islamofobiche, quando una donna è vittima di un musulmano si teme di scivolare nel politicamente scorrettissimo, o peggio. È un timore forte a sinistra, anche tra quel che rimane del movimento femminista. La scorsa estate, quando la Hina fu sgozzata dal padre, qualcuno notò le scarse reazioni; una femminista storico-sventata rispose «beh, il guaio è che è successo ad agosto, quando siamo tutte in vacanza», e non fu una bella figura.
La brutta figura è continuata con il funerale (niente femministe, nessuna eletta dal popolo tranne Daniela Santanchè di An) e ora con il processo: nessuna organizzazione di donne si è costituita parte civile. Sulle femministe non c'è molto da infierire: già decenni fa il movimento si era ripiegato su sé stesso e sul «pensiero della differenza» ed era imploso. Sulle donne — e uomini — di sinistra ci sarebbe da dire di più. Delle immigrate si occupano poco o nulla. Non è un'anomalia italiana, anzi: in Germania avvocate come la turco-tedesca Seyran Ates hanno smesso di esercitare causa minacce; dall'Olanda Ayaan Hirsi Ali, sceneggiatrice del film Submission che costò la vita a Theo Van Gogh, è dovuta scappare; ora sta a Washington, in una fondazione conservatrice. E spesso è un paradosso, lo è nel caso di Hirsi Ali che si definisce «illuminista» e teorizza i danni alle donne del bigottismo religioso. Ma tant'è. E tanto vale riflettere. Chiedendosi di quale aiuto hanno bisogno le donne immigrate; come fa, isolata e benemerita, Susanna Camusso, capo della Cgil Lombardia, non a caso una sindacalista. Chiedendosi se lavorare per le donne è solo puntare al «potere rosa» o attorcigliarsi in un femminismo introspettivo; o se essere femministe — di destra e sinistra — oggi non voglia dire occuparsi dei diritti di tutte le donne che ancora ne hanno pochi. Sono la maggioranza, nel mondo, e a guardarsi in giro la situazione non migliora. Buon 8 marzo, comunque.
una sequela di scempiaggini per non dire peggio delle solite firme dei soliti personaggi dei soliti salotti dei soliti temi triti e ritriti ripetuti all'infinito. tradotto spazzatura.
Auguri a tutti le donne nonostante l'8 marzo.
Poi ci sono le donne che sono figlie spocchiose e radical-chic di un ex-parlamentare, ma l'alterigia e stupidità dei beneficiari del nepotismo italiano non è una questione di sesso.
A me la Rodotà piace molto: ci offre una sorta di "dandismo" al femminile, uno stile consono al personaggio che non nasconde certo la propria collocazione sociale e familiare indubbiamente privilegiata.
Cosa che non le impedisce di capire le ingiustizie che subiscono le "altre" quelle che non hanno visibiltà e potere, nonchè la mancanza di sostanza di una presa di posizione al femminile nell'ambito politico e istituzionale.
Comunque la ricorrenza dell'8 marzo non significa molto per nessun*.
Mi pare però che le critiche fatte qui non siano mirate agli argomenti portati ma solo al suo pesonaggio che, a quanto pare, crea irritazione.....
Invece secondo me occorrerebbe proprio schifare queste ricorrenze fasulle e passare ai fatti se una ne è capace: ad esempio combattere il neo-fondamentalismo sia cattolico che islamico, tanto per fare un esempio a caso
molto interessante.
infatti ricordiamo tutti la sua ferma presa di posizione a difesa delle femministe algerine quando venivano massacrate dagli integralisti (quando questi erano amici dell'america e non il nemico numero uno).
non ricordate la ferma presa di posizione?
in effetti nel 95 la nostra era tutta presa nella pubblicazione di 180 pagine intitolate
"Pizza di farro alla rucola con nutella e altre stranezze italiane"
Milano : Sperling & Kupfer, 1995
gilda il fondamentalismo cattolico o islamico o di qualsiasi altra fede religiosa o appartenenza politica nasce dal solito meccanismo di sentire il senso di appartenenza più forte e più rassicurante del mettersi in gioco su altre questioni più dirompenti e compromettenti con la società.
