Ma come sono italiani questi cinesi
di Rosa Castellano
Sulla «rivolta» dei cinesi di via Paolo Sarpi corrono due diverse letture. Una fa perno sugli interessi e interpreta la vicenda come un conflitto, in senso lato, economico. L'altra privilegia l'identità e sfocia inesorabilmente nel conflitto etnico. Ovviamente, la seconda va per la maggiore. Piace ai giornali, perchè permette di riempire pagine e pagine di colore, mistero, impenetrabilità. Serve alla destra, agli imprenditori politici del razzismo e della paura. Per loro il corto circuito tra il pericolo giallo lontano e quello fisicamente vicino, «in casa nostra», è una manna. Il centro sinistra, che ha paura anche della sua ombra, come sempre non sa che pesci pigliare e invoca il rispetto delle «regole», questa volta per il carico e scarico degli scatoloni.
Tra i sostenitori della prima lettura ci sono i pochi che hanno studiato dall'interno la comunità cino-meneghina. Tra questi, Daniele Cologna che non solo rifiuta l'etichetta di «zona franca» improvvisamente rifilata al triangolo Sarpi-Canonica-Bramante ma, addirittura, afferma che quella di Milano non è una «vera» Chinatown. Abita lì solo il 20% dei 13 mila cinesi in regola di Milano, gli italiani sono ancora la maggioranza dei residenti. Il quartiere è «cinese» sotto il profilo economico e lavorativo, perchè lì con il placet delle giunte di centro destra (e dietro il pagamento di chissà quante mazzette) si è concentrato il commercio all'ingrosso. Da qui le frizioni tra gli interessi contrapposti di residenti e commercianti, non molto diverse da quelle che si verificano in zona Navigli tra abitanti che vogliono dormire e proprietari (senza occhi a mandorla) di bar e locali che fanno le ore piccole. La stretta delle multe, adottata da un paio di mesi da palazzo Marino, vissuta come «discriminatoria» dai commercianti cinesi sembra fatta apposta per «convincerli» a delocalizzare negozi, laboratori, magazzini. A loro spese, si premura di precisare lady Moratti. La «delocalizzazione» libererà per altre speculazioni uno spicchio centrale di Milano. Ovvio che i cinesi si incazzino o vogliano essere della partita.
Oggi pomeriggio riempiranno piazza Duomo per una manifestazione «pacifica» contro la politica «repressiva e discriminatoria» della giunta Moratti. «Il diritto al lavoro è un diritto inviolabile dell'uomo! Noi viviamo e lavoriamo nella legalità. Basta discriminazioni, siamo milanesi anche noi», recita il volantino firmato dalle otto associazioni che hanno indetto il presidio.
Paradossalmente, gli argomenti usati da destra e media per dimostrare quanto siano diversi da noi i cinesi finiscono per dimostare quanto ci assomigliano. Al netto del gran risotto che fanno quelli che mescolano cose diverse come le Triadi e le Societa Nere, risulta che siamo mafiosi alla pari. Loro hanno avuto Confucio, noi la Chiesa cattolica. Però siamo altrettanto familisti e clanici. Oscilliamo allo stesso modo tra l'ossequio verso l'autorità e il farci le nostre leggi private. Il modo in cui i cinesi sfruttano i connazionali immigrati, dal posto letto a ore al debito da saldare lavorando in semischiavitù, ricalca quel che noi italiani abbiamo fatto tra la fine dell'Ottocento e l'inizio del Novecento. E per tornare ai giorni nostri: siamo un paese dove, da vent'anni almeno, protestano e si ribellano solo i ricchi. I cinesi arrivati in Italia hanno subito imparato la lezione. Tra le comunità dei migranti sono quella più ricca. Dunque, perchè meravigliarsi se curano i loro interessi e non si fanno manganellare dal primo ghisa che passa?
So what?
La traduzione del commento di Aleph e': "E allora?", un commento che spesso mi vienequando leggo la maggior parte degli articoli pubblicati sull'Unita' (unica potente eccezione Marco Travaglio).
Gli immigrati in paese straniero finiscono sempre per assomigliare ai residenti del paese che li ospita.
E' successo anche ai tanti Italiani emigrati in Belgio, Sud Amrica e Nord America e continuera' a succedere.
