Bene sono contento di sapere che in Iraq ora è finalmente tutto a posto!
Evviva il Comandante in Capo che con la sua illuminata politica di pace ha permesso a quel tormentato paese di ritrovare la serenità.
Complimenti!!
E la smetta la solita stampa comunista di parlare di massacri in quel paese: sono solo menzogne scandalose.
Falluja.
La settimana scorsa (due settimane fa), due autocarri guidati da combattenti suicidi, uno carico di esplosivi e l'altro di gas tossici al cloro, sono riusciti a penetrare nell'accampamento fortificato americano facendolo saltare.
I ribelli hanno intensificato gli attacchi mordi-e-fuggi di giorno, e di notte hanno il completo controllo della città.
Così, gli americani stanno montando la terza pacificazione.
Bombardamenti dal cielo, massacri a terra: dalle poche notizie che ci giungono, le operazioni USA hanno intento palesemente genocida, perché ormai è impossibile distinguere fra combattenti e civili, ed è chiaro che la rovina, la fame, la sete, le ferite non curate hanno unito gli uni e gli altri allo stesso destino.
Combattono ancora.
Da soli, contro la superpotenza militare mondiale.
Contro forze schiaccianti, contro una brutalità senza limiti.
Senza alcuna speranza umana, senza alcun aiuto e appoggio da fuori.
La cosiddetta «Al Qaeda», che si proclama la guardia armata sunnita, non ha mai combattuto a Falluja: e nei giorni scorsi ha ucciso 400 sciiti nel sud del Paese: ancora una volta, «Al Qaeda» fa il lavoro indicato dal Mossad.
La gente di Falluja è sola.
Possiamo solo immaginare le sue condizioni; ma resiste e contrattacca.
Combattono ormai da tre anni.
Questa è la verità atroce della guerra di popolo: mai darsi per vinti, resistere un giorno di più del nemico.
Dopo tre anni, essi ancora lo fanno, difendono la loro città, la loro dignità come popolo, il loro sistema di vita.
E il mondo li chiama «terroristi».
Nessuno prende atto del loro eroismo e del loro valore, spinto oltre ogni limite di sacrificio.
Onore agli eroi di Falluja, onore a Falluja.
La El Alamein dei sunniti.
La Stalingrado dei tikriti.