Mi spiego meglio, portare il velo per una ragazza musulmana non è sempre indice di consapevolezza di fede come vogliono farci credere, ma è anche d'identità sociale, d'indentificazione al clan e al gruppo d'origine, quanto le donne lo facciano coscientemente o quanto lo subiscano è un grave dilemma per noi donne laiche.
Molte donne che avevano lottato contro il velo oggi lo rivedono sulle teste di adolescenti , come se fosse il loro marchio d'identità, oserei dire perdonami il parallelismo forte come la stella puntata sul bavero degli ebrei.
qui è in corso una lotta d'identità, di affermazione di logiche superiori alla discussione di genere a cui solitamente siamo abituate.
La Rodotà lo dice chiaramente , le prime a non sapere o voler affrontare questi temi siamo noi donne , perchè non tocca solo la sfera del diritto come solitamente siamo abiutate a riconoscere ma qualcosa di più subdolo e strisciante, usare la donna e l'immagine di essa per far cadere le certezze di cui ci siamo cullate nel recente passato.
idem per l'integralismo religioso cattolico alla Binetti per intenderci, lo Stato Chiesa ha perso la battaglia contro il nuovo diritto di famiglia nel '75, ha perso contro il divorzio, l'aborto, ora rimonta sulle nuove paure, le differenze sessuali, religiose, la paura del diverso e del nuovo, quanta carne al fuoco!
quale migliore argomento che non ricalcare la fantastica ed eterna "familias patriarcale", così rassicurante, così protettiva e coesa.
La massa acquietata dall'ansia s'accoda e la Binetti cavalca la tigre.
Tocca a noi comprendere per il bene non solo delle donne ma di tutti , uomini compresi .
maria
@ tonii :-)
@tonii :-) / 2
Scommetto che a Gilda piace anche Lapo Elkann.
sì, sì certo è colpa dell'islam brutto e cattivo se la 1° causa di morte femminile nel mondo sono le botte. Sì, certo era islamico anche quel simpatico fruttivendolo che ha violentato la nipote per 4 anni e poi se ne è presi solo 8 perchè, poverino, era incensurato. Ma per favoreeeee!!! Ci vogliono leggi cattivissime contro la violenza sulle donne, ci vogliono leggi cattivissime contro violenza sui minori, ci vogliono cultura e rispetto!!! Cominciamo col fare rispettare lo stato di diritto ai nostri simpatici maschi italici (quelli, maggioranza, che non lo rispettano, gli altri, i modello-panda da tempo sono al nostro fianco, evviva!), cominciamo col far loro associare la parola pericolo-galera! al gesto - smataflone e poi gli altri verranno da loro. eccheccavolo!
sì mi piace anche Lapo Elkan
Cara Maria, per me la laicità significa proprio non ricavare la propria identità da appartenenze di tipo etnico-religioso-ideologico, anzi forse si potrebbe persino affermare che l'identità di ciascuno vale solo nella misura in cui consista in un percorso di affrancamento culturale e psichico dai ruoli che ci vengono via via assegnati dalla società. In realtà l'unico scopo è quello di venderci l'immagine spettacolare di noi stessi come parte di una civiltà insostituibile a cui manca solo qualche piccolo aggiustamento per rimediare alla tanto lamentata perdita dei "valori tradizionali" e non la realtà di un mostro contraddittorio in cui ciascuno agisce contro se stesso perpetuando con ogni singolo respiro il tradimento verso il proprio autentico sè.
gilda tu tocchi una ferita aperta, non a caso ho parlato di velo, se provi a fare una ricerca storica sull'uso del velo noteresti quanto hanno fatto le donne medio-orientali nel secolo che ci hanno preceduto a costo della propria vita per l'abolizione dello stesso , sono state richiamate più su proprio la resistenza delle donne algerine, un esempio tra le tante.
Io ebbi occasione di ascoltare dalla viva voce di una di esse alla Camera del Lavoro di Torino la richiesta di aiuto che rivolgeva a tutti i presenti per sostenere la loro resistenza alla trasformazione socio-politica che stava avvenendo nel loro Paese e al sopraggiungere dell'integralismo religioso che imponeva regole e costumi abbandonati da anni ormai.
parlava di sgozzamento di intere famiglie, di ragazze violentate e lapidate perchè non portavano il velo imposto, da famiglie che montavano la guardia sui tetti di notte per avvertire il villaggio all'avvicinarsi dei giustizieri.
