Ma l'addio di Chirac non è un'uscita di scena
Nel discorso che Jacques Chirac ha tenuto in diretta televisiva ai francesi una cosa era sconta: l'annuncio della sua non ricandidatura alla Presidenza. Il problema, tuttavia, non era il destino personale di Jacques Chirac - un uomo politico eletto consigliere comunale nel 1965 a 32 anni, deputato nel 1967, poi Sindaco di Parigi per 18 anni, due volte Primo ministro e due volte Presidente della Repubblica - bensì in che forma e in che modo si consumerà il passaggio dalla V Repubblica alla Francia immersa nelle nuove sfide dell'Europa e della globalizzazione.
Il discorso di ieri sera ha avuto essenzialmente questo valore quello di lasciare un eredità a domani e a chi lo sostituirà una domanda politica, rappresentata dalla Francia gollista, una domanda politica che non appartiene solo al partito di Chirac, ma che ha innervato negli ultimi cinquant'anni la storia sociale e culturale della Francia e che in Francia è stata rappresentata in forme diverse sia dalla destra che dalla sinistra.
La domanda riguarda molte cose. Per esempio: quale sia il ruolo della Francia in Europa; che valore abbia mantenere una politica di eccellenza e di potenza; che cosa significhi oggi sviluppare una politica verso i paesi emergenti e più in generale verso il “terzo mondo”, come sia e si sviluppi una politica di cooperazione atlantica e, allo stesso tempo, come non si perda il filo intrecciato con la Russia.
In breve che cosa sia e quale possibilità di futuro abbia una politica in cui si mescolano e ricollocano valori, domande ed esigenze che hanno attraversato trasversalmente la Francia in questi ultimi cinque anni e soprattutto quelle che hanno caricato di responsabilità nazionali la seconda Presidenza Chirac. Perché Chirac nella primavera 2002 non è andato alla Presidenza in un testa a testa tradizionale destra-sinistra, ma in un confronto simbolico del Francia dei Lumi contro la Francia della tradizione. Questo, infatti, era il confronto Chirac-Le Pen dopo la clamorosa esclusione alle primarie del candidato Lionel Jospin. Un confronto dove una gran parte dell'elettorato che ha dato a Chirac la vittoria non era il suo tradizionale, ma in gran parte fatto di persone che hanno deciso di non andare al mare in nome degli ideali della Rivoluzione francese.
Questo tuttavia non ha impedito che in questi anni il paese fosse traversato da conflitti aspri e da profonde lacerazioni. Il presidente che entrerà all'Eliseo il 18 maggio prossimo avrà come primo problema quello di ricucire un paese attraversato e lacerato da profondi conflitti (sociali, culturali, economici, ...).
Chirac esce dopo una presidenza contrassegnata da scandali, con un paese attraversato da una profonda crisi sociale, con le periferie ancora inquiete e dove i problemi che15 mesi fa hanno illuminato a giorno le notti di Francia sono ancora tutti aperti. Chiunque gli succederà dovrà fare i conti con un paese diviso, inquieto sul suo orgoglio nazionale, attraversato da tentazioni antieuropeiste, e in cui il confronto con gli Stati Uniti in politica internazionale è soprattutto l'altra faccia del problema non risolto del proprio ruolo nella costruzione dell'Europa. Ruolo che la maggioranza dell'elettorato francese nel maggio 2005 ha creduto di risolvere votando no al referendun sulla costituzione europea. In quel referendum, sostenuto da Chirac e che ne ha segnato in forma determinante il futuro politico, ciò che è emersa alla fine è stata l'incertezza, non solo della Francia, ma anche della fisionomia e del ruolo dell'Europa.
Il discorso con cui ieri sera Jacques Chirac ha detto addio alla politica era forse l'appuntamento più atteso di tutta la campagna elettorale francese: quello in cui si dovevano trarre i bilanci di una politica tradizionale gollista (indifferentemente espressa dalle presidenza Pompidou, Giscard e Mitterand, oltreché ovviamente dalla sua) e capire quanto della V Repubblica sarebbe rimasto. Chirac non ha deluso da questo punto di vista. I problemi rimangono tutti sul tappeto così anche l'incertezza. Anche se fatti tutti i conti forse il candidato su cui punta Chirac è quel terzo incomodo rappresentato da François Bayrou, capace di rompere sia nell'elettorato di destra che di sinistra.
A lungo nelle scorse settimane Chirac ha lasciato intendere che il suo non è un ritiro definitivo, e che è sua intenzione continuare “a servire la Francia”. Ieri sera ha fatto capire che chiunque venga dopo di lui avrà a che fare con una politica tradizionale che non può essere mandata in soffitta in nome del “giovanilismo” o del “nuovo”. Che c'è una lunga storia, che quella storia “continua” e che con quella continuità occorre fare i conti.
12.03.07 11:27 - sezione
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