I partiti e l’articolo 49 una storia italiana
di Elio Veltri
Ugo Sposetti, tesoriere nazionale dei Ds, sull'Unità del 23 marzo pone il problema dell'attuazione dell'articolo 49 della Costituzione e del «riconoscimento giuridico dei partiti» e cioè, della responsabilità dei partiti di fronte alla legge. Sposetti ricorda il dibattito alla Costituente e l'opposizione di Togliatti e Marchesi alla proposta di controllo dell'attività interna dei partiti.
Essa era sostenuta da Mortati e da altri Costituenti i quali chiesero con forza di conferire anche «rilevanza interna» al metodo democratico richiamato dall'articolo 49, attraverso il controllo delle attività più significative della vita interna di partiti: rispetto degli Statuti, trasparenza e provenienza dei finanziamenti, tutela delle minoranze, selezione delle candidature, certificazione dei bilanci, che lo stesso Sposetti ritiene necessarie per porre rimedio al degrado della politica e restituirle la necessaria e urgente dignità.
Le cose, purtroppo, sono andate diversamente perché nella discussione prevalse infine il cosiddetto «complesso del tiranno» e cioè la preoccupazione di Togliatti e di chi ne condivideva le posizioni di dare un'arma in mano agli avversari dei partiti con il rischio di controllarne e limitarne l'azione. Preoccupazione giustificata dalla recente esperienza della dittatura fascista che aveva sciolto i partiti e azzerato la vita democratica del paese.
Il compromesso tra le due scuole di pensiero fu la scrittura dell'articolo 49 della Costituzione che fa riferimento solo alla «rilevanza esterna» del metodo democratico senza alcun riferimento alla democrazia dell'organizzazione interna. Togliatti, a giustificazione della sua posizione e di quella dei comunisti affermò: «domani potrebbe svilupparsi un movimento nuovo, anarchico, per esempio. Io mi domando su quali basi si dovrebbe combatterlo. Sono del parere che bisognerebbe combatterlo sul terreno della competizione democratica, convincendo gli aderenti al movimento delle falsità delle loro idee. Ora non si può negargli il diritto di esistere e di svilupparsi, solo perché rinuncia al metodo democratico».
È evidente, che se era difficile condividere gli argomenti a difesa della posizione del leader comunista nel contesto di allora, oggi è del tutto inaccettabile perché un movimento politico che rinuncia al suo interno al metodo democratico tende a comportarsi nello stesso modo nelle istituzioni. L'onorevole Merlin, relatore sull'argomento, nel concludere il dibattito disse che ognuno degli articoli «esigeva una legge particolare». Invece, non se n'è fatto nulla e davvero pochi parlamentari, negli anni, hanno riproposto il problema: Luigi Sturzo al Senato nel 1958; la Commissione bicamerale presieduta dall'Onorevole Bozzi e nella legislatura 1996-2001 l'onorevole Claudia Mancina e chi scrive. Nessuno dei proponenti ha avuto fortuna perché chiunque abbia assunto iniziative tese a vigilare sulla democrazia interna dei partiti, sia pure con l'obiettivo di conferire dignità alla politica, migliorarne la trasparenza, restituire ai partiti il ruolo costituzionale di mediazione tra la società e le istituzioni, esaltandone così la funzione, reclamare la trasparenza e la liceità dei finanziamenti, azzerare i conflitti di interesse tra i partiti, le istituzioni e i cittadini, contenere i costi della politica, ha dovuto subire l'accusa di essere un nemico dei partiti e quindi della democrazia.
«Quello, che vogliamo abbattere è la partitocrazia», scriveva Occhetto nel 1998, «per sostituirla con la Repubblica dei cittadini. La differenza è che nella Repubblica dei partiti il partito è l'alfa e l'omega, l'inizio e la fine di tutta l'attività politica. Nella Repubblica dei cittadini il punto di partenza è il cittadino che naturalmente può costituirsi in partito; ma il partito è uno strumento secondario rispetto al soggetto principale».
In questa legislatura sono state depositate in Parlamento alcune proposte( Salvi e Villone; Castagnetti) e c'è da augurarsi che vengano prese in seria considerazione, dal momento che i problemi si sono aggravati con evidente distacco tra i cittadini, i palazzi della politica e le istituzioni. La riforma della politica, della quale la responsabilità dei partiti di fronte alla legge, costituisce un punto fondamentale e qualificante, insieme alla costituzionalizzazione dei conflitti di interesse e alla riduzione dei costi della politica, è diventata una vera emergenza democratica.
I partiti politici, infatti, sono associazioni private, che decidono la vita pubblica del paese: i programmi dei governi a tutti i livelli istituzionali, la selezione dei gruppi dirigenti, le nomine nelle società e negli enti che di volta in volta suggeriscono o impongono ai governi e alle assemblee elettive. Essi si occupano anche dei rapporti tra politica e affari, dai quali dovrebbero astenersi, perchè fonte di gravi conflitti di interessi.