Noi eravamo choccati nell'ascoltarla, sembrava un mondo irreale e sconosciuto.
Ma oggi cosa è rimasto di quell'appello alla laicità dello Stato?
Le donne ritornano a coprirsi spontaneamente o forzatamente il capo ed il corpo, perchè lo fanno?
Non è creare un muro tra sè e le altre donne occidentali da cui sembrano allontanarsi sempre più?
Chi legge i libri di donne sfigurate con l'acido,o di chi viene martorizzata dai padri, fratelli o mariti violenti come è successo ad Hina sembrerebbe di no, che s'invochi sorellanza e solidarietà. E' un compito difficle per noi tutte saper raccogliere questa sfida che l'integralismo religioso ci sta imponendo.
Nessuna esente compresa la nostra suora in parlamento nel centro sinistra di nome Binetti.
ma attenzione non è detto che alla Chiesa e ai suoi portavoce dispiaccia poi tanto questa visione di donna chiusa e celata da un velo, non è detto che la combatta questa presenza che rasenta i muri per non fare troppo rumore, gli estremi si toccano anche in questo caso.
maria
Il velo è un falso problema ... in Italia e specialmente nel sud lo avevano quasi tutte e forse qualcuna anche ora, ricordi il lutto per anni? E anche in Afganistan il burka è un retaggio del passato remoto anche se all'islam l'idea è piaciuta ovviamente. L'infibulazione idem infatti c'è in tutte le comunità tradizionali senza distinzione tra cristiani e islamici.
Viene facile pensare che tutto nasca dall'esigenza del patriarcato di tenere ben "riparata" e "chiusa" la donna che deve dare al padre la certezza che il figlio è suo e solo suo.
Fino agli anni 70 avevamo ancora il reato di abbandono del tetto coniugale e gli sconti di pena per gli omicidi d'onore.
Il velo come modo per resistere in nome della tradizione è solo un riflesso condizionato che va nella direzione sbagliata benchè forse risenta della critica giusta e doverosa alla modernità come potere totalitario e omologante.
E' vero che alcune donne arabe hanno adottato la lotta per e / o contro il velo in termini di ribellione e di rivendicazione ma, ripeto, non è la strada giusta e anzi allontana da questa.
L'Algeria: i morti erano intere famiglie con particolare predilezione per i bambini soprattutto piccoli e questo a causa delle lotte tribali che prevedevano lo sterminio completo degli avversari per poter "ereditare" i loro beni.
E con ciò ci ritroviamo subito ad affrontare il vero nodo dell'identità: chi ha soldi e/o potere vuole garantirsi che ci sia continuità nella stirpe. Per farlo occorre avere lo stato dalla propria parte e scrivere nei codici i diritti "speciali" del capofamiglia e del proprietario. L'espressione "Padre padrone" dice bene il concetto. Concetto che si estende ben oltre laddove vediamo all'opera i civilizzatori e gli evangelizzatori che in nome di dio e dello stato moderno mettono ciascuno al posto stabilito: le donne a casa e i poveri al lavoro più o meno forzato (ovvero in galera se resistono).
gilda sono consapevole che il velo è solo un paravento dove si celano ben altri problemi, ma è indice di una cultura che marchia le proprie donne e le differenzia dalle donne occidentali e laiche, è vero anche noi abbiamo avuto le donne velate fino a qualche anno fa, ma quando le nostre nonne e madri hanno deciso di toglierselo dalla testa non si è più tornati indietro.
