Cocco Bill il Totò del fumetto
Compie cinquant’anni il personaggio creato da Jacovitti. Un cow-boy molto irascibile, che beve solo camomilla, tira cazzotti, spara pallottole e battute surreali. Una maschera italiana, come il grande attore
di Renato Pallavicini
Prima dello «spaghetti-western» fu il «salame-western», e il suo eroe unico è Cocco Bill. Alla terza vignetta della prima tavola (uscita giusto cinquant’anni fa, il 28 marzo del 1957 su Il Giorno dei Ragazzi) il pistolero a fumetti già sparacchiava a destra e a manca, non guardando in faccia nessuno, come il suo creatore, Benito Franco Jacovitti - in arte Jac o «lisca di pesce» - che, ogni volta che gli chiedevano da che parte stava, puntualmente rispondeva: «sono un estremista di centro».
Quando nasce Cocco Bill, Jacovitti ha già un «grande avvenire dietro le spalle». Proviene dai fasti de Il Vittorioso e del Diario Vitt e dalle sue matite e pennelli sono già usciti Pippo Pertica e Palla, Cip il poliziotto, Battista l’ingenuo fascista, Gionni Galassia, Zagar, Tom Ficcanaso, la Signora Carlomagno, Jak Mandolino e tanti altri. Ha sì già fatto, con vignette, manifesti e cartelloni le campagne per i Comitati civici e per la Dc. Però, nel 1948, proprio la Dc gli sfilò i disegni di sotto le mani perché Jacovitti, nell’angolo di una vignetta aveva piazzato uno dei suoi inconfondibili cartelli, con su scritto «Abbasso il Papa». Non è il primo, né sarà l’ ultimo episodio in cui Jacovitti tiene fede al suo anarchismo e manda a quel paese chi prova a censurarlo: come quando se ne andrà da Linus (dove lo aveva chiamato Oreste Del Buono) preso di mira da destra e da sinistra o quando sarà costretto a lasciare il Diario Vitt, delle cattoliche edizioni Ave, per aver pubblicato, con Marcello Marchesi, uno strepitoso Kamasultra pieno di tutt’altro tipo di salami. Da Termoli, dove era nato il 9 marzo del 1923 (scomparso a Roma il 3 dicembre 1997, «fedelmente» e tragicamente seguìto, poche ore dopo, dalla morte della moglie, Floriana Jodice che aveva sposato nel 1949), Jac era passato per Macerata, Ortona a Mare, Firenze (scuola d’arte, liceo artistico - e tra i compagni Franco Zeffirelli) per poi approdare nel 1946 a Roma, dove bazzica personaggi come Marchesi, Metz, Fellini, Mosca, Steno. Che ne poteva venir fuori? Un genio dell’umorismo e della satira, affascinato dalla battuta che si fa capriola alfabetica, sciolilingua, sberleffo glottologico, tra futuristiche parolibere, dialetto molisano e albanese (come l’origine della madre). A dieci anni, narrano che il piccolo Benito contava fino a 10 così: onza, donza, trinza, quaraqua, rinza melaga, dunza, rif, raf e rof. Ma ne viene fuori, soprattutto, un grande disegnatore dal piglio sicuro che, praticamente, non fa prove e traccia direttamente col pennello le sue tavole affollate (un vero e proprio horror vacui) di personaggi, oggetti, case, automobili, cartelli e, ovviamente, di salami, pesci, serpenti, vermicelli, ossa che sbucano dal suolo e da ogni angolo (di solito li disegnava nei momenti di stanca, quando pensava come far andare avanti la storia). Queste tavole, però, sono tutt’altro che una disordinata furia creativa, piuttosto rigorose «panoramiche» (un termine che amava e usava spesso per raccontare il suo modo di lavorare), scientifiche assonometrie in cui personaggi ed azioni si dispongono secondo linee dinamiche e zigzaganti.