Sono associazioni private, senza alcuna disciplina legale e quindi «deresponsabilizzate», per cui di fatto sono «legibus soluti» nonostante le rilevantissime funzioni pubbliche che essi svolgono.
E questo, come ha scritto Pierluigi Mantini, costituisce un paradosso giuridico e istituzionale dal momento che la disciplina legale di attività fondamentali quali l'iniziativa economica e la proprietà privata e di molti soggetti privati che esercitano funzioni pubbliche (associazioni di categoria, ordini professionali, formazioni sociali) non è affatto trascurabile.
I finanziamenti privati sono spesso opachi, ingiustificati e illeciti e i finanziamenti pubblici, oltre 3,5 miliardi di euro, dal 1974, decisi nelle aule parlamentari e con accordi trasversali, sono tutt'altro che trasparenti. I bilanci mancano dei requisiti ritenuti necessari dalla Corte di Cassazione e la Corte dei Conti scrive che la legge non consente controlli.
Per queste ragioni le proposte presentate dai Parlamentari sono importanti e c'è da augurasi che ad esse si accompagni, in tempi brevi, una proposta di legge di iniziativa popolare, che avrebbe anche la funzione di amplificare il dibattito tra i cittadini.
Scusate, ma eviterei di confondere il piano degli illeciti nei finanziamenti con i meccanismi di gestione interna dei partiti.
Se a Veltri o Mantini fanno così schifo i partiti - posto che personalmente non sono iscritto ad alcun partito - sono liberissimi di fondarne uno nuovo, gestirlo democraticamente e finanziarlo onestamente. All'80% dei cittadini aventi diritto, a quanto pare, vanno benissimo così, altrimenti potrebbero anche non votarli, no?
saluti, d.
continuo a pensare che il signor Sposetti sia stato portato in Parlamento dopo la vicenda Unipol solo per i benefici dell'immunità parlamentare. difficile che questo figuro possa dare lezioni politiche ad alcuno.
No Daniele, la vedo molto diversamente da te proprio perché ho alta considerazione del ruolo dei partiti. Cos'è il partito nella sua essenza? una associazione di cittadini che si dà una organizzazione stabile allo scopo di sostenere le proprie idee nella società. Ciò porta a due conseguenze: - il partito non può proporsi di rappresentare gli interessi di tutta la società, (neanche di tutta la "società sana", il c.d. "partito degli onesti") ma, per definizione, solo di una parte di essa, alla quale, del tutto legittimamaente, si opppongono altri interessi, altre parti della società, altre visioni - fra un partito ed un libero comitato spontaneo di cittadini dovrebbero esserci solo due differenze: il partito ha una organizzazione tendenzialmente stabile nel tempo, mentre il "comitato di piazza maggi" una volta che lo svincolo è stato o non è stato costituito, perde ragion d'essere / il partito tendenzialmente esprime una visione complessiva della società, ha una risposta a "tutti i problemi", il comitato no (questo non è completamente vero: i Radicali o i Verdi sono partiti in cui tematiche parziali sono assolutamente prevalenti su altre). Tra l'altro, il meccanismo della associazione o partito è l'unico attraverso il quale il cittadino comune può far valere la propria voce contro chi è più potente per ricchezza, notorietà, ruolo (idem per il sindacato contro i padroni).
Ma i meccanismi decisionali interni devono essere assolutamente democratici, proprio perché io credo nell'ugual valore assoluto di tutti gli uomini e nella capacità di ciascuno di contribuire con la propria intelligenza, esperienza, capacità a determinare la politica della società italiana. Perciò ho un interesse diretto a che sia democratica la gestione dei partiti, di tutti i partiti, non solo di quello in cui io milito: perciò trovo la riflessione di Veltri centratissima e penso che tocchi un punto fondamentale. Oggi la degenerazione interna ha raggiunto livelli incredibili di verticismo: con la soppressione delle preferenze e l'elezione in ordine di lista, pochi personaggi non scelti con democrazia reale hanno il potere di scegliersi i deputati ed i senatori. Le leggi che impongano la democrazia interna sono necessarie e urgenti
comunque il ragionamento di Veltri non fa una piega, gli attuali partiti non funzionano a partire da questa tara originaria. gli scontri al calor bianco che spesso si verificano nei partiti non hanno quasi mai motivazioni ideali ma di scontro fra interessi particolari. non si tratta di regolamentare tutto ingessando la vita dei partiti, ma di regolare alcune cose fondamentali, per esempio il tesseramento dovrebbe essere certificato dal magistrato. invece, al di là dei vari tesseramenti gonfiati, anche chi fa il tesseramento senza barare lo fa spesso con sciatteria, non rispettando le scadenze fissate e non avvertendo per esempio i nuovi iscritti su cosa voglia dire essere o non essere iscritti a un partito. e via dicendo. non è solo malafede o partitocrazia, c'è anche mancanza di cultura delle regole che finisce per lasciare tutto al caso. in questi anni anche l'operato di gente in buona fede ma sprovveduta ha portato al disastro.