I simboli sono sempre efficaci per segnalare una scelta di vita che va oltre la mera tradizione, le nostre femministe capirono che dai maschi anche compagni di partito e di vita non avrebbero mai avuto consenso e appoggio, decisero di mettere addirittura in discussione un servizio d'ordine del movimento di Lotta Continua, anzi si pensa che la crisi di quel movimento cominciò proprio quando le donne appartenenti decisero di camminare e manifestare da sole il proprio dissenso.
cominciarono a presenziare aule di tribunale in massa per aiutare le donne vittime di violenza a sostenere la loro denuncia, io stessa a 17 anni in una città come Barletta, sfidando le botte di mio padre, e ne ho prese tu non hai idea quante ne ho avute, sfilavo con le mie coetanee perchè si legalizzasse l'aborto e smettessero i "cucchiai d'oro" e le "mammane" di arricchirsi sulla pelle delle donne che abortivano, arrrivammo a fare un'assemblea all'interno dell'ospedale per denunciare i medici che facevevano gli antiabortisti in corsia e s'arricchivano nelle loro ville nel centro della città dove si vedeva il via vai di donne che andavano per abortire a 500.000 lire di 30 anni fa.
Le donne capirono che dovevano non solo denunciare ma sostenersi tra loro e slegarsi dalla resistenza posta all'interno dei movimenti e dei partiti politici, compromessi da incarichi e cariche di governo o sottogoverno.
Perchè oggi non è più così?
Perchè le donne che sono arrivate ad occupare ruoli istituzionali sono entrate nella logica da cui si erano tirate fuori negli anni 70 , sono costrette a mediare, a calcolare i rapporti di forza, le ingerenze nazionali e internazionali, la presenza della Chiesa e ora anche dell'islam.
si pensava che arrivate a toccare la vetta del soffitto l'avrebbero aperto , ma così non è stato, gli uomini resistono ed escludono i giovani e le donne, quei pochi posti assegnati sono dati con il contagocce e patto di estenuanti giri e compromessi che ammorbano e sfiniscono ogni azione e conseguente reazione.
Aiutare una donna come Hina, o le mille donne vittime della violenza familiare, sessuale, lavorativa, vuol dire decidere di uscire dal contesto attuale e difenderle a prescindere dalla loro religione, nazionalità, colore di pelle, rischiare anche relazioni e reazioni, ecco perchè le donne devono ritornare a parlarsi tra loro, perchè la loro difesa deve partire da se stesse, non aspettandosi nè riconoscimenti nè strette di mano, nè posizioni di favore, che tanto abbiamo già visto non avvenire.
maria
maria purtroppo è un discorso complesso e rileggendo le cose scritte da te e da me sembra che stiano molto strette in uno spazio come questo. Sarebbe bello parlarne ma manca tutto quello che vorremmo per creare uno spazio pubblico adeguato a questo genere di discussioni.
Non so tu ma io trovo frustrante fare discorsi sui massimi sistemi in modo del tutto scollegato alla realtà in cui davvero sopravvivo.
Il dialogo sui media è solo un po' più falso di quello tra le persone "normali"
Insomma ti ringrazio per il dialogo ma spero che si potrà continuare diversamente ciao
Che dire?
Non mi piace granchè la Rodotà, ma qui il suo ragionamento è ineccepibilie. Persino il femminismo, come tutto quanto viene monopolizzato dalla sinistra, ha adottato due pesi e due misure e la smania di un assurdo e inesistente "politically correct".
gilda vorrei poterti consigliare, natuarlmente estendo l'ivito a tutti i lettori di omb, di leggere i seguenti libri:
bruciata viva - suad- ed.piemme pocket
sfigurata -rania al-baz- ediz. sonzogno
non sottomessa -ayaan hirsi ali - ed . einaudi
se queste testimonianze sono reali comprenderai meglio la mia frustrazione e rabbia verso il silenzio dell'attuale movimento femminista e delle nostre donne in Parlamento, per dirtene una quando 8 anni fa proposi una mostra di fotografia di donne sfigurate dall'acido dai propri congiunti, una mostra circolante in Italia, per attirare l'attenzione sul problema, furno le stesse donne di un'associazione femminile della mia città a rifiutare la mia proposta, dissero che c'erano problemi primari e nazionali da affrontare.
A risposte tali non rimase altro che prendere atto che le donne italiane non hanno ancora ben compreso e ascoltato fino in fondo il dolore della voce che arriva da altre donne, forse perchè fortunatamente a molte di loro è stato risparmiato il dolore delle cinghiate sulla pelle.
maria