I dilettanti dell’Antimafia
di Marco Travaglio
A furia di attaccare i «professionisti dell’antimafia», dobbiamo accontentarci dei dilettanti. Ma immaginiamo un turista straniero che visita l’Italia per le feste pasquali e s’imbatte nei titoli di giornale che annunciano con enfasi la storica decisione della commissione Antimafia: «Si sconsigliano vivamente i partiti dal candidare gli imputati e i condannati per mafia e reati affini alle prossime elezioni amministrative». L’unica reazione possibile è fermare un passante italiano e domandare: «Ma perché, finora da voi si poteva candidare gli imputati e i condannati per mafia?». Certo che si poteva. Anzi, si faceva. E si potrà continuare a farlo (il divieto non è vincolante). Solo che i partiti che lo faranno dovranno sottoporsi a una draconiana sanzione sociale: quella di «dare pubbliche spiegazioni». Le stesse che han dato finora, le rare volte che qualcuno le chiedeva: se Forza Italia candida Dell’Utri, condannato in primo grado per concorso esterno in associazione mafiosa, o Gaspare Giudice, imputato per mafia, se l’Udc candida Cuffaro, imputato per favoreggiamento alla mafia, o Mannino, imputato per concorso esterno, è perché queste preclare figure di statisti sono «perseguitati dai giudici». L’ex pm onorevole forzista Nitto Palma ha già avvertito tutti, a scanso d’equivoci: «Continueremo a candidare i politici perseguitati». Come si fa a distinguere un politico imputato o condannato da un politico perseguitato? Si fa così: se il politico è del tuo partito o di un partito alleato, è un perseguitato; se invece è di un partito avversario, allora non è un perseguitato e deve sparire. Ultimamente, però, c’è la tendenza a considerare perseguitati tutti i politici condannati o imputati, così una mano (sporca) lava l’altra. Oggi a me, domani a te. Si spera che il turista straniero, già sconvolto da quei titoli, non venga a sapere che dell’Antimafia fanno parte due pregiudicati per corruzione e finanziamento illecito, Cirino Pomicino e Alfredo Vito, e un discreto numero di indagati. In pratica, Pomicino, dall’alto delle sue due condanne, e Vito, dall’alto del suo patteggiamento per 22 tangenti (con restituzione di 5 miliardi di lire di refurtiva) raccomandano ai partiti di attenersi alla più rigorosa legalità, evitando di candidare condannati (a parte loro due, si capisce). Non è meraviglioso? Tutto ciò accade in un paese in cui, per essere ammessi a un incarico pubblico, bisogna esibire la fedina penale, e se questa non è immacolata non si può concorrere. Un paese in cui, per fare il carabiniere, bisogna non avere condanne, né processi, né parenti condannati o imputati. Un paese in cui i condannati per reati contro la pubblica amministrazione non possono candidarsi a consiglieri circoscrizionali, comunali, provinciali, regionale, né diventare assessori, né tantomeno sindaci o presidenti di provincia o di regione. Ma deputati e senatori sì, come pure ministri, sottosegretari, presidenti del Consiglio. Basterebbe estendere al governo, alla Camera e al Senato la legge degli enti locali. Ma dovrebbe proporla il governo e dovrebbero approvarla Camera e Senato. Il che, per la «contraddizion che nol consente», è una pia illusione. Escludere imputati e condannati, poi, non basta: se uno ha commesso reati gravissimi, ma l’ha fatta franca per prescrizione (tipo Andreotti e Berlusconi), che si fa? Ci si accontenta dell’incensuratezza e si ignorano i reati accertati ma prescritti? E ritenere idoneo a ricoprire cariche pubbliche chiunque non abbia riportato rinvii a giudizio o condanne è già una resa all’immoralità: c’è una vasta gamma di comportamenti che non costituiscono reato, ma sono eticamente incompatibili con la «cosa pubblica». L’altro giorno hanno arrestato a Trapani, insieme a vari boss, l’ex vice di Cuffaro, Bartolo Pellegrino, che si spartiva le tangenti fifty fifty con i mafiosi. Anni fa era stato intercettato mentre definiva i carabinieri «sbirri» e «pezzi di cani», e i pentiti «infami». L’inchiesta fu archiviata, quella condotta non è reato: ma può fare politica uno che parla con e come i mafiosi? L’altroieri il senatore Ds Mirello Crisafulli - filmato nel 2002 a Pergusa mentre abbracciava e baciava il boss Bevilacqua e indagato con Cuffaro per rivelazione di segreti d’ufficio - è stato nominato dalla Camera nella commissione di vigilanza sulla Cassa depositi e prestiti. L’uomo giusto al posto giusto.
sicuro che è dal corriere e non è l'uliwood di oggi?
Figurarsi, il corriere va sempre a trovare i poveri ricchi carcerati e sparge nel mondo la loro indomitabile forza d'animo...
E intanto stiamo aiutando la guerra di un paese che ha tolto la fedina penale pulita come condizione per farsi scannare... ops, arruolare.
Ma è inutile perdere tempo, tanto Travaglio è il "manettaro" e i difensori dei "perseguitati" (ma adoratori del manganello) sono quelli che governano e affascinano anche i lumpen che scrivono sui blog...