Non voglio fare "l'ultimo dei marxiani" e credo che le leggi possano anche produrre risultati di per sé. Detto questo, scusa paolo, ma mi sembra ridicolo pensare che grazie a una legge si cambino i partiti. Quello che si dice sulla crisi dei partiti è tutto vero -li ho conosciuti anche da dentro, per molti anni, e ne sono uscito- ma temo che il problema non siano tanto le regole, quanto questioni un po' più strutturali rispetto non a quello che i partiti "dovrebbero essere" o "si vorrebbe che fossero", ma rispetto all'oggettivo ruolo che ricoprono oggi... senza uno straccio di visione, uno straccio di analisi, uno straccio di proposta, senza un criterio-guida nello svolgere il loro ruolo di mediazione tra Stato e Società. Questa è una ragione concreta che mi porta a essere scettico su veltri. Una di principio, ma la considero secondaria, è che ciascuno è ovviamente tenuto a seguire regole democratiche in ambito pubblico, mentre trovo aberrante - posto che naturalmente siano salvaguardate libertà e tutelati alcuni diritti fondamentali - che si costringa una libera associazione di cittadini a farlo perché nel momento in cui chi decide di aderirvi lo fa accetta anche i regolamenti di quella associazione e se non gli vanno bene è liberissimo di aderire a un altro partito o costituirne uno (basta vedere quanti ne sono nati negli ultimi 15 anni!). In questo senso, un po' sbrigativamente, ho detto che veltri si facia il suo partito.
d.
queste associazioni private hanno in mano tutti i livelli dello Stato. è proprio la mancanza di qualasiasi idea di legalità che ha prodotto la crisi dei partiti. in uno stato di diritto i partiti devono essere di diritto e su questo anche Marx sarebbe d'accordo.
daniele permettimi di dirti che non è proprio così semplice, non è che si possa fondare una nuova organizzazione sindacale e partitica dall'oggi al domani, a parte che un partito o sindacato è un bene comune e collettivo e non vedo perchè costringere la gente a dover uscire e non invece sforzarsi di trovare gli spazi di rappresentitività anche nelle organizzazioni maggiori invece di frazionarci in millesimi come nei condomini.
Io sono dovuta uscire dalla cgil proprio una settimana fa, iscritta dal 1983, un legame durato quasi quanto il mio matrimonio per intenderci.
perchè una scelta simile?
Perchè il sindacato ormai preso da calcoli ici, calcoli pensionistici di patronato, caaf, 730, calcoli isee, sunia , consumatori, perciò parcellizzato in attività di servizi a gettito di denaro contante e garantito dallo stato ha dimenticato la sua funzione vitale ed essenziale: la difesa del mondo del lavoro e il controllo degli abusi in aziende private e pubbliche, non dimenticare l'alta percentuale di lavoro nero, infortuni anche mortali, sfruttamento minorile e caporalato nelle imprese edili, agricole etc. etc.
Il sindacato non ha più bisogno dei lavoratori per sopravvivere, non ha bisogno del tesseramento, campa sui servizi e mantiene una pletora di funzionari e burocrati molte volte saccenti e pure ignoranti delle conseguenze che gli stessi loro accordi siglati apporteranno all'attività lavorativa.
tu dici esci e formane uno nuovo.
io l'ho fatto vuoi sapere quanto sia impossibile farlo? presto detto!
per essere riconosciuti devi avere il 5% del quorum nazionale, devi essere firmatario di contratto collettivo, devi avere le ore di permesso per poterti muovere per recarti alle trattative e dai lavoratori, per la formazione, una sede , un telefono, un fax, soldi per fare volantini, per pagarti il trasporto da un posto di lavoro all'altro, spiegami quale organizzazione nascente è in grado di farlo e di reggere e avrai risolto il 90 % della crisi politica italiana.
Non ti sovviene che tutti i partitini nascenti siano in realta frange di partiti maggiori che si scorporano in mille rivoli apposta per frantumare il voto ed il consenso per diventare poi arbitro ed ago della bilancia nelle varie alleanze e maggioranze?
molte liste civiche nascono e muoiono proprio con questi criteri vecchi ed abusati ancor prima di sorgere.
E' tempo di farsele queste domande, è tempo di non temere le eventuali risposte, la democrazia è troppo preziosa per lasciare che siano in pochi a gestirla e a rimbalzarsela da una mano all'altra come se fosse una palla di stracci vecchia.
maria
@daniele dimenticavo l'altro aspetto fondante e non monetizzabile ma di grande apporto e di sicuro rafforzamento è la cinghia di trasmissione, garanzia di sicuro serbatoio di voti o pacchetti garantiti di tessere, che hanno rappresentato i sindacati dirottando consenso elettorale, vedi assunzioni ai ministeri, poste , mobilità e trasfrerimenti negli apparati statali, consulenze esterne esose e molte volte ingiustificate.
maria