Però basta parlare di Jacovitti, perché qui si celebra Cocco Bill. Cow-boy, forse sceriffo o forse fuorilegge poi convertito in ranger, come Tex, forse poliziotto privato o forse chissà chi. Un «cavaliere della valle solitaria», come quello interpretato da Alan Ladd nel film di George Stevens (1953) che Jacovitti, gran divoratore di cinema, amava. Un cavaliere, va da sé, dotato di cavallo: Trottalemme (ma si chiamerà così solo alla fine degli anni Settanta), alter ego equino di Cocco Bill, a lui legato da un rapporto perfino «ambiguo», fatto di qualche tradimento e conseguenti scenate di gelosia. Pistolero e cavallo, coppia classica nel western, al cinema o a fumetti: Lucky Luke e Jolly Jumper, Tex e Dinamite. Classici saloon, sigari (li fumava Jacovitti), sigarette (le fumavano Cocco Bill e il cavallo) bevute di whisky (però Cocco Bill beve solo camomilla e - Dio ce ne scampi - non perchè è «politicamente corretto»). Scorretto, scorrettissimo, lui gli avversari li prende a cazzotti e pistolettate sulle gengive, a suon di bang! pum! sciaff! tàng! Non sopporta soprusi e sfottò e se qualcuno ride di lui, come minimo, ci rimette i denti. Però si continua a ridere per davvero, come si riderà, qualche anno dopo con i western comici di Tognazzi e Vianello o, un po’ più in là, di Bud Spencer e Terence Hill.
Cocco Bill, intanto, continua a sparare, come il suo papà Jacovitti che possedeva Colt e Winchester e li usava tirando a salve per spaventare il gatto di casa, la moglie o la portiera. E improvvisava finti duelli sotto casa con l’amico disegnatore Nevio Zeccara. Cocco Bill macina storie, tra Il Giorno dei Ragazzi, Il Corriere dei Piccoli, il Corriere dei Ragazzi e Il Giornalino (dove oggi le sue avventure sono disegnate dal bravissimo Luca Salvagno). Esce dalle pagine e entra nei caroselli televisivi, pubblicizzando il celebre Camillino Eldorado e, più di recente, in una fortunata serie di cartoon firmati dal compianto Pierluigi De Mas. Poi rimonta in sella a Trottalemme e va a cercare nuove avventure: si spinge nel Messico, in Canada, si traveste da cosacco e da pirata, fino al punto che Jacovitti in una vignetta annuncerà prossime storie (mai realizzate) con Cocco Bill in Alto Adige, Cocco Bill contro i marziani, Cocco Bill e la pastasciutta, Cocco Bill e i Putipù.
Beh, a questo punto, chi vi viene in mente? Ma sì, lui, proprio lui: Totò. Perché Cocco Bill è il Principe De Curtis dei fumetti (e negli anni, dal tipo bassetto e tracagnotto degli esordi aveva assunto un aspetto segaligno, con il viso allungato e un po’ di scucchia). Cocco Bill è il Totò di un fumetto glorioso, espressione di un’Italia genuina, ancora fantasiosa e non incarognita, un po’ miseria e un po’ nobiltà». Tra spaghetti e salami.
Oreste il guastafeste il vecchio parastatale in pensione che non aveva meglio da fare se non rompere le palle al prossimo...che risate
Come nelle rare apparizioni in pubblico di benedetti michelangeli,anche per jacovitti non sarebbe fuori luogo gridare "Al genio!Al genio!"
io lo leggevo sul giornalino
auguri! :)
Si viaggiava con il Vitt, i 3P viaggiavano nel tempo e nello spazio con un'immaginazione surreale (bambini, leggete Pippo spadaccino e troverete insipido il DiCaprio/maschera di ferro, e il Pippo 2000? Il Pippo preistorico che faceva polpette del Jurassic... orpo, 40 anni prima!), si imparava a (non) ridere con Vittò... E Zorry Kid? Ecco dove avevamo già visto Berlusconi: era Don Pedro Magnapoco!
attenzione che il Codacons potrebbe fare un esposto contro Cocco Bill...
Cocco Bill! Avevo una vecchia zia che, per una protesi mal fatta, parlava come lui. L'uno mi ha sempre ricordato l'altra, che è presente nel mio cuore ancora dopo decenni dal trapasso.Entrambi mi hanno sempre messa di buonumore. Auguri, Cocco.
quando sarà costretto a lasciare il Diario Vitt, delle cattoliche edizioni Ave, per aver pubblicato, con Marcello Marchesi, uno strepitoso Kamasultra pieno di tutt’altro tipo di salami
adesso capisco perche' quel diario (la mia passione e l'unica richiesta particolare che mio padre soddisfacesse volentieri) non si riuscisse piu' a trovare.
malidetti pretacci!