Eritrea, stop alle mutilazioni genitali femminili
Il governo annuncia pene severe per chi obbliga le bambine al barbaro intervento. «Danneggia la salute, causa dolori e mette in pericolo la vita». La Ue: primo passo importante
di Virginia Lori
L’ERITREA ha messo fuorilegge le mutilazioni genitali femminili. La decisione del governo dell’Asmara, che segue iniziative analoghe intraprese da altri paesi africani (dal Kenya al Mali) è stata resa nota da un comunicato ufficiale apparso sul Web. Per coloro che non rispetteranno la disposizione, che si propone di arginare un fenomeno diffusissimo nel Corno d’Africa, nel continente e anche in altre zone del pianeta, la nuova legge eritrea prevede sanzioni pecuniarie, anche di diverse centinaia di dollari, ed anche l’arresto e dure pene, fino a dieci anni di carcere. Il comunicato del governo dell’Asmara spiega la decisione con la necessità di porre fine a pratiche che «danneggiano la salute, causano dolori considerevoli e mettono in pericolo le vita». L’Eritrea, come altri governi africani, decide dunque di tentare di arginare un fenomeno molto diffuso. I dati più recenti, tra quelli dell’Organizzazione mondiale della Sanità, descrivono una realtà terrificante. Oltre 110 milioni di donne e ragazze in 28 paesi, in massima parte africani (molti dei quali a maggioranza musulmana) ma anche asiatici hanno subito mutilazioni genitali. Secondo l’Onu il ritmo è di tre milioni di casi ogni anno. Le vittime hanno mediamente tra i 4 e i 15 anni. Le pratiche vengono eseguite con oggetti da taglio, forbici, rasoi, coltelli, pezzi di vetro, senza anestetici o antisettici. Gravissime le conseguenze e, in alcuni casi, anche la morte. Tra i paesi nei quali sono più diffuse queste pratiche la Guinea (99%) e la Somalia (98%) dove si pratica soprattutto l'infibulazione, ritenuta la più pericolosa delle mutilazioni genitali (clitoride e le piccole labbra sono completamente asportati, compresa la superficie interna delle grandi labbra. La vagina viene ricucita lasciando una piccola apertura per l'urina e il flusso mestruale). In Etiopia, Sierra Leone ed Eritrea prevale la clitoridectomia (o escissione), che consiste nella parziale o totale rimozione del clitoride. Il Sudan (90%) vede una prevalenza di infibulazione, come nelle regioni egiziane al confine con il Sudan, mentre nel resto dell'Egitto (dove secondo l'Oms la percentuale è del 97%) si pratica la clitoridectomia. È opinione diffusa che la lotta contro le mutilazioni genitali sarà ancora lunga. Queste pratiche appartengono a tradizioni radicate molte donne ritengono che debbano essere mantenute. «Anche io l’ho fatta a mia figlia - dice una donna immigrata del Corno d’Africa - ed io stessa ha vissuto questa esperienza. Nè io, nè le donne che conosco hanno subito danni, mi sono sposata, ho avuto dei figli. Ho vissuto finora una vita sessuale completa e dunque non credo che queste pratiche, che appartengono alla tradizione africana, debbano essere superate».
Diversa la prima reazione della comunità eritrea a Roma. Il portavoce Johannes Weldu ha dichiarato ieri che «il nostro governo ha fatto bene, la legge è giusta e non l’aspettavamo da tempo». La decisione annunciata dall'Eritrea è stata commentata da Luisa Morgantini, (Prc) vicepresidente del Parlamento europeo: «è una grande notizia» - ha detto - e anche un «primo passo affinché il pieno rispetto dei diritti umani e della donna in quel paese non rimanga lettera morta».