Ds, Margherita e il dibattito sul Pd. Corritore: basta narcisismi. Martina: attenzione al progetto. Mirabelli: vertici da rinnovare
«Partito democratico a Milano, primarie per il leader»
Penati: pari opportunità per le donne. Panzeri: no ai grandi elettori. Toia: più gioco di squadra
di Marco Cremonesi
Cercasi leader per partito autenticamente popolare, democratico e con prospettive di crescita. Ma è inutile chiedere in giro chi saranno i leader del futuro partito democratico a Milano e in Lombardia. La prima risposta, quasi pavloviana, è che la fisionomia dei nuovi capi prenderà forma soltanto dopo che il nascituro partito disporrà di carne e sangue, di contenuti e militanti.
In effetti, le domande senza risposta sono ancora moltissime: quali i metodi per eleggere i nuovi gruppi dirigenti, quali le regole per le primarie, la presenza o meno di delegati «di diritto» decisi dai partiti all'assemblea costituente. E poi, quesito non secondario, se i leader del Pd saranno ipso facto i candidati alle massime cariche istituzionali: sindaco, presidente di Provincia e di Regione.
L'europarlamentare Antonio Panzeri (ds) taglia il nodo: «Non abbiamo bisogno di strutture arlecchino, non di carovane movimentiste o pensatoi ristretti. Gli strumenti del nuovo partito devono essere le primarie, e il principio di una testa un voto». E cioè, l'elezione diretta dei rappresentanti e non quella di «grandi elettori».
Dalla Margherita, un altro europarlamentare, Patrizia Toia: «Io penso che sia importante dare un segno forte di svolta. Noi fondiamo questo partito per dire ai cittadini che andiamo oltre noi stessi e le nostre storie. Il fatto che il massimo rappresentante della cosa nuova sia una faccia arcinota non giova». Patrizia Toia elenca anche una serie di qualità: «Una persona dall'accertata solidità personale, capace di trasmettere passione civile e di giocare per la squadra. E, diciamolo, dotata di un po' di carisma».
Filippo Penati rilancia la sua proposta: «Primarie sui vecchi collegi uninominali. Si possono presentare candidature con un numero relativamente basso di firme e vincono il primo arrivato uomo e il primo arrivato donna». Un modo, secondo il presidente della provincia, di «dare una buona rappresentanza ai territori, alle donne e soprattutto per aprire davvero il partito a energie che fin qui sono state a guardare».
Davide Corritore, grande sostenitore delle primarie e volto nuovo del centrosinistra milanese guarda Oltreoceano: «Hillary è marketing, establishment, tradizione, vecchi linguaggi. Obama è il dire ciò che si pensa senza lisciare il pelo, coerenza con la propria vita personale, grande gioia e sorriso. E soprattutto, la capacità di far gioco di squadra. Qui, invece, vedo il dilagare del narcisismo. Narcisismo come malattia senile del comunismo».
Per Franco Mirabelli, appena riletto segretario della Quercia milanese, «chi ha diretto in questi anni Ds e Margherita ha il compito di arrivare sino al partito democratico, poi anche le leadership dovranno dare il segno di una cosa nuova e diversa. I dirigenti attuali continueranno ad avere un ruolo ma i vertici dovranno cambiare».
Dalla Margherita, Maria Grazia Fabrizio sospira: «In realtà, passerà ancora qualche anno prima di avere un leader con la testa nata nel partito democratico. In ogni caso, io penso che il nuovo partito nascerà vaccinato contro il leaderismo, sarebbe il contrario di ciò che si sta cercando di fare. E cioè, un partito per i cittadini».
Difficile snidare il neoeletto segretario regionale della Quercia, Maurizio Martina: «Al congresso, con qualche successo, abbiamo cercato di fare la cosa opposta. Iniziare a costruire un progetto politico e culturale. Un ragionamento sulle persone, in questo momento, semplicemente non c'è».
Mi ricordo qualche anno fa, alla Festa dell'Unità. Presentazione di un libro di Giulietto Chiesa e Vauro, con dibattito critico e polemico, piuttosto caldo: finì ad insulti tra (presunti) compagni, con i tesserati che urlavano "Non si toccano i dirigenti!"...
Già sognavano il futuro Partito Democratico.
E noi, già allora, gli davamo degli assassini.
assassini de che?
De afghani, de seigendomila iragheni, fa' te...
Tanto è assassino chi spara che chi offre le piste degli aeroporti, si chiama responsabilità in solido. E le pagherete tutte.
Purtroppo le paghereMO tutte.
ame pare che gli iracheni principalmente si siano ammazzati e si ammazzino tra di loro, così come del resto gli afgani. Sono favorevole ad andarsene subito da quei paesi ma perchè la presenza italiana è inutile non perchè si ridurranno i massacri che al contrario aumenteranno, ma sono fatti loro, più o meno come in africa dove tra guerre e disastri ambiental/umanitari muore altrettanta gente ma non c'è nessuno così fesso da andare a dividerli.
Di una cosa certamente il pd ci libererà, della sciocca teoria dell'internazionalismo, l'unico ve3ro faro ideale è l'interesse nazionale e su questo da bertinotti a casarin da alemanno a casini dalle br ad forza nuova sono tutti d'accordo