La storia di Paolo Sarpi è una pagliacciata che segue di poche settimane quella esilerante della manifestazione per la sicurezza che a provocato l'infortunio di 10 motociclisti il giorno dopo.
Se la più antica comunità straniera di Milano, dopo quelle dal veneto e dal sud, che non si è mai segnalata per particolare escandescenza s'incazza, forse sarebbe il caso di chiedersi perché.
Strano che nessuno si sia fatto qualche domanda su quello sgherro ritratto col pugno alzato calzante un guato nero. Una specie di naziskin, pelato e con gli occhiali scuri, al soldo dello Stato, pronto a menare un ometto cinese la metà di lui, naturalmente tenuto fermo dai suoi compari in divisa. Quello sì che con l'ordine e il rispetto delle regole non c'entra un tubo.
Il rispetto delle regole di civile convivenza è naturalmente importante, compreso il divieto di sosta. Compreso in Paolo Sarpi. Detto questo sarebbe carino che fosse rispettato anche, anzi prima, per esempio davanti al supermercato di Papiniano, alla scuola privata in zona Magenta, al locale notturno in Ticinese. La tendenza del cosiddetto potere a iniziare a far rispettare le regole dai più deboli è abbastanza insopportabile. Questa parvenza d'ordine nella sosta di Paolo Sarpi è un po' ridicola di fronte a tonnellate di pm10 che entrano quotidianamente a Milano e che dopo un timido tentativo di fermarle si è subito deciso di far continuare a entrare. Perché per andare contro agli interessi (forti e anche diffusi come quelli dei pendolari) che spingono la bronchite nei bambini e il tumore ai polmoni negli adulti (piuttosto che la grande distribuzione, le ricche mamme impellicciate del centro col loro suv per far la spesa e accompagnare il bimbo a scuola o l'economia del loisir) serve una vera capacità di governo, non la sua rappresentazione poliziesca.
La piega "securitarista" presa dalla Moratti è solo il segno dell'estrema debolezza sua e della sua giunta, a partire dalle ali destre governate rispettivamente da una pattuglia di meridionali che diversamente da tutti gli altri (compresi i Romeo, i Cuccia e i Ligresti) non sono riusciti ancora a integrarsi neppure in una città così aperta come Milano (saranno le radici fasciste a tirare questi scherzi?) e da uno sparuto gruppo di sedicenti autoctoni lombardi che dopo aver giustamente rivendicato un diverso trattamento fiscale per le regioni del Nord non hanno trovato di meglio che scorazzare sul Po con l'ampolla o di occuparsi di imam e omosessuali... che sfigati.
Tanto per cominciare questi geniali sostenitori di "ordine e disciplina" (soprattutto per gli altri, s'intende) potrebbero cercare di far funzionare le telecamere non solo per dare multe ma anche per vedere come le comminano quei quattro zelantissimi vigili a una donna cinese con bambino. Perché un conto è organizzare una gigantesca balla di radar spenti e registrazioni mancanti quanto viene tirato giù un Dc9 Itavia, visto che lì c'è di mezzo una malintesa ragione di sicurezza nazionale e soprattutto mezzo stato maggiore delle aeronautiche di tutta la Nato. Ma nascondere in nastri per una multa oltrepassa ogni soglia del ridicolo.
saluti,
daniele
Questa e' la ricostruzione dei fatti secondo la Digos:
http://www.corriere.it/vivimilano/cronache/articoli/2007/04_Aprile/17/sarpi_relazione_digos.shtml
So what?
Miles davis
Se stiamo alle ricostruzioni di digos e compagnia potremmo anche credere che un anarchico si butta dalla finestra del 4° piano della questura durante un interrogatorio perché colto da "malore attivo", che le molotov alla scuola diaz di genova ce le hanno portate i manifestanti (salvo poi, al momento di analizzare i corpi di reato scoprire che non si sa come ma sono spariti), che i responsabili della morte di calabresi sono sofri, bompressi, pietrostefani e marino (salvo scoprire anche lì che non c'è mezzo erperto conservato a fini processuali), che uno può restare tranquillamente latitante per 40 anni in sicilia però facendosi curare in francia a spese del servizio sanitario nazionale, che se non fai il bravo la befana ti porta il carbone, che se vai al parco lambro puoi incontrare cappuccetto rosso.
A 'ste balle io ho smesso di credere mi pare intorno ai 4 anni. non so voi.
d.
mah.oggi un gruppettino del quartiere dove abito da 21 anni ha recapitato personalmente ai cosiddetti cinesi e agli altri commercianti della zona la missiva che riporto in calce.
Carolina
C’e un’altra Paolo Sarpi, oltre a quella descritta in questi giorni dai giornali e dalle televisioni.
C’è una Paolo Sarpi che non pensa che qui “il clima sia irrespirabile” e che “la tensione si tagli con il coltello”. Ci sono anche uomini, donne e bambini italiani che vivono accanto a uomini, donne e bambini cinesi con curiosità reciproca e con piacere.
Anche noi crediamo che la legalità sia un valore da rispettare e salvaguardare, sempre e da parte di tutti, italiani e non italiani.
Anche noi riconosciamo l’esistenza di problemi (peraltro di lunga data), come quello della viabilità, dei marciapiedi stretti, della necessità di riqualificazione urbanistica del quartiere.
Tuttavia a noi questo quartiere piace, perché è vivace, sicuro, vario e ricco di stimoli. E riteniamo che i problemi si risolvano con il dialogo e la collaborazione, non seminando e fomentando discordie, né boicottando attività commerciali.
Chi vive qui sa che non è vero che tra italiani e cinesi regnino soltanto tensione e incomprensione: ci sono anche relazioni di buon vicinato, di scambio culturale, in molti casi di stima e di amicizia. Qualche esempio: il gruppo di bimbi italiani che studia cinese nella scuola di via Giusti, i bambini cinesi che frequentano le scuole italiane e le attività all’oratorio; gli adulti cinesi che studiano italiano e gli adulti italiani che studiano cinese; gli italiani e cinesi che spesso si vedono insieme per la strada o al bar.
Noi crediamo che sia questa la strada da seguire: non negando i problemi, ma incrementando i momenti di incontro e di conoscenza già spontaneamente in atto, lontano sia dall’ intolleranza, sia dalla violenza.
Non fa onore a una metropoli europea far mostra di un atteggiamento di chiusura i intransigenza.
Polo Sarpi non deve essere considerata un problema, ma un laboratorio in cui sperimentare strategie di collaborazione, convivenza e integrazione nel rispetto sia delle leggi, sia delle specifiche identità culturali, dando vita a progetti comuni che accompagnino il nostro quartiere e la nostra città verso il futuro.
Alcuni abitanti della zona
Referenti: Cristina Fabbri e Nicoletta Russello
I miei bisnonni abitavano in via Rosmini in una bella casa di ringhiera e ricordo la nonna Pina stendere i panni con Aurora, una sorridente signora dagli occhi a mandorla. Questo accadeva cinquant'anni fa: oggi Borghezio si affretta ad imparare improperi in cinese per ruttarli in faccia ai miei concittadini! Milano e' sopravvissuta a Mussolini e Craxi e non teme i cavernicoli dell'ultima ora! Non lo dimenticate....
Rispettate le minoranze! Siamo tutti cinesi!
"Siamo tutti cinesi!"
Chiedo formalmente di essere escluso da questa alleanza radical-chic.
beh, se non proprio tutti, certamente 1 su 5
aleph : se fai parte dei "wasp" allora sei escluso.
personalmente "sono stata cinese" anch'io e la mia famiglia , ho sentito le stesse cose ho vissuto le stesse accuse :circa quarant'anni fa i cinesi eravamo noi meridionali che venivamo al nord, poi abbiamo passato lo scettro ai marocchini.
in casa tua niente emigranti ?
Non essendo nè anglosassone nè protestante, se proprio mi devo intruppare mi intrupppo qui:
We Are Sexual Perverts
Benedetta la metafora e chi la travalica per ampliare di suggestioni il concetto che esprime!
Ovviamente non sono cinese (ne' potrei, con un nome come il mio, che sa di pecorino e ha i colori dei fichi d'India), ma di certo sento miei i problemi di chi divide con me l'angustia dei vilissimi tempi che viviamo.